L'OPINIONE

Guerra e pace

Ragioni economiche contro l'etica sportiva: ma alla fine deve prevalere il buon senso

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Ore 00.07 del 19 aprile 2021. Con un comunicato stampa distribuito via mail dalla società di consulenza “Verini & Associati” la SuperLega annuncia la sua nascita. Seguiranno, immediatamente (Juventus, Real Madrid, Inter e Milan) o con più calma (Barcellona), le informative dei club aderenti.
Solo la storia potrà dirci se questo giorno, nel suo primo giro di lancette, rappresenti una data da cerchiare in rosso sul calendario storico del calcio.
La SuperLega partirà? Se sì, quando? Gli scissionisti saranno cacciati dal sistema calcio che conosciamo? Quest’ultimo continuerà a sopravvivere? Oppure ci saranno solo fortune per i Magnifici 12 (o 15) e per tutti gli altri si prospettano solo macerie?
Come all’inizio di ogni guerra, è impossibile stabilire chi avrà la meglio.
 

Da una parte le ragioni economiche: le grandi squadre fanno la fortuna di tutto il movimento calcio (e in Italia di tutto lo sport), ma non possono staccarsi tout court da un mondo dal quale traggono linfa vitale. 
Le loro ragioni sono chiare: già eravamo in difficoltà, la pandemia ci ha dato l’ultimo colpo. Abbiamo bisogno di più soldi e certezze perché se investiamo tanto vogliamo avere più potere decisionale. Esempio pratico: se sono la Juventus non posso permettermi di stare fuori dalla Champions League l’anno prossimo.

Dalla parte opposta le ragioni Etico sportive. Il calcio è fatto di belle storie: l’Ajax, l’Atalanta, il Verona, la Sampdoria, il Leicester e via dicendo. Un aspetto romantico che ha alimentato lo storytelling del pallone e che non può morire davanti ai potenti e ai soldi. Come ha detto anche il Premier Draghi: “La meritocrazia andrebbe preservata”.
Le ragioni, insomma, ci sono da entrambe le parti.

Il basket europeo si è consumato per anni nella lotta tra Eurolega e FIBA. Una diatriba cominciata 21 anni fa (il 9 giugno 2000 come mi ricorda il caro Andrea Bassani) e che, tra alti e bassi, non ha ancora trovato pace definitiva. Anche se i due mondi convivono: da una parte ci sono Eurolega ed Eurocup, dall’altra- sotto egida FIBA- le più modeste Champions League ed Europe Cup. Il calcio per i volumi economici e di interesse non può permettersi di perdere così tanto tempo. Quindi è indispensabile trovare uno punto di intesa. Una volta che gli stracci che si stanno tirando Ceferin e Agnelli (il primo, tra l’altro, è stato padrino al battesimo dell’ultima figlia del secondo, stiamo parlando di legami che andavano oltre il professionale) saranno raccolti e si purificheranno nella lavatrice del buon senso, sarà inevitabile trovare un accordo.

Il G14 fondato nel 2000 (c’erano sempre Juve, Inter e Milan) ottenne conquiste importanti solo paventando la possibilità di un torneo alternativo. Come ad esempio una divisione più equa degli introiti tra club e UEFA e il risarcimento ai club per gli infortuni dei giocatori impegnati nelle rispettive Nazionali. Ci auguriamo, quindi, che prevalga il buon senso. Un’adeguata valorizzazione della partecipazione alla manifestazione, un sistema di salvataggio sotto forma di wild card per le squadre più rappresentative in termini di tifosi, palmares, valore del marchio, potrebbe essere la soluzione per accontentare tutti. Guerra e pace, insomma. Basta che i tempi non siano quelli di Tolstoj che per scrivere il suo romanzo storico impiegò 6 anni. Il calcio che, se tutto andrà come ci auspichiamo, tornerà alla sua normalità si merita tutto meno che una serie infinita di battaglie con altri morti e feriti.
 

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