LE PAROLE

Juventus, Fagioli e la ludopatia: "Ho iniziato con una schedina poi..."

Il centrocampista bianconero nel corso dell'incontro 'Lo sport non è un azzardo': "L'adrenalina mi ha travolto, ero malato"

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Nicolò Fagioli sta proseguendo il suo percorso di riabilitazione dalla ludopatia e ha partecipato al cinema di Condove, in Val di Susa, all'incontro di sensibilizzazione "Lo sport non è azzardo" insieme a molti ragazzi delle società sportive della zona, di calcio, basket e pallavolo a cui il centrocampista della Juventus ha spiegato come è iniziata: "Adesso sto bene e sono felice di essere qui. ma un anno fa era il periodo più difficile. Ero ancora dentro al gioco e finché non è successo tutto questo casino era un problema, con gli amici e con la famiglia". "Poi ho chiesto aiuto m- ha aggiunto - Bisogna chiedere aiuto". 

Per la prima volta dalla squalifica per gioco d’azzardo, Fagioli si racconta in pubblico, nell’ambito di quel percorso di recupero che ha sostituto 5 mesi di qualifica (oltre ai 7 che deve passare lontano dai campi): "Avevo tempo, e la noia mi ha portato a giocare, era un riempitivo. Poi è diventata una malattia - ha spiegato -  partito con una semplice schedina, che facevo a 16 anni e con gli amici: giocavamo una volta a settimana. Poi perdi soldi e lo nascondi ai genitori. E diventa una malattia".

Fagioli ha confessato che passava "quasi 12 ore al giorno" con il telefonino in mano, ma ora è tornato a passioni più sane: "Adesso sto giocando spesso a tennis, oppure vado con gli amici a giocare a padel. Faccio sport, sto con gli amici e la famiglia molto più di prima. E questo mi aiuta, tanto".

Il classe 2001 adesso non vede l’ora di tornare in campo, ma ha voluto anche ringraziare i compagni di squadra coi quali continua ad allenarsi tutti i giorni: “Mi hanno aiutato molto nel periodo più duro della mia vita. A chi sono più legato? A Vlahovic, Gatti e Chiesa. Il 19 maggio finisce la squalifica, il 26 maggio col Monza spero di tornare a giocare - ha detto -. Il gioco d’azzardo influiva negativamente sulla mia attività lavorativa? Penso di sì perché non mi allenavo al 100%, e dunque in partita non davo tutto quello che potrò dare più avanti dal mio rientro”. 

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