MILAN

Thiago Silva al Milan? Occhio ai cavalli di ritorno

Da Gullit a Balotelli, passando per Sheva e Kakà, tanti sono stati i calciatori (e non solo) che si sono rivelati dei flop durante i loro bis in rossonero

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Dopo Ibrahimovic, anche Thiago Silva sembrerebbe intenzionato a tornare al Milan dopo essere stato ceduto otto anni fa dal club rossonero al Psg. Negli ultimi decenni, però, non sono stati pochi i grandi ex che sono ritornati in quel di Milanello, deludendo tuttavia le aspettative. Esperienze bis che si sono rivelate dei flop: da Gullit a Balotelli, senza dimenticare Donadoni, Shevchenko, Kakà, Boateng e nemmeno Sacchi e Capello in panchina

GULLIT
Ruud Gullit fu uno degli indiscussi protagonisti del celebre Milan di Sacchi. Arrivato a Milano nell’estate del 1987 dal PSV, rimase in rossonero per sei stagioni, vincendo la bellezza di dodici trofei, con la ciliegina del Pallone d’Oro 1987. Dopo qualche infortunio di troppo, nel luglio 1993 decise di trasferirsi alla Sampdoria: in blucerchiato vincerà la Coppa Italia e si classificherà terzo in campionato, segnando 18 gol complessivi. La stagione successiva, il grande ritorno; che non andò proprio come previsto. Il rapporto con l’ambiente era definitivamente compromesso e il Tulipano Nero decise di tornare a Genova dopo pochissimi mesi, rescindendo il contratto con il Diavolo. 

DONADONI
È stato uno dei primissimi acquisti dell’era Berlusconi, che pagò 10 miliardi di lire per strapparlo all’Atalanta. Roberto Donadoni è stato un titolare pressoché inamovibile nel Milan per dieci stagioni, dal 1986 al 1996, nelle quali ha vinto ben 17 trofei e superato le 360 presenze. A maggio del ’96 decise di svernare negli Stati Uniti, ai New York MetroStars, gli odierni New York Red Bulls. Dopo una stagione e mezzo, Donadoni rispose al richiamo di Capello e tornò a casa sua, a Milano. Un ritorno con pochi alti e molti bassi: 29 presenze e zero gol in due stagioni, con la carriera del bergamasco che si concluse poi all’Al-Ittihad, in Arabia.

SIMONE
Marco Simone venne prelevato dal Como nel 1989. Per quanto non sia mai stato un titolare fisso, risultò un’ottima alternativa, come centravanti di peso, agli attaccanti irrinunciabili (74 reti in otto stagioni). Dal ’97 al 2001 si è diviso fra Psg e Monaco. Poi il ritorno al Milan in prestito, ma la concorrenza di Shevchenko, Inzaghi, Moreno e José Mari era spietata e il bottino personale di Simone si fermò a 15 presenze e un solo gol, in Coppa Italia.

SHEVCHENKO
Probabilmente fu la prima vera cessione eccellente (e dolorosa) del Milan di Berlusconi. L’attaccante ucraino è stato uno dei migliori goleador della storia del Milan. Dal 1999 al 2006 Sheva ha vinto praticamente tutto, sia con il club sia individualmente, con due titoli di capocannoniere di Serie A nel palmares e un Pallone d’Oro. Arrivato dalla Dinamo Kiev per 25 milioni di dollari, è stato venduto al Chelsea per 30 milioni di sterline. Dietro al trasferimento ci sarebbe stata la moglie del bomber ucraino, desiderosa di raggiungere Londra. I Blues lo cederanno in prestito proprio ai rossoneri due stagioni dopo: 26 presenze e 2 gol. Non un rendimento indimenticabile.

KAKÀ
Il coro dei tifosi “Non si vende Kakà” non ebbe troppo ascolto. Dopo essere riuscito a resistere alle sirene del Manchester City cinque mesi prima, Kakà venne ceduto al Real Madrid nel giugno 2009 per 67 milioni di euro, dopo che la dirigenza rossonera ne aveva pagati “appena” 8,5 nell’estate 2003 al San Paolo. Con la maglia del Milan vincerà (tra i vari trofei) uno scudetto, una Champions League e un Mondiale per Club, oltre che il Pallone d’Oro. Dopo la parentesi non felicissima al Real Madrid, il ‘bambino d’oro’ tornerà anche lui a Milanello nell’estate 2013. Non sarà però una seconda esperienza entusiasmante: nove gol in 37 presenze, in una stagione molto complicata per tutta la squadra.

