Giocatori lacerati dalla morte del Black Mamba: minuti di silenzio su tutti i campi e infrazioni di 24 e 8 secondi in onore della leggenda dei Lakers
La Nba gioca nel giorno del dramma di Kobe Bryant, morto a Calabasas (Los Angeles) in un incidente in elicottero insieme alla 13enne figlia Gianna e altre sette persone. “Show must go on”, si dice in questi casi: minuti di silenzio in tutte le arene e infrazioni di 24 e 8 secondi per ricordare i numeri di maglia dell'ex stella dei Lakers. Sul campo, da segnalare le vittorie di New Orleans (doppia doppia per Williamson), Clippers, Nuggets e Raptors.
DENVER NUGGETS-HOUSTON ROCKETS 117-110
Per un professionista Nba, giocare nel giorno della morte di Kobe Bryant deve essere la più difficile sfida di autocontrollo della sua vita: dovrebbe mettere da parte le emozioni, metabolizzare il lutto, focalizzarsi sul gioco per non pensare ad altro. Saranno dei superuomini perché riempiono le arene degli Stati Uniti ogni sera, ma non sono ancora robot: i giocatori di Denver e Houston entrano in campo perché devono farlo, è chiaro che molti vorrebbero essere ovunque tranne che al Pepsi Center. Nuggets e Rockets hanno l'arduo compito di aprire una serata nera. La prima reazione sul campo è quella più naturale, il silenzio: un minuto in onore del Black Mamba, con diversi giocatori che non riescono a trattenere le lacrime. Si va dai più esperti, che lo hanno avuto come compagno o avversario, a quelli più giovani, che sono cresciuti idolatrandolo. Tra questi Russell Westbrook, Tyson Chandler, Austin Rivers e P.J. Tucker, che scrive sulle scarpe “RIP KB, non ci sarà mai nessun altro come te”. Tutto il Pepsi Center, che più volte ha fischiato Bryant da giocatore (anche per le accuse di stupro, risalenti al 2003 e poi ritirate, contro una 19enne in un albergo del Colorado), canta “Kobe! Kobe!” e sin da subito il risultato passa in secondo piano. Denver vince con il punteggio di 117-110: Nikola Jokic va per la nona volta in stagione in tripla doppia (24 punti, 12 rimbalzi, 11 assist) e aiuta i Nuggets (32-14) a consolidare il quarto posto a Ovest. A Houston, senza l'infortunato James Harden, non bastano i 32 punti (22 nella ripresa) di Westbrook.
SAN ANTONIO SPURS-TORONTO RAPTORS 106-110
Anche Spurs e Raptors vorrebbero essere in qualsiasi altro posto: dovendo giocare, si inventano un modo per ricordare Bryant. Entrambe, con Fred VanVleet e Dejounte Murray, lasciano passare 24 secondi nei loro possessi iniziali, per onorare uno dei due numeri con cui il Black Mamba ha fatto la storia di questo sport. Gesto apprezzato dall'AT&T Center, ripreso e rimodulato in altre arene. Gregg Popovich applaude convinto, Tim Duncan piange a bordo campo, il pubblico inneggia a Kobe. Sul campo, i Raptors volano sul 29-12 e stuzzicano lo spirito competitivo di Pop, che toglie dal campo e scuote un Lonnie Walker IV visibilmente provato dagli eventi. Gli Spurs restano sopra la doppia cifra di svantaggio fino a fine terzo quarto, quando pareggiano con una tripla di Marco Belinelli. L'azzurro colpisce tre volte dall'arco e realizza 12 punti in 18 minuti: non bastano a San Antonio (20-25), perché Toronto (32-14) allunga nel minuto finale con cinque punti di VanVleet. Miglior realizzatore di serata Pascal Siakam con 35 punti.
ATLANTA HAWKS-WASHINGTON WIZARDS 152-133
Ad Atlanta, così come a Memphis, Orlando e Portland, si decide di onorare Bryant con due violazioni iniziali: quella classica dei 24 secondi e quella di 8 secondi per superare la propria metà campo. La Nba permette a Trae Young di scendere sul parquet con la maglia numero 8 al posto della canonica 11. Il play degli Hawks era amico di Kobe e della figlia Gianna e viene consolato dall'abbraccio di sua mamma poco prima della partita: “In una delle nostre ultime conversazioni, mi ha detto quanto fossi migliorato e che era felice e orgoglioso per me”, dirà Young, prendendosi molte pause per l'emozione. Sul campo realizza 45 punti e 14 assist nella miglior performance offensiva degli Hawks (12-35) in stagione: è l'ottava volta quest'anno che Young supera quota 40 in partita. Quota toccata da Bradley Beal (anche lui non riesce a trattenere le lacrime prima e durante la partita) in casa Washington, che va a 15-30 a livello di record.
