Il 26 maggio l'incredibile finale di Champions League: tedeschi in vantaggio fino al 91', Sheringham e Solskjær firmano la clamorosa beffa nel recupero
Gli dei dello sport sono capaci di ribaltare gerarchie e prospettive in un istante, ma nel caso di Manchester United-Bayern Monaco, finale della Champions League 1998-99, decidono di calcare pesantemente la mano. L'epilogo più incredibile nella storia della massima competizione europea compie 21 anni oggi 26 maggio ed è tuttora un “cult” del calcio internazionale.
La cornice è tra le più degne che si possano avere: il “Camp Nou” di Barcellona, preso d'assalto dai tifosi inglesi e tedeschi, che creano non pochi problemi di sicurezza prima della partita. Anche l'arbitro rappresenta il meglio che il calcio europeo possa dare: a dirigere c'è infatti Pierluigi Collina. La scelta del fischietto bolognese è conseguenza logica dell'uscita di scena di Inter e Juventus, estromesse rispettivamente ai quarti e in semifinale dai Red Devils. Incredibile anche il modo in cui la squadra di Alex Ferguson elimina i bianconeri dalla competizione: dopo l'1-1 di Manchester, al “Delle Alpi” rimonta due gol e addirittura va a vincere per 3-2 grazie alle reti di Keane e a quella magica coppia Cole-Yorke che, presa individualmente, non offre individualità indimenticabili, ma insieme sono capaci di ribaltare il mondo.
Il Manchester United è dichiaratamente ispirato alla Juventus di Marcello Lippi e forgiato dalle mille battaglie contro i bianconeri. Così, dopo averli eliminati, sono i favoriti d'obbligo in vista della finale, anche perché hanno già conquistato Premier League e FA Cup. Ma a Barcellona sono senza Keane e Scholes, che pagano le squalifiche “guadagnate” a Torino, e dunque Ferguson deve reinventarsi il centrocampo.
Nemmeno l'allenatore del Bayern Ottmar Hitzfeld se la passa bene, visto che deve rinunciare a Elber davanti e a Lizarazu in difesa, ma la partita si mette subito in discesa per i bavaresi, avanti con una punizione velenosa di Basler già al 5' (Schmeichel colpevolmente fermo). I tedeschi si mettono dietro la linea della palla sotto la guida del 38enne Matthäus, egregio anche nel ruolo di libero. Fin quando il “vecchio” Lothar resta in campo, lo United non trova sbocchi alla sua manovra ed è spesso costretto ai lanci lunghi. Davanti Yorke e Cole non pungono e allora Ferguson inserisce a metà ripresa la coppia di riserva Sheringham-Solskjær: neanche loro possono immaginare di diventare gli uomini della provvidenza.
Le stelle, nel frattempo, decidono a chi strizzare l'occhio: il Bayern prende due legni clamorosi con Scholl (pallonetto) e Jancker (rovesciata), Basler sfiora la doppietta da centrocampo, Matthäus va in panchina ma anche lui è convinto di avere in pugno uno dei pochissimi trofei che gli mancano in bacheca. Sono segnali che il destino dà, e bisogna coglierli prima della tempesta. I bavaresi non lo fanno e vengono raggiunti al 91': angolo di Beckham, sale anche Schmeichel alla disperata, ma il tocco decisivo è di Sheringham in mischia.
Tutte le squadre del mondo, a questo punto, si accontenterebbero dei supplementari presi per i capelli. E invece non sono neanche finiti i replay dell'1-1 che al 93' un altro corner dello “Spice Boy” trova la spizzata di Sheringham e la zampata beffarda di Solskjær. Il delirio è completo: gioia irrefrenabile dello United, cui fanno da contraltare lo sguardo perso di Matthäus dalla panchina e le lacrime di Kuffour, che sbatte i pugni per terra a mo' di bambino bizzoso ma è in realtà un uomo fatto e finito.
Collina è testimone della storia e fischia la fine pochi secondi dopo: lo United conquista il “Treble” e tornano in cima all'Europa dopo 31 anni. Dovranno aspettarne altri nove per tornare a vincere la Champions League, in una finale stavolta tutta inglese, salendo sempre sull'ottovolante delle emozioni.