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ALPINISMO

Tamara Lunger: "Il mio ritorno all'alpinismo? Devo solo aspettare che succeda, è qualcosa che sale da dentro"

Abbiamo incontrato l'alpinista altoatesina in occasione di un evento ad alto tasso emozionale al DF Sport Specialist store di Brescia.

di Stefano Gatti
01 Apr 2022 - 13:38
 ©  Cristina Guarnaschelli/DF Sport Specialist

© Cristina Guarnaschelli/DF Sport Specialist

Sono riflessioni profonde ed una testimonianza di ricchezza interiore, quelle che Tamara Lunger ci ha consegnato appena prima di tenere un'affollatissima conferenza al nuovo punto vendita DF Sport Specialist di Brescia, molto significativamente ribattezzata "Io, fragile e forte come il ghiaccio". Reduce da due inverni terribili sugli ottomila pakistani (le tragedie del K2 2021 e prima ancora l'incidente del Gasherbrum 2020 con Simone Moro) e da due anni movimentati - tra ricordi, emozioni e ricerca personale - l'atleta del team La Sportiva punta a trovare la via d'uscita dai propri conflitti interiori (per certi versi ancora irrisolti) attraverso progetti nuovi, destinati a portare Tamara molto lontano, forse addirittura oltre le spedizioni sulle montagne più alte del pianeta. A meno che...

Sportmediaset: Tamara, per entrare subito in argomento - restando nel contesto di questa serata - mi togli una curiosità? Tu sei più fragile o più forte del ghiaccio?

TL: Buona domanda! Eh, non lo so esattamente. Una volta è così e un'altra invece… è cosà! Io però cerco sempre di tirarmi fuori dalle mie fragilità lavorando tantissimo su me stessa e devo dire che funziona molto bene!

Sportmediaset: Quello che ho notato nell’ultimo anno e due mesi, seguendoti ad esempio sui social, è stata la spasmodica ricerca del superamento di un trauma molto grande attraverso l'azione, dandoti da fare senza sosta.

TL: Sì, è andata proprio così ma inizialmente non volevo più vedere la montagna, non volevo più andare in montagna, né fare scialpinismo e nemmeno sapere della montagna. Questo per me è stato ovviamente molto difficile, perché un giorno ho deciso che Tamara Lunger sarebbe stata un’alpinista d’alta quota. Però in fondo nella mia vita ho sempre dovuto affrontare molte prove ed ho imparato che tutte queste prove ti portano sempre a migliorare ed alla fine a diventare la persona che vuoi essere. Perché ti temprano, ti spingono a dare il massimo per provare ad uscire a tutti i costi da questi buchi neri.

© Archivio Tamara Lunger

© Archivio Tamara Lunger

Sportmediaset: Quindi ora sei in una fase nella quale gli incidenti di quindici mesi fa sul K2 (cinque colleghi morti in tre diversi incidenti nell'arco di una ventina di giorni, tra il 16 gennaio ed il 5 febbraio) li hai già rielaborati come… occasione di crescita personale?

TL: Sì, esattamente. Anche se immagino che questo per qualcuno possa suonare incomprensibile, io adesso sono in una fase nella quale posso ripensare… con il sorriso a quella spedizione, perché là ho potuto conoscere bellissime persone, mentre altre le conoscevo già. Ho imparato a conoscere meglio loro ma poi anche me stessa, le mie reazioni, ho imparato a guardarmi dentro. Sono molto felice di poter essere qui ora a raccontare tutto questo con il sorriso, dopo aver passato mesi a piangere. Ad un certo punto mi sono detta: ok, sono io che devo decidere qual è per me il senso di tutto quello che è successo lassù. Se continuo a vedere il bicchiere mezzo vuoto, non troverò mai pace. Devo provare a prenderne gli aspetti positivi, ed è proprio quello ho fatto.

© Archivio Tamara Lunger

© Archivio Tamara Lunger

Sportmediaset: Gli eventi del K2 2021 li hai raccontati rielaborati nel tuo libro "Il richiamo del K2 - La dura lezione della montagna", edito da Rizzoli. Puoi dirmi una caratteristica particolare di ciascuno dei tuoi compagni caduti lassù? Un tratto del carattere di ognuno di loro che, quando ci ripensi, ti disegna sul viso il sorriso del quale ci hai appena parlato?

