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Il muro di fiducia incondizionata si sta sgretolando: Max ora è in discussione

Di fronte alla resa di Empoli, ennesimo capitolo di una stagione imbarazzante al di là delle sentenze della giustizia sportiva, la dirigenza bianconera sta valutando il futuro di Allegri

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Nella storia delle grandi squadre è la prima volta che un allenatore fallisca due stagioni di fila, non vincendo nessun titolo, e abbia la certezza di restare in panchina anche per il terzo anno. Una certezza che ora si sta però pian piano sgretolando. In società qualcuno inizia ad avere il leggerissimo sospetto che forse non sia il caso di proseguire con Allegri. Lui si è autoconfermato e ha aggiunto che andarsene ora sarebbe da vigliacchi.

Ecco, se qualcuno si fosse aspettato il bel gesto delle dimissioni, per togliere alla società il peso di dovergli sborsare ancora due anni di stipendio, ha avuto la certezza che il passo indietro non ci sarà mai. E non per mancanza di vigliaccheria ma per diciotto milioni di motivi. La dirigenza Juve, o quel che ne rimane, ha dei dubbi. La prima idea era quella di approfittare del super contratto ereditato dal grande amico di Max Andrea Agnelli, affidando all'allenatore, in una fase di stravolgimento societario, la gestione dell'intera struttura sportiva, perfino dell'area medica. Soluzione ideale per ammortizzare il contratto monstre che dura ancora due anni.

Una situazione che, per convenienza, ha portato la Juve a cercare di mascherare la realtà di un fallimento buttando la colpa sulle sentenze della giustizia sportiva. Come ha fatto Allegri dopo la partita di Empoli per giustificare la disfatta imbarazzante dei suoi. Si è cercato di fare finta che la stagione, alla fine, non fosse andata poi così male. Secondi in campionato (a distanza siderale dal Napoli) nonostante una situazione surreale. Qualcuno, però, soprattutto tra i tifosi e tra gli addetti ai lavori non condizionati dall'amicizia con l'allenatore, ha fatto gentilmente notare che salutare al primo turno la Champions League (perdendo 5 partite su 6 tra cui quella con il Maccabi Haifa), uscire dal campo umiliati da neopromosse (vedi Monza), non essere mai in grado di lottare per il titolo nonostante una campagna acquisti faraonica e il monte ingaggi più alto della Serie A, non ha altri termini per essere definito diversi dalla parola fallimento

Ecco perché in società si valuta il modo per chiudere il rapporto. Qualcuno, anche in alto, vorrebbe continuare con lui ma i fatti stanno portando la società a valutare le alternative. Per ora siamo ancora ai discorsi teorici. Nessun contatto ma solo un vago pensiero di chi potrebbe essere l'allenatore della rinascita. Si pensa a giovani che possano gestire la ricostruzione come Palladino, Dionisi o Thiago Motta, o a un allenatore che già conosce il mondo Juve come Tudor. Il sogno sarebbe Zidane, che a Torino verrebbe di corsa, ma forse non così di corsa da rinunciare a una buona fetta del suo stipendio. Non si può pensare di pagare due anni ad Allegri aggiungendo un contratto che, anche al ribasso sarebbe comunque notevole, per ingaggiare Zidane. 

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