Più guadagni e più ti insulto: ecco il tariffario per i giocatori

Dalla proposta di Ancelotti di sospendere le gare alla reazione dei tifosi. Ecco cosa ne pensano...

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Il gesto di Mourinho; lo striscione e i cori contro Bonucci; gli improperi rivolti ad Ancelotti, al Napoli, ai napoletani e via dicendo. Negli stadi italiani una certa maleducazione è ormai radicata, ma proprio dai protagonisti come Ancelotti e in seconda battuta il ct dell'Italia Mancini, è arrivata una proposta: "Sospendiamo le partite". Una ricetta dal retrogusto amaro che sembra aver smosso la coscienza dei tifosi, ma come spesso accade non propriamente nel modo che sarebbe lecito aspettarsi. La risposta media del tifoso non si è fatta attendere: "Con tutto quello che guadagnate, prendetevi gli insulti e andale".

Bene, ma non benissimo, giusto per usare uno slang tanto caro ai ragazzi che popolano gli stadi, anche se il problema è tutt'altro che generazionale. Qualcosa però è fuori da ogni discussione che si debba fare, almeno per mettere tutti sullo stesso livello nel nuovo piano di discussione. Ammesso (e assolutamente non concesso) che lo stipendio a diversi zeri possa legittimare una sana dose di insulti, sarebbe quanto meno giusto regolamentare tipologia e quantità. Se il livello è questo, perché no?

"Con tutto quello che guadagnate". Sì, ma chi? Cristiano Ronaldo e i suoi 31 milioni di euro netti all'anno o Vitale della Spal che ne raccoglie 100mila per tutta la stagione? La differenza è abissale, palese: serve un tariffario, livellato da entrambe le parti.

Diciamo un insulto a scelta a un familiare ogni due milioni di euro guadagnati? A cui aggiungiamo un insulto personale, esclusi quelli a sfondo razziale o sessuale, ogni milione di euro in busta paga. Può andare? Fino agli insulti più soft e vintage "scemo" o "cornuto" per i quali ci si può approfittare ogni 100mila euro di stipendio. 

I conti sono presto fatti e valgono anche per gli allenatori:
Cristiano Ronaldo, 31 milioni: 10 insulti ai familiari, almeno fino alla terza generazione prima e/o dopo, 20 insulti personali di svariata natura e una manciata di "scemo" o "cornuto" random. Fa 30 milioni e mezzo che faccio, lascio? 
Higuain, 9,5 milioni: 3 insulti ai familiari fino a due gradi di parentela, 3 personali e qualche coro del passato.
Dybala, 7 milioni: 2 insulti ai familiari di secondo grado, 2 personali e via a completare.
Ancelotti, che guadagna circa 6 milioni di euro, dovrà sorbirsi un paio di giri di insulti alle varie generazioni, ma soprattutto un sacco di insulti personali, come allo Stadium, ma questa volta certificati dal tariffario. C'est la vie. Stesso discorso per Mourinho, Gattuso, Spalletti a Roma: incassare stipendio e tapparsi le orecchie, non c'è altro modo.

Ragionando così, se proprio non si può fare altrimenti, almeno si andrebbe a tutelare chi guadagna meno in Serie A. Per esempio il milanista Calabria che con i suoi 300mila euro potrebbe passare giornate più tranquille in campo; oppure Milinkovic-Savic, ma quello della SPAL, che portando a casa 250mila euro l'anno potrà permettersi qualche errore in più senza subire la pioggia di parolacce alle sue spalle. Fino a Nuytinck dell'Udinese o Vitale della SPAL che con uno "scemo" sarebbero già belli che a posto. Per non parlare di Pinamonti del Frosinone (0.02mln) che passerebbe indenne ogni novanta minuti. Un portafoglio meno gonfio di certo, ma sicuramente meno nel mirino. Vuoi mettere che soddisfazione?

Si scherza ovviamente e la questione è più delicata di quanto si possa credere. Il punto di non ritorno è vicino, anzi forse è già stato superato da un pezzo, ma la quadra si deve trovare nel mezzo. Il discorso che vale per i tifosi andrebbe fatto anche per i giocatori e gli allenatori, spesso beccati a insultare l'arbitro, a simulare, a inveire contro l'avversario o a provocare la tifoseria avversaria. Se la mozione "Ancelotti-Mancini" dovesse passare, benissimo dovrebbe essere applicata anche per i comportamenti dei tesserati. Insulto all'arbitro, sospensione e tutti a casa.

Come dite, no? E allora la questione è ben più ampia del semplicistico "all'estero non succede". Per non farlo accadere servono regole, sanzioni, prevenzione, ma soprattutto cultura del tifo e dello sport, fuori dallo stadio ma soprattutto dentro al rettangolo di gioco. L'esempio deve arrivare dai giocatori, dai tecnici e dagli arbitri e solo allora si potrebbe alzare un piedistallo da cui far partire iniziative. Per tutto il resto c'è il tariffario, pensateci!

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