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Accadde oggi: l’indimenticabile trionfo di Marco Pantani al Giro 1998

Una serie incredibile di incidenti aveva minacciato la sua carriera, ma il Pirata riuscì a rialzarsi e a conquistare la Corsa Rosa, oltre all'amore sportivo degli italiani

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Un trionfo meritato e indimenticabile, dopo tante sfortune. Non si può sintetizzare in modo più efficace la cavalcata che portò Marco Pantani ad alzare le braccia al cielo sul podio di Milano, dopo l’ultima tappa del Giro d’Italia corsa esattamente 22 anni fa, il 7 giugno 1998. Una vittoria che il Pirata aveva saputo conquistare grazie a un’ultima settimana straordinaria, capace di consacrarlo non solo come padrone della Corsa Rosa, ma anche come idolo sportivo di un’intera nazione.

Pantani arriva al Giro del 1998 con buone prospettive e la consapevolezza di avere un conto aperto con la sfortuna, che sembra non volerlo lasciare in pace: sono ancora vivi nella memoria i due incidenti del 1995 (quello più grave, quando un fuoristrada lo investì alla Milano-Torino, lo aveva costretto a saltare tutti i maggiori appuntamenti del 1996) e il ritiro al Giro 1997, per colpa di un gatto che gli aveva tagliato la strada in discesa.

Al Giro 1998, anche per questo, non è il primo favorito: Ivan Gotti, vincitore nel 1997, e Pavel Tonkov, maglia rosa finale nel 1996, promettono battaglia, e il percorso 'alla francese' con molti chilometri a cronometro (ben 81 fra il prologo e le due crono individuali) stuzzica lo specialista svizzero Alex Zülle, due volte vincitore della Vuelta. In effetti è proprio quest’ultimo a indossare la maglia rosa nel cronoprologo di Nizza, che Pantani chiude con 39 secondi di ritardo. Il Pirata, poi, delude nella prima tappa di montagna, il 22 maggio, sulla salita che porta al Lago Laceno. Sorprende un po' tutti la mancanza di una risposta all’allungo dello svizzero, che vince sul traguardo irpino: qualcuno arriva addirittura a storcere il naso e a considerare Pantani non all'altezza di quel Giro. Nella seconda settimana, però, il Pirata inizia a carburare: a San Marino sfiora il successo di tappa, a Piancavallo mette tutti in fila e torna finalmente a vincere una frazione al Giro dopo quattro anni. In questa occasione, oltre a zittire i critici, conquista anche la maglia verde, all’epoca simbolo del primato nella classifica scalatori. Lo sforzo della tappa con arrivo in Friuli viene però pagato nella temuta cronometro di Trieste del giorno successivo: Pantani perde 3 minuti e 26 secondi da Zülle, che addirittura lo sorpassa, sul percorso stesso, nel finale. Per alcuni è il simbolo della resa, il distacco dallo svizzero in classifica è di quasi 4 minuti.

Tutto cambia, però, il 2 giugno, nella tappa che arriva a Selva di Val Gardena. Si parte da Asiago e si percorrono Duran, Staulanza, Fedaia e Sella (Cima Coppi a quota 2214 metri), prima della discesa finale. La tappa inizia senza Gotti, vittima di una gastroenterite. È sul Fedaia che Pantani decide di attaccare: un’azione coraggiosa, che affronta assieme al connazionale Giuseppe Guerini. I due fanno letteralmente il vuoto e volano verso il traguardo. Una delle leggi non scritte del ciclismo vuole che il fuggitivo interessato alla classifica generale eviti di contestare la vittoria di tappa a chi lo ha aiutato a guadagnare secondi sugli inseguitori: non sorprende, quindi, che ‘Beppe Turbo’ vinca la tappa, se l'è guadagnata. A Pantani basta la maglia rosa, la prima della sua carriera. Zülle arriva con quasi cinque minuti di ritardo, e soprattutto con l’impressione di aver esaurito la benzina che lo aveva alimentato nei primi quindici giorni (impressione che sarà confermata nelle ultime tappe, in cui lo svizzero perderà oltre mezz'ora rispetto ai primi).

Strada in discesa verso Milano, quindi? Certo che no: dietro Pantani, in classifica generale, c’è Tonkov, che lo beffa in volata nella tappa successiva all’Alpe di Pampeago e si porta a 27 secondi in classifica alla vigilia dell’ultima tappa di montagna, la Cavalese-Plan di Montecampione. Gli addetti ai lavori sono concordi: Tonkov va meglio di Pantani a cronometro, se il Pirata vuole vincere il Giro deve fare l’impresa nell’ultima frazione in salita. La tappa è lunghissima, 243 chilometri. Pantani e Tonkov si ritrovano da soli, davanti a tutti, a pochi chilometri dalla fine. Si studiano, si scrutano: il romagnolo si alza spesso sui pedali, il russo è costante nella sua pedalata, gli dà pochi cambi. A tre chilometri dalla fine arriva la svolta: su consiglio del direttore sportivo della Mercatone Uno-Bianchi, Giuseppe Martinelli, Pantani scatta. Tonkov, stavolta, non ce la fa a stargli dietro. Il Pirata arriva così, da solo, in rosa, a braccia aperte sul traguardo: è l’immagine simbolo del Giro. Il russo arriva a 57 secondi, ne perde altri 4 per via degli abbuoni finali. Un minuto e 28 secondi è il distacco in classifica: importante ma non insuperabile, visto che c’è ancora la cronometro di Lugano, due giorni dopo. Qui, però, accade un vero e proprio miracolo sportivo: Pantani, motivato come non mai, non solo non perde ma addirittura guadagna altri 5 secondi sul russo, ottenendo un sorprendente terzo posto di tappa a soli 30 secondi da uno specialista di assoluto livello come Sergei Gonchar. Il Giro è vinto, o quasi. Manca una sola tappa, la passerella finale di Milano, ma è solo una formalità: la frazione è ridotta causa acquazzone, la vince Gian Matteo Fagnini in volata, il gruppone arriva compatto e Pantani può esultare. Finalmente la sfortuna è alle spalle: il Giro d'Italia è conquistato.

Pantani coronerà un 1998 da sogno con la vittoria al Tour de France, replicando una storica doppietta che all’Italia mancava dal 1952, quando l’accoppiata vincente riuscì a Fausto Coppi. La leggenda del Pirata vivrà poi una storia di tremende cadute e tentativi di risalita, fino alla tragica fine di 16 anni fa. Nulla però, scalfisce il ricordo di quel magico 1998. Ancor oggi, negli occhi dei tifosi, Marco Pantani è sempre lì, in salita, che si alza sui pedali, scatta e fa il vuoto. Fino ad arrivare al traguardo con gli occhi chiusi, le braccia al cielo e la maglia rosa addosso.

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