TL: Sergi Mingote per me era quasi un papà. Lui voleva sempre che tutti stessero bene. Al mattino mi passava sempre la scatolina della Nivea… For Men! E già questo mi faceva sorridere! E poi sulla montagna cercava sempre di creare un buon clima tra di noi. John Snorri era molto... fissato, aveva un obiettivo preciso in testa - il K2 - ma conosceva bene i suoi limiti e lavorava sodo per realizzare il suo sogno... che poi era lo stesso di Alì Sadpara. Lo conoscevo già dal 2012 e l’anno scorso vedevo in lui la voglia prepotente di dimostrare ancora una volta di che pasta fosse fatto. Atanas Skatov per me era una persona molto spirituale: molto connessa con l’universo. Ed è per questo che sono rimasta sconvolta: proprio lui, la persona più profonda di tutto il campo base! In effetti però, lo vedevo a volte molto pensieroso. Diceva: mi sembra tutto quanto molto strano e quindi forse se lo sentiva, come una specie di presentimento. E poi… e poi c’era Juan Pablo Mohr, la persona più forte che abbia mai conosciuto facendo alpinismo. Era una gioia stare in sua compagnia. Sempre sorridente, sempre allegro. Non stava fermo un attimo. Una volta, mentre eravamo sulla montagna, mi ha detto: sai una cosa? È bello solo quando fai anche un po’ di fatica! E così adesso, quando magari mi trovo in una situazione nella quale non mi sento bene oppure sono triste, allora penso: cosa mi direbbe lui adesso, cosa mi direbbero loro? E mi sento subito meglio!

© Archivio Tamara Lunger

© Archivio Tamara Lunger

Sportmediaset: Nell’estate del 2020, qualche mese dopo l'incidente del Gasherbrum, dove avevi salvato Simone Moro che era caduto in un crepaccio, e terminato il primo lockdown “duro”, ti sei dedicata al progetto (multidisciplinare) di salire tutte le montagne più alte di ogni regione italiana e poi l’anno scorso (dopo il K2) a quello di salire tutte le vette da tremila metri della Spagna, che però hai abbandonato a dicembre in seguito ad un momento di crisi (Tamara annuisce, si fa scura in volto e abbassa lo sguardo, ascoltando queste ultime parole). Quali altri progetti hai in mente ora?

TL: Vediamo... L’estate scorsa, quando sono tornata per la prima volta in Pakistan, non ho avvertito ancora il richiamo delle alte quote… Al momento poi devo prendermi cura del mio fisico ed in particolare della mia schiena. Ho parecchi problemi e negli ultimi mesi mi sono sottoposta a molta fisioterapia, molte infiltrazioni. Quindi riposo assoluto, ho fatto poco o niente per diverso tempo, se non camminate “easy” in montagna. Però ora sto provando a ricominciare a scalare, arrampicare, fare dislivello, anche un po’ di parapendio, e per ora mi sembra che vada tutto bene. Per il mese di agosto ho in mente un grande e bellissimo progetto in Africa. Mi sono detta: visto che al momento sto un po’… così, perché non fare qualcosa di buono per il prossimo? Voglio dedicarmi a questo progetto contro la pratica dell’infibulazione, che è un mio sogno già da tanti anni e per me significa molto: un passo molto importante. E poi, forse… non so ancora… si torna a fare una grande cima, ma non so ancora con certezza!

© Archivio Tamara Lunger

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Sportmediaset: Ha senso quindi ipotizzare che tutti questi progetti in qualche modo alternativi alla montagna siano in fondo una sorta di… scorciatoia per tornare alle spedizioni ed all’altissima quota?

TL: Può darsi, ma la cosa più importante è che mi sono ripromessa di non fare un passo troppo lungo, che per adesso non mi sento ancora in grado di poter muovere. Fino a quando la montagna mi farà paura e vi vedrò solo la morte, non ritornerò all'alpinismo d'alta quota. Devo proprio provare di nuovo la passione e l’amore di prima. In montagna però tornerò di sicuro, casomai diversamente.

