FORMULA UNO

Rotta a nord-est: Rosse a Budapest per riaprire la sfida prima della "tempesta perfetta" di fine estate

Molto sbilanciato a favore del campione in carica, l'inseguimento ferrarista al pilota olandese riparte tra pochi giorni in Ungheria

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Il Gran Premio di Francia lascia in eredità alla Ferrari un carico di rimpianti da smaltire in fretta e quello d'Ungheria già dietro l'angolo sembra l'occasione giusta per provare ad affrontare con più serenità la pausa estiva e con ambizioni rinnovate la ripresa al GP del Belgio di fine agosto. Ultima spiaggia oppure rampa di ri-lancio. La differenza è insidiosamente sottile: ne va del destino di un'intera stagione (per certi versi già compromessa, a livello di chances iridate). 

La F.1-75 è ormai la migliore macchina di questo primo anno della nuova generazione di monoposto: si tratta appunto di sfruttarne fino in fondo le qualità, cosa che al Paul Ricard non è avvenuta. Piccole ma decisive imperfezioni, nelle quali Verstappen va letteralmente a nozze. Lo score ungherese recente di Ferrari e Red Bull non è particolarmente indicativo: nelle ultime dieci edizioni della gara dell'Hungaroring, solo quattro volte la vittoria è sfuggita a Lewis Hamilton. Successo rocambolesco di Esteban Ocon nel 2021 a parte, Sebastian Vettel ha trionfato due volte con la Rossa (2015 e 2017), mentre l'affermazione più "recente" dei Tori risale al 2014 (con Daniel Ricciardo).

D'altra parte, le chances ferrariste poggiano sulla strettissima attualità e su di un monoposto che al Paul Ricard (dopo la strepitosa pole di Leclerc) ha permesso al monegasco di difendersi agevolmente dalla pressione iniziale di Verstappen. Per non parlare della rimonta messa in pista da Sainz, che avrebbe meritato ben altro coronamento, con un finale sul podio. Premesse e successivi sviluppi che non hanno poi prodotto altro che un quinto posto da amaro in bocca, lasciando spazio alla seconda vittoria consecutiva del campione in carica al Paul Ricard e ad un distacco di Leclerc da Max lievitato fino a sessantatré punti.

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Non si tratta però solo di matematica, di conti esatti. Contano (eccome!) anche le sfumature. Se in casa Red Bull le gerarchie sono chiare ed è tutto bianco oppure nero, senza vie di mezzo, la Scuderia (attenzione, stiamo cercando il classico pelo nell'uovo) "paga" il sostanziale equilibrio tra i suoi piloti: Sainz sopperisce con il lavoro e con il metodo al maggior talento di Leclerc e ad una generosità da parte del monegasco che lo rende pericolosamente vulnerabile. Ne abbiamo già scritto ma può essere utile ribadire come questo differente atteggiamento sia evidenziato dai dialoghi radio tra i due ferraristi e la cabina di regia rossa. Lucidità e freddezza da parte dello spagnolo che non si scompone nemmeno quando viene interpellato nel bel mezzo del duello ruota a ruota con Perez!), tensione oltresoglia ed emotività da parte del monegasco. Più incisivo ed esigente Carlos (che non esita a mettere in discussione le scelte strategiche, di fatto orientandole), più"mansueto" Leclerc, più disposto a farsi guidare.

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Atteggiamenti diametralmente opposti, che finiscono per produrre un risultato (tornando alla matematica), non troppo differente: 170 punti Leclerc, 144 Sainz (e Perez nel mezzo a quota 163): un differenziale di 26 punti, quelli di un successo pieno (più punto addizionale del giro veloce in gara, volendo essere pignoli). Una sorta di "imbarazzo" da smaltire anch'esso in fretta, a Budapest: anche in questo caso, tornando all'inizio, il GP d'Ungheria arriva al momento giusto per dirimere la questione e poi concentrarsi con ruoli precisi e ben distinti (che la pista ha già assegnato ma la classifica di cui sopra ancora no) sul trittico di fuoco di fine agosto-inizio settembre: Spa-Francorchamps, Zandvoort e Monza, la "tempesta perfetta"!

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