L'ex allenatore rossonero ha parlato della sue esperienza a Milano e del figlio che sta facendo bene alla Juve
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L'ultima immagine della Supercoppa Italiana di un anno fa è quella che suggella la clamorosa rimonta finale nel derby che decide il trofeo: l'appena insediato allenatore del Milan Sergio Conceiçao che alza la Coppa con un sigaro in bocca. Alla Gazzetta dello Sport racconta: "Era una promessa. I giocatori, che avevano visto dei video, mi chiesero di fumarlo in caso di vittoria. Col Porto l’avevo fatto 11 volte, ovvero dopo aver vinto trofei. L’allenatore che ne ha vinti di più. E quindi l’ho rifatto".
Conceiçao ha poi raccontato cosa non ha funzionato nei suoi sei mesi a Milano: "C’era instabilità a livello societario, attorno alla squadra l’ambiente non era buono. Per questo mi tengo stretto ciò che abbiamo fatto. Inoltre, la dirigenza non mi ha supportato. Le faccio un esempio. Dopo aver vinto la Supercoppa giocammo col Cagliari. In quel periodo giravano già le voci che il club stesse seguendo altri allenatori. Io pensavo a lavorare e a vincere, col peso dei risultati. Non ho avuto tempo di lavorare a tutti i livelli. Sarei rimasto ma con alcuni cambiamenti. I giocatori non mi hanno tradito. Erano con me. L’ha detto anche Theo. Dopo il Feyenoord, quando la gente diceva che l’avesse fatto apposta a farsi espellere, io l’ho difeso. In molti mi hanno scritto quando sono andato via. Io pretendo rigore, esigenza e poi relax quando c’è da rilassarsi. Se uno si presenta con un chilo in più, arriva in ritardo o cose simili io non posso tollerarlo. Per me, alla fine, i giocatori sono tutti uguali".
Conceiçao ha poi aggiunto: "Dal 2016 a oggi solo due allenatori hanno vinto trofei in rossonero, Pioli, con lo scudetto, e io. Se sommiamo i punti del nostro periodo abbiamo avuto un ritmo da Europa League, quinto posto. I risultati ci sono stati, penso ai due derby vinti e al successo con la Roma. Dispiace per la finale di Coppa Italia, ma alcune cose non mi sono piaciute".
L'ex allenatore rossonero, ora all'Al-Ittihad, ha parlato del figlio Francisco: "Alla Juve sta facendo bene. Di calcio a casa parliamo il meno possibile. L’importante è che a cena lascino i telefoni in tasca. L’ho preteso anche al Porto e al Milan. Cisco ha debuttato con me in Portogallo. Nel 2020, durante il lockdown, gli dissi: 'Sei hai fame… allora bevi acqua'. Era un po’ cicciottello. Per fare la differenza servono sacrifici e mentalità. Se potessi gli presterei la mia fame. Non che lui non ce l’abbia, anzi, ma comunque io a 16 anni portavo i soldi a casa per mangiare, era diverso. Ma ci ho sempre creduto. E lui anche ci crede".
Conceiçao ha poi parlato di sé e di quanto sia importante il suo rapporto con la fede: "E' una parte fondamentale della mia vita. Sono un cattolico praticante, qui non posso ma a Milano andavo in chiesa ogni giorno. Qualche mese fa il Papa mi ha invitato al Giubileo per raccontare il mio percorso e le mie difficoltà. Ho perso mio padre a 16 anni per un incidente in moto, mia madre a 18 dopo una lunga sofferenza e poi anche un fratello, io ero il settimo di otto. La fede mi ha dato forza, tranquillità. Voglio dimostrare ai miei genitori che io ci sono e ho realizzato tutti i miei sogni. Ma dentro di me, nel profondo, nascosto, ho e avrò sempre un qualcosa di 'nero', come un’ombra. Ho le foto dei miei genitori con me con me e prego per loro ogni giorno. Io sono un uomo sereno, ho cinque figli, ho giocato e ora alleno, ma so che non sarò mai del tutto felice senza i miei genitori. È quello il buco che ho dentro di me".