© Archivio Tamara Lunger

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Sportmediaset: Questo significa che a te piacerebbe fare in modo che tutte le esperienze che hai maturato alle altissime quote potessero in qualche modo tornare utili alla montagna stessa ed in particolare alle sue popolazioni, quasi a voler restituire ciò che tu hai ricevuto?

TL: Certo! L’anno scorso, quando eravamo al campo base del K2, JP Mohr mi aveva proposto di insegnare a scalare ai ragazzi pakistani. Io gli avevo detto: mi piacerebbe, puoi contare su di me! Però adesso concentriamoci sul K2, ne riparliamo più avanti... Purtroppo invece è successo quello che è successo ma - da subito - io e suo cugino abbiamo deciso che avremmo portato avanti il suo sogno. Poi ci ho messo del mio, proponendo di insegnare anche alle ragazze ad arrampicare. Non è stato facile, a causa della cultura e delle tradizioni locali, però ci siamo riusciti e questo mi ha riempito di gioia perché mi sono accorta di provare felicità non solo quando inseguo i miei sogni in montagna ma anche quando posso fare qualcosa di buono per gli altri, quando vedo certi sorrisi e gli occhi che si illuminano.

© Archivio Tamara Lunger

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Sportmediaset: Tutte cose per le quali in passato, durante i trekking di avvicinamento ai campi base delle montagne più alte del pianeta, probabilmente non avei tempo…

TL: Sì infatti. O meglio, il tempo lo avrei anche avuto, ma vivevo tutto questo molto più egoisticamente. Ho sempre pensato: io voglio fare questo, questo e quest'altro e di tutto il resto mi interessa poco. Però questa esperienza del K2 mi ha cambiata veramente tanto e ne sono anche felice perché evidentemente avevo bisogno di qualcosa che mi regalasse un nuovo equilibrio nella mia vita. Sento di avere sfruttato senza risparmio il mio corpo, mi sono allenata tantissimo e con sacrificio e adesso penso che tutto questo lo devo pagare. Questi progetti rappresentano una bellissima occasione per raggiungere la pace, un nuovo equilibrio.

© Archivio Tamara Lunger

© Archivio Tamara Lunger

Sportmediaset: Quindi girerai ancora il mondo ma… casa tua, come è cambiato in questo ultimo anno e mezzo il rapporto con le tue origini, con i tuoi luoghi ed i tuoi affetti familiari?

TL: Adoro casa mia, ancora più di prima, perché è un luogo di pace. Io vivo in un paesino di cinquecento anime, dove non c’è praticamente nulla se non un osservatorio astronomico, nient’altro. Ma io il tempo che passo a casa me lo godo in tranquillità, lavorando su me stessa e sul mio futuro senza tante distrazioni. Ho tantissime idee e sono veramente felice. Non era mai stata così tanto tempo a casa.

© Archivio Tamara Lunger

© Archivio Tamara Lunger

Sportmediaset: Nella tua ricerca personale, tendi a lasciare che le cose accadano da sole o provi a… correre tu incontro al tuo futuro?

TL: Allora, in alcuni casi so che arrivano per conto loro e non c’è verso di fare diversamente. Non so come e non so quando, però so che succedono. Per altre invece… provo a spingere un po’ di più. Però so che, per quanto riguarda il mio ritorno in montagna, devo solo aspettare che succeda, perché è qualcosa che sale da dentro, legato alle mie sensazioni più profonde.

© Cristina Guarnaschelli/DF Sport Specialist

© Cristina Guarnaschelli/DF Sport Specialist

Sportmediaset: Avranno un ruolo in questo processo i ricordi, magari anche quelli degli amici che hai perso o sarà invece un’ispirazione che - all’opposto - viene dal futuro? Qualcosa che devi ancora fare, traguardi che devi ancora raggiungere?

TL: Per quanto mi riguarda, dovere… non devo niente! Non sento alcun obbligo in questo senso. Mi piace invece questo di me: gli occhi che si illuminano quando parlo della montagna. Questo lo adoro e - siccome l’ho un po’ perso - spero che ritorni in qualche modo ad essere come era prima. Mi piacciono la leggerezza e la spensieratezza che provo quando sono tra i monti e posso essere in pace con me stessa e con la montagna.

© Archivio Tamara Lunger

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