In due stagioni i bianconeri hanno perso i punti che la tenevano nelle zone altissime della classifica
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8 marzo 2020: la Juventus, alla 26a giornata, batte nettamente l'Inter e mantiene la testa della classifica a quota 63. Un anno dopo, alla stessa giornata, supera la Lazio 3-1 ed è terza, dietro ai nerazzurri e al Milan, con 55 punti. Nella stagione attuale, con il pareggio nel derby alla 26a, i punti sono 47 in una classifica che vede i bianconeri al quarto posto alle spalle di tre squadre. Meno otto e meno sedici è il triste paragone con il recente passato con cui Max Allegri deve fare i conti.
Gli allenatori, nelle due stagioni che precedono l'attuale, erano Sarri e Pirlo. Il primo ha vinto l'ultimo scudetto bianconero prima di essere cacciato per non essersi integrato in un sistema che lo ha rigettato dal primo giorno in cui è arrivato, il secondo è stato sbattuto su una panchina prestigiosa senza nessuna esperienza precedente da allenatore, prima di essere rinnegato dopo una sola stagione. E meno male che erano due tecnici da "progetto". Come spesso capita in questi casi, scatta la restaurazione. E allora spazio al passato e all'allenatore delle tante vittorie dal 2014 al 2019. Max Allegri è uno dei migliori allenatori del mondo nella gestione del gruppo e nell'essere in grado di fare esprimere al meglio i grandi giocatori. Libertà tattica (per modo di dire, visto che per ogni singola partita c'è un piano gara molto sofisticato) e spazio alla fantasia dei campioni.
Il problema arriva quando i campioni non ci sono o sono in declino o sono pochi. A quel punto dovrebbe essere l'organizzazione a dare forza al gruppo. Un'organizzazione che si vede poco nella Juve attuale. Il calcio è cambiato, dei principi precisi e condivisi sono l'unico modo per gestire le partite e vale per le piccole e per le grandi. Ora c'è da agguantare, in un modo o nell'altro, la prossima Champions e cercare di andare il più lontano possibile in quella attuale.