La richiesta, in sede di causa civile, è salita ulteriormente rispetto ai 6 milioni inizialmente reclamati
I familiari e la società di Nicky Hayden, l'ex campione di motomondiale investito da un'auto mentre era in bici a Misano il 17 maggio 2017 e morto pochi giorni dopo in ospedale a Cesena, hanno chiesto un risarcimento di 15 milioni di euro all'uomo alla guida del mezzo. Il guidatore, all'epoca 34enne, nel 2018 fu condannato a un anno per omicidio stradale dal Tribunale di Rimini dopo che le perizie dimostrarono che aveva superato i limiti di velocità in quel tratto stradale.
L'esito del processo arrivò dopo una battaglia di perizie che portò i legali del ragazzo a dimostrare che, se anche avesse rispettato il limite di 50 chilometri orari, l'impatto con Hayden che non si era fermato allo stop sarebbe stato "inevitabile". Gli avvocati, Pierluigi Autunno e Francesco Pisciotti, hanno fatto il ricorso alla Corte d'Appello e attendono la fissazione dell'udienza.
Nel frattempo è iniziata la causa civile, promossa dai familiari di Nicky, dalla sua fidanzata e dalla società che gestiva gli interessi del pilota. Il processo si è aperto qualche mese fa al Tribunale di Milano, e la domanda di risarcimento presentata dagli avvocati dell'assicurazione di Hayden è salita fino a 15 milioni, rispetto ai 6 inizialmente richiesti.
I LEGALI DELL'INVESTITORE: "STA MALE E NON HA LAVORO"
Oggi il magazine lifestyle di AM Network ha interpellato i legali che difendono l'investitore: "È stata una tragedia per Hayden e per i suoi, con una vita cosi' bella bruscamente e prematuramente interrotta, ma, fatte le dovute proporzioni, anche per l'operaio che come tutti i giorni andava a lavorare e si e' trovato davanti il ciclista senza poter far nulla per evitarlo".
"È evidente che il povero Hayden abbia saltato lo stop, peraltro mentre ascoltava musica con le cuffiette. Al nostro assistito viene contestata solo la velocità inadeguata: sarebbe andato a 78-79 all'ora quando il limite era di 50, per questo in sede penale e' plausibile aspettarsi una condanna, seppur minima. Parliamo di un ragazzo mite, di paese, con una vita tranquilla, che non aveva mai preso nemmeno una multa per divieto di sosta" si legge nell'intervista.