BALOTELLI
Si è sempre dichiarato tifoso rossonero ed è riuscito a giocare con la maglia della sua squadra del cuore nel gennaio 2013, quando Galliani lo prelevò dal Manchester City. I primi sei mesi al Milan furono molto positivi: 12 gol in 13 presenze, decisivi per la conquista del terzo posto in campionato. La seconda stagione è stata discreta sul piano personale (18 gol in 41 presenze). Il club decise poi di cederlo al Liverpool e, dopo una stagione opaca, venne rispedito al mittente in prestito. La sua annata sarà influenzata da una pubalgia cronica, risolta con un intervento chirurgico, che lo costrinse a restare fermo a lungo. Chiuse la stagione con 23 presenze totali e tre gol, di cui due realizzati in Coppa Italia contro l’Alessandria.

BOATENG
Nella sua prima stagione italiana, con Ibrahimovic e Robinho, si rivelò uno dei principali artefici dello scudetto vinto nel 2011. In rossonero totalizzò 100 presenze con 17 gol. Nell’agosto 2013, subito dopo una doppietta decisiva a San Siro contro il PSV nei preliminari di Champions League, venne ceduto allo Schalke. Qualche mese più tardi, il ‘Boa’ fu messo fuori rosa dai tedeschi per motivi disciplinari; così il Milan lo tesserò nuovamente nel gennaio 2016. Un gol e poco altro nei sei mesi successivi.

SACCHI
Non solo però calciatori. Le delusioni sono capitate anche in occasione di ritorni degli allenatori, a cominciare da un mostro sacro della storia rossonera come Arrigo Sacchi. Nella sua prima esperienza al Diavolo, tra il 1987 e il 1991, Sacchi vinse tutto ciò che si poteva vincere, trasformando un club reduce da due retrocessioni in Serie B in una squadra di immortali. Poi, nel dicembre 1996, la seconda chiamata di Berlusconi e Galliani, dopo l’esonero di Tabarez. Saranno però sei mesi infernali, conclusi con l’undicesimo posto in campionato e l’eliminazione in Champions League a opera dei norvegesi del Rosenborg.

CAPELLO
A Capello non andò molto meglio. Per amore della precisione per Don Fabio, quella di fine anni ’90 era addirittura la terza esperienza sulla panchina del Milan. La prima fu al termine della stagione 1986-87, quando subentrò all’esonerato Nils Liedholm; dopo quell’interim, arrivò il quinquennio vincente tra il ’91 e il ’96, suggellato da quattro scudetti, una Champions League, tre Supercoppe Italiane e una Supercoppa Europea. Richiamato dal Milan nella stagione 1997-98, dopo i fasti del lustro precedente, l’eroe di Wembley 1973 rimediò a fine anno un deludente decimo posto. Arrivò in finale di Coppa Italia, ma la perse contro il Parma. E si congedò per sempre.

LEONARDO
Un’ultima breve postilla riguarda il ruolo da dirigente. Leonardo, ad esempio, al termine della sua carriera da calciatore, rimase legato per diversi anni all’ambiente rossonero, svolgendo anche il ruolo di consulente di calciomercato, Direttore Operazioni Area Tecnica del club rossonero, nonché emissario per la società in Sudamerica; tant’è che ha contribuito a portare in Italia talenti come Kakà, Pato e Thiago Silva. Dopo la breve (ma di sicura non pessima) esperienza come allenatore, Leonardo tornerà al Milan come dirigente nell’estate 2018, ricoprendo l’incarico di Direttore Generale dell’Area Tecnico-Sportiva. Tuttavia, sotto la sua gestione, la campagna acquisti dell’estate 2018 e del gennaio 2019 non si rivelerà fortunatissima: Higuain, Caldara, Bakayoko, Castillejo, Laxalt, Paquetà hanno convinto molto poco. In una stagione in cui, comunque, alla fine il Milan sfiorerà l’accesso alla Champions League.

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