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Torino, Juric: "Non siamo competitivi, il mio un grido di disperazione"

L'allenatore croato rincara la dose: "I discorsi dell’inizio erano completamente diversi"

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Dopo appena due giornate, Ivan Juric e il Torino sono già ai ferri corri. Dopo le bordate contro la società, nel post-partita del match con la Fiorentina, il tecnico croato non ha nascosto la sua delusione. "Il mio è stato un grido di disperazione - ha spiegato - Per fare il calcio che abbiamo fatto negli ultimi anni bisogna comunque fare delle cose perché così non sono né carne né pesce. I discorsi dell’inizio erano completamente diversi".

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"Io arrivo dal basso, dal Crotone, dalla C1, non ho la puzza sotto al naso. La squadra negli ultimi due anni ha preso 140 gol, è arrivata sempre a salvarsi all’ultima giornata, ha perso giocatori importanti - ha aggiunto Juric -. Io ho fatto la mia analisi con tutta tranquillità, abbiamo venduto altri giocatori e sicuramente, per fare un tipo di calcio e prendere me come allenatore, devi fare qualcosa. Poi non so veramente se è tardi perché il calcio non è che prendi uno e lo metti dentro e va bene. La mia analisi l’ho fatta, schietta e sincera, quello che c’era da fare, quello che non andava bene, quello che c’era da fare per essere minimamente competitivi, per avere un senso. Adesso vediamo, penso che siamo in ritardo e anche adesso sia molto difficile, poi non ci sono scuse".

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Senza peli sulla lingua, l'ex allenatore del Verona punta il dito contro Vagnati e Cairo per una campagna acquisti deficitaria. "Ho le idee chiare, sono stato chiaro e sincero con la società dall’inizio, ho firmato anche un contratto molto oneroso, tutto bene, tre anni di sicurezza e garanzie… ma per fare il calcio che abbiamo fatto negli ultimi anni bisogna comunque fare delle cose perché così non sono né carne né pesce. Quando prendi un allenatore di un certo tipo, cerchi di dargli le cose che lui chiede, e io veramente chiedo poco, non chiedo la luna. Perdiamo Lyanco, che io volevo vedere con me, lo abbiamo perduto e non arriva nessuno. Ma ci sono tante situazioni che sono così. A me Pobega piace, è un bel giocatore, può fare bene, ma per me è sempre una sconfitta della mia società, vuol dire che non abbiamo idee, che non siamo capaci. I discorsi dell’inizio erano completamente diversi. Torino è una grande piazza e si respira il potenziale che c’è. Sicuramente c’erano altri discorsi, altre idee, altri programmi. Io percepivo altre cose, poi quello che è successo non lo so".

Un autentico sfogo che, a questo punto, apre a qualsiasi tipo di scenario. Il Toro ha la necessità di acquistare almeno un difensore e un trequartista (Messias del Crotone l'obiettivo). Cairo e Vagnati hanno meno di 72 ore per aggiustare una squadra che ha gli stessi difetti dell’anno scorso e di quello prima, quando si è salvata per il rotto della cuffia. Una rosa che ha perso giocatori importanti come Sirigu, Nkoulou e Lyanco, mentre in entrata si è fermata ai prestiti di Pjaca e Pobega e all'acquisto di Warming, ieri già in tribuna. Servono innesti di qualità adatti al gioco di Juric. Il tempo stringe e le nubi sopra il Filadelfia si fanno sempre più cupe, come l'umore di allenatore e tifosi.

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