HAPPY BIRTHDAY

Buon compleanno Eric Cantona: campione controverso, tra kungfu e pescherecci  

Nato il 24 maggio 1966, la sua bacheca di successi è sterminata. Ma l'asso francese divenne famoso anche per episodi di tutt'altro genere

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Un campione, che ha vinto dappertutto entrando nel cuore di tutte le città in cui ha giocato. Ma anche un ribelle, una testa calda, con frequenti picchi di puro genio. Stiamo parlando di Eric Cantona, uno dei simboli viventi del calcio anni '90 e che anche dopo il ritiro ha scatenato a lungo le fantasie degli appassionati. E il fatto di aver vinto sei campionati in sette anni (Marsiglia, Leeds, Manchester United) c'entra fino a un certo punto.

Si può passare alla storia come un fuoriclasse del calcio, un pittore, un poeta, un cineasta, un ribelle e una testa calda tutto in contemporanea? Non è facile, ma la risposta è "sì" se rispondi al nome di Eric Cantona, che oggi spegne 54 candeline. Un calciatore che già a 31 anni disse basta (la sua nazionale la salutò addirittura a 29), ma che è entrato nell'immaginario collettivo di fine millennio come nessuno. E a dimostrarlo ci sono moltissimi esempi, non ultimi gli stupendi, evocativi spot pubblicitari che una delle principali aziende di abbigliamento sportivo ha prodotto in concomitanza con i Mondiali e gli Europei per anni. Ronaldo, Maldini, Raul, Roberto Carlos, Henry, Figo, Rui Costa e altri: tutti i grandi campioni erano presenti, ma il loro motore immobile era sistematicamente Cantona, che pure non toccava un pallone già da anni.

Il piccolo Eric nasce a Marsiglia il 24 maggio 1966, da una famiglia con sangue sardo (il papà) e catalano (la mamma). Non hanno grandi mezzi, ma un cuore infinito e grande determinazione. E il ragazzino con il pallone ci sa fare, tanto da trasformarsi presto in un altro dei volti che contribuiscono all'incredibile ascesa dell'Auxerre, il club preso da Guy Roux nei campionati regionali e che arriverà progressivamente a laurearsi campione di Francia. Cantona contribuisce alla sua ascesa vestendo per la prima volta la maglia biancoceleste non ancora diciottenne e andandosene via quattro anni dopo. Da eroe e da uomo dei record: trascinatore della Francia fresca vincitrice dell'Europeo Under 21, torna infatti a Marsiglia per giocare nell'Olympique, che lo paga più di quanto fosse mai stato pagato un calciatore nel campionato transalpino.

Nella città in cui è nato, però, Cantona inizia a mostrare per davvero tutto il suo repertorio: azioni geniali, gol a volontà, un carisma che non si insegna e non si impara, o ce l'hai o non ce l'hai. Ma anche la propensione a improvvisi black-out che gli provocano le squalifiche dei giudici sportivi, la rabbia e le multe delle dirigenze e l'amore viscerale delle tifoserie. Il primo colpo di testa degli anni di Marsiglia arriva al momento della sostituzione durante una partita con la Torpedo Mosca: Eric la prende male e butta per terra la maglietta. Sospeso per un mese, non fa in tempo a tornare che va in tv e insulta il ct della nazionale francese.

L'Olympique non ne può più, e quasi incredibilmente lo fa andare via in prestito: Bordeaux prima, Montpellier poi. Qui Cantona fornisce un'anticipazione di ciò che saranno gli anni successivi e nel corso di una rissa sferra un calcione in piena faccia al compagno di squadra Lemoult. "Allora è finita", pensa legittimamente qualcuno. E invece no: quella versione della squadra blu-arancio (piena di simboli del calcio anni '90 come Laurent Blanc e Carlos Valderrama) si compatta, i compagni non vogliono che la testa di Eric sia data in pasto alla critica e arrivano a vincere la Coppa di Francia: è il 1990, anno triste per il calcio transalpino, perché ci sono i Mondiali ma i Bleus non vi partecipano. Si tratta però anche del primo anno in cui Cantona inizia a conquistare almeno un titolo a stagione.

Nel 1990-'91, infatti, il Marsiglia lo richiama alla base e vince il campionato. Il cambio di allenatore (da Beckenbauer a Goethals) provoca un nuovo scossone: i due proprio non si trovano e Cantona viene sorprendentemente venduto al Nimes. La cosa non gli fa certamente piacere, e il suo repertorio di intemperanze si arricchisce di un pallone lanciato volontariamente addosso a un arbitro e una pioggia di insulti ai membri della commissione che ne aveva sancito la squalifica per un mese. Siamo nel dicembre 1991 e per la prima volta Cantona afferma di non voler giocare più a calcio: farà il pittore. Durerà un mese, perché nell'anno nuovo va in Inghilterra e ne farà la sua seconda patria, partendo da una piccola grande città del calcio d'Oltremanica: Leeds. E con il suo arrivo i Peacocks tornano quasi incredibilmente a vincere il campionato, il primo e al momento ancora ultimo dai gloriosi anni '70. Gli ultimi campioni d'Inghilterra prima della riforma che dà vita alla Premier League sono proprio quelli dello United. Ma un altro United sta per bussare.

Si tratta ovviamente del Manchester, che se lo prende per 1,2 milioni di sterline rendendolo nemico pubblico numero uno della città che per così pochi mesi lo aveva visceralmente amato. Gli anni con la casacca dei Red Devils sono così pieni di vittorie, colpi di classe, reti, titoli e momenti controversi da meritare un film a parte. Per la cronaca: esiste. Si chiama "Il mio amico Eric", è uscito nel 2008 per la regia di un certo Ken Loach con la partecipazione di Cantona come produttore e attore. Ad ogni modo, il Manchester United di Cantona vince i campionati del 1993 e 1994, cominciando davvero a costruirsi quell'aura di squadra del cuore dei tifosi di tutto il mondo che la contraddistinguerà per sempre. E Cantona ha un ruolo decisivo.

Ma l'episodio che più di tutti lo renderà immortale, ancora una volta, c'entra più con la cronaca che con lo sport. E stiamo parlando inevitabilmente dei fatti del 25 gennaio 1995, degli insulti e del saluto fascista del tifoso del Crystal Palace, tale Matthew Simmons, che Cantona stende con un calcio in faccia degno di un campione delle arti marziali e di un film di kungfu. Un fatto che fa fermare il mondo, con Cantona squalificato per nove mesi e inizialmente costretto anche al carcere. Per giorni si attende una sua dichiarazione, che arriva in una conferenza stampa affollatissima, e con una tensione che si taglia con il coltello. Cantona però si presenta ai microfoni, pronuncia 18 criptiche parole ("Quando i gabbiani seguono il peschereccio, è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine. Grazie molte") e se ne va.

Vincerà altri due campionati con il suo Manchester United, appena tornato dalla squalifica, ma non vestirà mai più la maglia della nazionale. E così Cantona si ritirerà senza mai aver disputato nemmeno un Mondiale, e vedendo i suoi connazionali sollevare la coppa appena un anno dopo: nel 1998, peraltro in casa. Nel frattempo, come detto, si è già dato a tutt'altro: cinema, arte, letteratura, senza mai perdere d'occhio il calcio. E del resto anche in quel mondiale si continua a parlare diffusamente di lui. Che semplicemente aveva passato quei mesi a essere se stesso. Ma i gabbiani non erano riusciti a tenersi lontani dal peschereccio. Nemmeno stavolta.

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