IL LIBRO

"O Zico o Austria", quando nel calcio italiano tutto sembrava possibile

La storia del passaggio all'Udinese di uno dei più grandi di sempre

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  “Va bene l’affetto della gente del Maracanà, ma sarebbe ora di farti pagare come meriti”, papà José durante una cena di famiglia si rivolge così al figlio Arthur (Zico). È il gennaio 1983 e il fuoriclasse brasiliano pensa, forse per la prima volta, ad un suo trasferimento all’estero. Sta per compiere 30 anni e con il Flamengo ha già conquistato tutto quello che può vincere un calciatore con un club. Da Rio i mediatori iniziano a mandare subito messaggi ai dirigenti delle squadre italiane. Dopo l’apertura delle frontiere del 1980 e la vittoria del campionato del mondo in Spagna, che aveva amnistiato tutte le squalifiche dovute al Totonero, la Serie A è in uno stato di grazia.

È riconosciuta come il campionato più bello del mondo. Ad acquistare il brasiliano ci prova il Milan, ma il dirigente Gianni Rivera mandato dal presidente Giussy Farina, non viene quasi neanche ricevuto. Il miracolo lo fa così la piccola Udinese di Lamberto Mazza (presidente) e Franco Dal Cin (dg), i quali riescono dopo estenuanti trattative a portare il giocatore in Italia. Ma la Figc fa saltare il trasferimento e Zico torna deluso a Rio. I tifosi bianconeri allora scendono in piazza a protestare. “O Zico o Austria”, è uno dei cartelloni portati in strada dalla gente. Ed è proprio questo anche il titolo del bellissimo libro targato Edizioni inContropiede e firmato Enzo Palladini, che racconta quell’estate torrida, quando nel calcio italiano tutto sembrava possibile. Non ci fu alcuna secessione del Friuli dall’Italia e Zico venne finalmente a giocare da noi.

Il suo primo campionato fu strepitoso, alcuni suoi compagni di allora hanno raccontato a Palladini di cosa fosse capace il suo talento. La seconda e ultima stagione in Italia fu invece in chiaroscuro, ma rimane comunque il ricordo epico di chi ha vissuto quei due anni.

Palladini, caporedattore di Sport Mediaset, è un giornalista di lungo corso. Ha iniziato a collaborare giovanissimo nel 1982 con il Corriere dello Sport, per passare alla nostra redazione nel 2002. Per tanto tempo ha raccontato anche il calcio mercato, conosce tutti gli intrighi e le storie degli ultimi quarant’anni del pallone internazionale. Ma quando scrive, soprattutto se c’è di mezzo la sua grande passione cioè il futebol brasiliano, il suo sguardo torna quello del bambino che ricorda ogni cosa nel dettaglio e si mette alla ricerca di tutte le risposte che non ha. Ha scritto molti libri, i migliori probabilmente quelli dedicati al calcio sudamericano, per Indiscreto “Paura del buio – Biografia non autorizzata di Ronaldo” e per Edizioni inContropiede la trilogia “Scusa se lo chiamo futebol”, “Dimmi chi era Recoba” e quest’ultimo su Zico.

In “O Zico o Austria” Palladini racconta anche del fratello Nando, la cui carriera di calciatore (anche in Portogallo) fu resa complicata dalla dittatura brasiliana degli anni Sessanta e Settanta. Nando ha sempre pensato che la mancata convocazione dell’altro fratello giocatore Edu fosse dovuta a questa sua appartenenza alla sinistra brasiliana. Lo stesso Zico non verrà convocato alle Olimpiadi di Monaco 1972, dopo aver giocato le qualificazioni da protagonista.

Di Mondiali O Galinho ne giocherà tre da calciatore e uno da coordinatore tecnico. Il miglior risultato è il terzo posto del 1978, per il resto pianti, infortuni e eliminazioni dolorose. Pelé su quattro edizioni ne ha vinte tre, forse solo questo non ci fa mettere Zico sul podio dei più grandi di sempre, ma un gradino più sotto. Gli rimane l’amore della gente, soprattutto quello del Maracanà, dove ha segnato 333 gol 435 partite giocate. Un record. In questo libro, che è anche un fiume di aneddoti, Palladini ricorda il suo primo addio al Flamengo (poi ci sarebbe ritornato): “Al 1983 risale una canzone composta da Moraes Moreira, dalla quale si evince quello che Zico rappresenta per una nazione dove il contrasto tra i ricchi e i poveri è immenso e il calcio, molte volte, rappresenta l’unica fonte di allegria. Moreira, tifoso del Fla, si chiede nella canzone cosa ne sarà delle sue domeniche, senza poter vedere Zico al Maracanà. E poi continua a chiedersi come potrà dimenticarsi delle disgrazie della vita, se fino a quel momento a ogni gol del Flamengo si sentiva un vincitore. Questo è il succo di tutto, questo è il significato del nome Zico in Brasile”.

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