MEMPHIS GRIZZLIES-PHOENIX SUNS 114-109
“Tanti ragazzi hanno giocato con un senso di pesantezza dentro, essere competitivi in un giorno come questo è difficile”, commenta dopo la partita il coach di Phoenix Monty Williams. Tra i più scossi per la perdita del Black Mamba c'è Devin Booker, cresciuto nel mito di Kobe, che era diventato suo mentore. Booker realizza 36 punti, Kelly Oubre Jr. ne aggiunge 27, ma non bastano ai Suns (19-27) a evitare la terza sconfitta nelle ultime quattro partite. Memphis, infatti, trova un “ventello” da Jaren Jackson Jr. e Dillon Brooks, e 23 punti da un Ja Morant decisivo dopo il pareggio a quota 104, nei due minuti finali.
NEW ORLEANS PELICANS-BOSTON CELTICS 123-108
Zion Williamson ottiene la prima doppia doppia in carriera (21 punti e 11 rimbalzi) e il primo successo in Nba in un giorno che anche lui avrebbe voluto fosse indimenticabile, ma per altri motivi. Il baby-fenomeno sta sul parquet per 27 minuti, aumentando così l'utilizzo rispetto alle prime due uscite. Con lui in campo, i Pelicans (18-29) hanno vita facile contro Boston, nonostante i 35 punti di Kemba Walker, i 23 di Gordon Hayward e i 20 di Jaylen Brown. I Celtics (30-15) indovinano solo 16 dei loro primi 43 tiri (3/17 da tre), logico che NOLA scappi, chiuda il primo tempo sul 62-42 e vada anche a +23 nel terzo quarto. Una tripla realizzata, tre rimbalzi e un assist per Nicolò Melli in sette minuti di utilizzo.
NEW YORK KNICKS-BROOKLYN NETS 110-97
Il Madison Square Garden omaggia Bryant colorandosi di giallo e viola all'esterno e all'interno, mentre Kyrie Irving, devastato dal dolore per la perdita dell'amico, si rifiuta di giocare il derby di New York. Julius Randle, che ha cominciato la sua carriera come compagno di squadra di Bryant, realizza 22 punti e 15 rimbalzi nella vittoria dei Knicks (13-34) su Brooklyn (19-26). Si tratta del miglior realizzatore per i Knicks, battuto per un punto a livello assoluto da Spencer Dinwiddie, che ha avuto parole dolci per Kobe: “Sono nato nel 1993, lui ha cominciato in Nba tre anni dopo. Sono cresciuto a Los Angeles, e lui è stato l'infanzia di tutta la mia generazione”. Aggiunge Marcus Morris Sr. (New York): “Ci avevano detto che Superman non doveva morire. Bryant per noi era Superman”. Sul campo, in un'atmosfera surreale, New York vince una partita equilibrata fino all'intervallo (55-52 per i Knicks) e decisa da un secondo tempo in cui i Nets segnano solo 45 punti, contro i 55 dei padroni di casa.
ORLANDO MAGIC-LOS ANGELES CLIPPERS 97-112
“Ora dovrei andare a chiedere ai miei giocatori di scendere in campo, ma non ce la faccio”. Le parole, ma soprattutto gli occhi intrisi di lacrime del coach dei Clippers Doc Rivers prima della partita contro Orlando rappresentano bene le emozioni di tutti i fan. “A volte il campo è il posto migliore per scappare dalla realtà”, aggiungerà a fine gara. E il campo dice Clippers: avanti per 54-52 all'intervallo, i losangelini fanno il vuoto nel terzo quarto (31-20) prima di gestire nei 12 minuti finali. Decisivo Kawhi Leonard con 31 punti, 14 rimbalzi e sette assist, cui si aggiungono i soliti contributi dalla panchina di Lou Williams (15 ma con 3/10 dal campo) e Montrezl Harrell (19 punti come Landry Shamet). Orlando (21-26) tira male in generale (35.8%), malissimo dall'arco dei tre punti (21.9%) e incappa nella terza sconfitta di fila, la quinta in sei partite, mentre i Clippers (33-14) allungano nuovamente su Denver a Ovest.
PORTLAND TRAIL BLAZERS-INDIANA PACERS 139-129
Pur con i pensieri altrove, Damian Lillard realizza 50 punti e 13 assist contro Indiana, andando per la terza volta consecutiva oltre quota 40 nel tabellino. “Penso che giocare sia stata la decisione giusta per onorarlo, credo che lui stesso lo avrebbe voluto. Ovviamente durante la partita ci pensi, soprattutto nei timeout e nei tempi morti”, dirà Lillard nel post-match. A dare una mano a Dame ci pensano i 28 punti di CJ McCollum, al rientro dopo tre gare di assenza dovute a un infortunio alla caviglia, e i 21 di Hassan Whiteside, come al solito decisivo sotto canestro con 14 rimbalzi e sei stoppate. Indiana (30-17) non vince al Moda Center da 11 partite: non bastano la tripla doppia di Domantas Sabonis (27 punti, 14 rimbalzi, 11 assist) a coach Nate McMillan, che però recupererà Victor Oladipo già dalla prossima gara contro Chicago per tentare l'assalto a più alte posizioni della Eastern Conference, dove tutto sembra in gioco tranne il primato di Milwaukee. Portland (20-27), dal canto suo, crede ancora nei playoff a Ovest.