FORMULA 1

Da Berger una carezza ed un pugno: "Vettel soffre la pressione. Se poi il compagno di squadra è figlio del capo..."

Il 61enne ex ferrarista analizza le ragioni del deludente debutto con la Aston Martin in Bahrain del quattro volte campione del mondo tedesco.

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In comune Gerhard Berger e Sebastian Vettel hanno la militanza ferrarista: sei anni entrambi. In soluzione unica il tedesco, divisa in due dall'impegnativo triennio McLaren (in squadra con Ayrton Senna...), per l'austriaco. Ma non è solo per questo che Gerhard ha tutti i titoli per spiegare - senza sconti ma con una sottile e - come vedremo- ben motivata tenerezza - il brutto debutto di Vettel con la "Verdona" a quattro ruote.

''Sebastian è un quattro volte campione del mondo ed uno dei top drivers, ma non ha mai reso al massimo sotto stress. Quando Daniel Ricciardo è arrivato alla Red Bull era fortissimo e gli ha messo pressione. Sebastian ha fatto fatica ad adattarsi alla situazione e gli è successa la stessa cosa alla Ferrari".

Gerhard Berger sa di cosa parla: le strettoie della convivenza con un compagno di squadra scomodo (a dir poco), lui le conosce bene: Senna, appunto... Ma sarebbe irrispettoso nei confronti del campione brasiliano il paragone diretto con Ricciardo e... pura blasfemia quello con Lance Stroll, attuale compagno di box di Vettel che ha iniziato il Mondiale scattando dall'ultima fila (penalizzato - lui solo - tra i piloti che non hanno rispettato le bandiere gialle) e chiudendo il GP in quindicesima posizione, davanti al solo... Schumacher (continua a fare un certo "senso" dirlo e scriverlo, senza specificare Mick...) tra i piloti che hanno raggiunto il traguardo.

 ''È come se non si sentisse libero e sereno. Vuole dimostrare delle cose, ma al momento con la Aston Martin non è possibile farlo. A volte bisogna fare un passo indietro, semplicemente rilassarsi e poi il successo tornerà. Può anche darsi che Seb si trovi in una fase della carriera nella quale non è più disposto - per il successo - a prendersi certi rischi. Allora commette errori, si espone alle critiche, la pressione aumenta e lui... non ci sta dentro".

Insomma, è come se Seb avesse ripreso là dove era finita la sua ultima stagione ferrarista: "nowhere", come direbbero Oltremanica. Oltretutto, con il grave errore del tamponamento alla Alpine di Esteban Ocon alla staccata della curva uno. Errore di valutazione che Vettel ha poi ammesso davanti ai microfoni ma - le immagini tv lo hanno provato - già al rientro al parco chiuso. Di nuovo Berger.

"Alla fine, tutto dipende dalla prestazione. Se vai più piano del tuo compagno di squadra, il team tenderà a concentrarsi su di lui. È sempre stato così. Il fatto che poi il tuo compagno di squadra - oltre ad andare più forte - sia anche figlio del compagno di squadra - è più che altro uno svantaggio psicologico ma, a questo livello, devi essere capace di affrontare qualsiasi situazione". 

Come detto all'inizio, c'è molto realismo nell'analisi di Berger, c'è profonda conoscenza ed anche un certo affetto. Non dimentichiamo che Gerhard ebbe modo di conoscere Sebastian ai tempi degli esordi agonistici di quest'ultimo nelle formule promozionali BMW (Casa per  Gerhard lavorava all'epoca) e che poi l'austriaco è stato per quasi tre anni (da febbraio 2006 a novembre 2008) comproprietario della Toro Rosso, vale a dire la squadra con la quale il giovane Vettel (dopo il debutto del 2007 con Sauber-BMW a Indianapolis) corse la seconda parte del Mondiale 2007 stesso e l'intera stagione 2008, con la storica vittoria nel Gran Premio d'Italia a Monza.

 

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