L'opinione

Olimpia Milano, i perché della crisi

Difesa irriconoscibile, Pangos sempre deludente, il rebus lunghi e un atteggiamento di squadra preoccupante: quanti problemi per Messina. E ora arriva il Monaco di James e Kemba Walker

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La crisi è aperta. La sconfitta di ieri sera contro il Maccabi, la settima in undici gare ufficiali in questo avvio di stagione, ha fatto scattare l’allarme in casa Olimpia Milano. 
Se i due ko in campionato contro Napoli e Pesaro sono ampiamente recuperabili, l’1-4 con cui la squadra di Ettore Messina ha iniziato l’Eurolega 23/24 rischia di complicare seriamente i piani dell’EA7. Perché, come insegna anche la storia recente della competizione, recuperare terreno dopo una partenza scadente è tutt’altro che semplice. Citofonare Olimpia Milano versione 22/23 per informazioni. 
 

La costruzione del roster, per quanto visto in queste 11 partite, sta confermando alcuni dubbi già evidenziati in preseason. Per esempio, l’infinita batteria di lunghi – che insieme all’ingaggio di Mirotic avrebbe dovuto rappresentare la chiave di svolta rispetto al passato – non sta pagando dividendi. La sofferenza a rimbalzo è rimasta intatta: in Eurolega solo Asvel, Alba e Partizan hanno fatto peggio di Milano (31.8 rimbalzi a gara). E trovare quintetti in grado di performare al meglio sui due lati del campo si sta rivelando un sudoku per il quale Messina non ha ancora trovato soluzioni definitive.  

Ma a preoccupare sono soprattutto altri numeri e l’atteggiamento della squadra.

La difesa, innanzitutto, viaggia a una media di 80 punti subiti a partita, peggio dello scorso anno quando Milano partì malissimo e chiuse con un deludente 12esimo posto. Difesa che sarebbe nel dna della squadra e del suo allenatore. E invece gli avversari dell’Olimpia trovano il canestro con disarmante facilità. Mancano intensità, durezza e voglia di difendere tutti insieme, come sottolineato nel post-Maccabi da Messina. Vero anche che con certi quintetti sul parquet (con Pangos-Mirotic-Voigtmann in campo insieme, per dire) la squadra fatica tantissimo per le scarse attitudini difensive dei singoli. E non sembra esserci traccia di un sistema difensivo efficace per “mascherare” le lacune individuali. 

C’è poi il problema della gestione degli attacchi. Milano è prima per palle perse in Europa, ben 81 in 5 gare (media 16.2 a partita) e decima per assist distribuiti (16.8 a gara, il Maccabi che è primo ne ha oltre 22). Dati che fotografano le difficoltà in fase di playmaking e che inevitabilmente portano a valutare come nettamente insufficiente il rendimento di Kevin Pangos che non sta dando segnali incoraggianti, anzi. Giudizio ancora sospeso per Maodo Lo, condizionato da un infortunio da cui è uscito da poco. Anche se l’ex Berlino è e resterà una validissima alternativa e non potrà mai essere l’uomo che potrà far cambiar faccia alla squadra. Il cui piano partita, per quanto visto fin qui, è sempre stato lo stesso: palla a Mirotic e/o Shields.

Certo, cavalcare le due prime punte è abbastanza naturale quando sono in gas come in questo avvio di stagione. Nikola Mirotic, per dire, è finora il miglior giocatore dell’Eurolega per valutazione (26.6) e per punti (22.8) segnati dopo 5 giornate, Shavon Shields (17 punti di media, con un eccellente 46.2% da tre) lo sta spalleggiando come meglio non potrebbe. Ma per vincere le partite serve anche l’apporto degli altri giocatori. L’esempio di Berlino, quando la coppia on fire aveva inutilmente prodotto la bellezza di 55 punti, è lampante. 

Servirebbero più piani B (compito di Messina e del suo staff), ma anche più personalità da parte del resto della squadra nel prendersi qualche responsabilità offensiva in più. I tanti tiri rifiutati, alcuni anche comodi, sono un brutto segnale. Così come l’atteggiamento di alcuni giocatori (quasi tutti) che è lontanissimo dallo spirito Olimpia delle ultime stagioni. 

Serve velocemente una scossa per non ricadere irreversibilmente nella mediocrità già vissuta l’anno scorso in Europa. Se così non sarà, il processo – già in atto a dire il vero – a Ettore Messina, che questa squadra l’allena e l’ha costruita, si farà sempre più incandescente. 

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