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Accadde oggi: la Roma perde contro il Lecce retrocesso e butta via lo scudetto

È il 20 aprile 1986: i giallorossi crollano per 3-2 in casa e regalano il campionato alla Juventus

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Esistono storie lineari e altre che hanno preso il biglietto per le montagne russe. Tra quelle che ricadono nella seconda categoria c'è la stagione della Roma 1985-86. Una squadra partita non tra i favori del pronostico ma, nonostante l'addio di Paulo Roberto Falcão, riuscita ad accarezzare lo scudetto fino alla penultima giornata: il 20 aprile 1986, esattamente 34 anni fa, all'Olimpico fa visita un Lecce ultimo e già retrocesso da un mese.

I giallorossi sono allenati da Sven-Göran Eriksson, formalmente direttore tecnico perché in Serie A fino all'inizio degli anni Novanta uno straniero non può ricoprire la carica di allenatore a meno che abbia preso il patentino in Italia. Partono male, incamerando cinque sconfitte nelle prime sette trasferte. Al giro di boa la Roma ha ben otto punti da recuperare alla Juventus, ma nel girone di ritorno mette in fila una vittoria dopo l'altra (tra cui un 3-0 nello scontro diretto) e raggiunge i bianconeri alla terz'ultima giornata con un 4-2 in rimonta al Pisa, mentre la squadra di Trapattoni viene fermata a Genova dalla Sampdoria. A 180 minuti dal termine la classifica vede in testa le due rivali a 41 punti: la prima che sbaglia perde lo scudetto.

La Roma ha il calendario migliore: Lecce in casa e Como in trasferta, mentre la Juventus riceve la visita del Milan e all'ultima giornata deve andare proprio in Salento. All'Olimpico si respira aria di festa: i tifosi sono caricati a mille dalla cavalcata giallorossa e non contemplano uno scenario diverso dal successo contro i pugliesi. Anche perché in tutto il campionato la Roma aveva perso un solo punto in casa (contro il Como) e il Lecce aveva conquistato la miseria di un pari in trasferta. Il vantaggio iniziale di Graziani asseconda il clima gioioso e, virtualmente, la Roma è prima da sola. Sembra tutto facile, ma in sei minuti l'ex Di Chiara e un rigore di Barbas ribaltano clamorosamente la partita. L'Olimpico è raggelato malgrado gli oltre 30 gradi romani.

Nella ripresa la Roma, che in tutta la stagione ha proposto un calcio molto offensivo, si getta a capofitto verso la porta avversaria, ma senza la dovuta lucidità sotto rete. Il Lecce, che non ha mai rinunciato a proporre gioco, fa la sua onesta partita. È allenato da Eugenio Fascetti, che - scherzi del destino - l'anno dopo sarebbe passato alla Lazio. Barbas in contropiede sigla il 3-1, Pruzzo a dieci minuti dal termine sigla la rete che ridà speranza all'Olimpico. Ma è troppo tardi, e a Torino Michael Laudrup aveva già portato in vantaggio la Juventus. Nella maniera più incredibile, dopo una rincorsa lunga mesi, la Roma si scioglie sul più bello e regala il 22esimo scudetto ai bianconeri. Che formalmente arriva la domenica successiva: 3-2 juventino a Lecce, mentre la Roma, sfiduciata, cade anche contro il Como.

Lo scalpore è tale che la procura della Repubblica di Roma apre un'indagine a seguito di una denuncia di Mario Appignani, detto “Cavallo pazzo”, personaggio noto negli anni Ottanta e Novanta per le invasioni di campo durante le partite (sua anche la celebre interruzione a Sanremo 1992 per svelare una presunta combine a favore di Fausto Leali). Appignani avrebbe notato una serie di puntate sospette sul "2" del Lecce nel mercato delle scommesse clandestine. L'inchiesta viene subito chiusa, le accuse sono giudicate totalmente infondate.

Quello del 1986 non è stato l'unico campionato deciso sulla linea del traguardo. L'esempio più incredibile è il 5 maggio 2002, con l'Inter che perde 4-2 all'ultimo turno contro la Lazio: ad approfittarne, ancora una volta, la Juventus. Nerazzurri e bianconeri furono protagonisti di un altro scudetto assegnato sul filo di lana, quello del 1966-67: un'Inter in crisi di risultati cadde 1-0 a Mantova, mentre la Juve batté 2-1 la Lazio e scavalcò i rivali. Il Milan perse due scudetti nella “Fatal” Verona (1973 e 1990) ma si sarebbe rifatto nel 1999 superando la Lazio alla penultima giornata. I biancocelesti si sarebbero vendicati dodici mesi più tardi, quando la Juventus crollò nel diluvio di Perugia. E siccome il calcio è ciclico, chi c'era sulla panchina laziale? Naturalmente, Sven-Göran Eriksson.

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