SDOTTORATE

Sdottorate- Dybala da rinnovare, Diaz anello debole e i numeri top di Tammy e Osimhen

Fatti, numeri, curiosità dell'ultima giornata di Serie A nella rubrica di Matteo Dotto

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© Getty Images

Il Milan che mette altri tre mattoncini nell’Operazione Scudetto, il Napoli che non molla, l’Inter che prosegue nella sua involuzione e la Juventus versione “Signora in giallo” che allunga a 16 la serie utile con 38 punti conquistati sui 48 a disposizione chiudendo così il quarto mese da imbattuta (dicembre, gennaio, febbraio e marzo visto che il campionato dopo la sosta riprenderà a inizio aprile e che l’ultimo stop a Bergamo con l’Atalanta è datato 27 novembre). Il tutto con la gustosa appendice tardo-pomeridiana del derby romano che rilancia in chiave europea le azioni della Roma di Mourinho e rischia di costare l’Europa League alla Lazio di Sarri.

APOTEOSI – Una memorabile doppietta e un’occasione (sarebbe stato il gol del 4-0) che forse era più difficile sbagliare che trasformare. E’ stato insomma il derby di Tammy Abraham, 23 gol stagionali, superati i primati di Batistuta e Montella che nella loro prima stagione giallorossa di gol ne avevano segnati 21. E adesso – per quello che è il miglior marcatore in campionato del 2022 con 9 centri - parte l’assalto a Batigol e all’Aeroplanino in chiave campionato. Nel 1999-00 Montella di reti nel suo primo torneo con la Roma ne mise a segno 18, l’anno dopo Batistuta arrivò a 20 (con il piccolo particolare che valsero… lo scudetto). L’inglese è a 15 e ha ancora 8 partite a disposizione.

PROFEZIA – Mal gliene incolse a Zdenek Zeman con i suoi pronostici pre-derby. Nel dare favorita la Lazio e nel preferire Sarri a Mourinho, il boemo prima si è portato a casa la piccata replica del tecnico portoghese (“Ho 25 titoli in bacheca, non rispondo a chi ha vinto solo due campionati di Serie B”) e poi ha visto il tracollo della Lazio sarriana. Una debacle che ha ricordato molto da vicino quel 3-0 del novembre ’94 (a firma Balbo, Cappioli e Fonseca) con Carletto Mazzone seduto sulla panchina giallorossa e proprio Zeman alla guida di quella Lazio.

GIOIELLO – Paulo Dybala alias la Joya (in argentino “gioiello”, la traduzione “gioia” che va tanto per la magiore è un completo non-senso) torna a lasciare il segno. Ha fatto 13 (in stagione: 8 reti in campionato, 3 in Champions e 2 in Coppa Italia), già decisamente meglio dell’annata scorsa (5 gol in tutto) e anche dell’ultima stagione con Allegri in panchina (2018-19) chiusa a quota 10 (5 in A e 5 in Champions). Questa sarà la settimana decisiva per l’eventuale rinnovo del contratto. Opinione personale: l’argentino è uno dei quattro veri fuoriclasse della rosa bianconera (gli altri? De Ligt, Vlahovic e Chiesa). Privarsi del suo talento e trovare un rimpiazzo adeguato rischia di essere operazione in passivo (tecnicamente ed economicamente) per la dirigenza juventina. Certo, è fondamentale che il 10 ritrovi continuità e superi i tanti problemi fisici che lo hanno perseguitato negli ultimi mesi. Pensate: in queste ultimi due campionati su un totale di 990 minuti nelle 11 sfide contro le grandi (Milan, Inter e Napoli) che precedono la Juventus in classifica è stato in campo solo 314 minuti. Meno di un terzo. Decisamente troppo poco. E alla ripresa, dopo la sosta, il calendario regala un Juve-Inter tutto da vivere (e possibilmente… da giocare).

FANTASIA – Nel bene e nel male è stato protagonista della vittoria rossonera a Cagliari. Sullo 0-0 si è divorato un gol pazzesco con un tiro a giro (che non ha girato) a tu per tu con Cragno. Poi se non altro ha avuto il merito di avviare l’azione che ha portato all’assist di Giroud per il gol vincente di Bennacer. Eppure Brahim Diaz sembra l’anello debole del Milan capolista. Bravino tecnicamente, sì, ma poco incisivo. Per dire: se Pioli alle spalle del centravanti avesse a disposizione quel Deulofeu meteora rossonera di qualche anno fa di sicuro la squadra ne gioverebbe e avrebbe qualche punto in più. Non è un segreto, poi, che a Maldini e Massara piaccia molto l’albanese di passaporto svizzero dell’Empoli Nedim Bajrami che potrebbe essere il futuro 10 del Diavolo. Insomma, dietro a Giroud o a Ibra potrebbero starci tranquillamente anche un Zaccagni o un Caprari: peggio di questo Brahim Diaz, difficile…

PROGRESSO – E’ il Napoli di Spalletti ma comincia a essere anche il Napoli di Osimhen. Il bomber nigeriano con la doppietta all’Udinese sale a quota 15 reti stagionali e tocca la doppia cifra in Serie A: 11 gol, uno in più dei 10 segnati nel suo primo torneo italiano. Ed è ovviamente un bottino migliorabile anche se il giallo sventolatogli da Fourneau nel recupero di sabato gli impedirà di giocare a Bergamo la prossima partita. Tra i grandi bomber azzurri degli ultimi trentacinque anni (non contiamo Maradona: per Diego non possono esserci paragoni e “ruoli”) soltanto due hanno migliorato nel loro secondo anno al Napoli il bottino del primo: Careca (dai 13 gol del 1987-88 ai 19 del 1988-89 quando il campionato peraltro passò da 16 a 18 squadre) e Higuain (17 reti nel 2013-14 e 18 nel 2014-15). Per il resto confermarsi e migliorarsi non è riuscito a grandi goleador napoletani come Fonseca (dai 16 centri nel 1992-93 ai 15 nel 1993-94), Lavezzi (8 nel 2007-08 e 7 nel 2008-09), Cavani (26 nel 2010-11 e 23 nel 2011-12) e Mertens (passato dagli 11 gol nel 2013-14 ai 6 del 2014-15).

ORGOGLIO – Le date ufficiali al momento della confezione di queste Sdottorate non si conoscono ancora, si sanno solo quelle “presunte”: 3 aprile Juventus-Inter allo Stadium e 20 aprile il ritorno del derby di Coppa Italia. Insomma, la primavera può far rifiorire l’Inter di Inzaghi, reduce in queste ultime settimane dall’eliminazione in Champions e dalla serie nera di 7 punti in 7 partite di campionato (su 21 disponibili) con il sogno Doppia Stella che rischia di trasformarsi in incubo aggancio (a quota 19 scudetti da parte dei “cugini”). E’ un’Inter in caduta libera: senza Brozovic il gioco non scorre al meglio, Calhanoglu è lontano parente di quello visto nel girone d’andata, Lautaro e Dzeko hanno sotto porta un rendimento troppo discontinuo. E le “vedove” di Conte cominciano a rialzare la voce…

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