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IL DERBY SI AVVICINA

Diversi e vincenti: Allegri e Chivu hanno dato logica e credibilità alle milanesi

Milan e Inter, guidate da due allenatori differenti per esperienza e principi, sono con il Napoli le più serie candidate al titolo

di Andrea Cocchi
04 Nov 2025 - 11:20

Si possono immaginare due allenatori più diversi di Allegri e Chivu? Non tanto nella visione del calcio visto che ormai, con la fluidità imperante, non è più così semplice etichettare un'ideologia calcistica, ma per curriculum ed esperienza. Da una parte uno dei decani del pallone made in Italy, con scudetti e coppe assortite a occupare le mensole del salotto, dall'altra uno di 13 anni più giovane, con alle spalle una manciata di partite di Serie A. Eppure sono loro gli artefici del momento speciale delle milanesi.

Dopo la sosta ci sarà il derby e il confronto, inedito, tra i due. Sarebbe forzatissimo titolare alla Guccini, "il vecchio e il bambino", innanzitutto perché la differenza di età può essere considerata notevole solo per chi sta in panchina e non nella vita reale, e poi il più giovane dei due ha alle spalle una carriera da giocatore ad altissimi livelli. L'esperienza di campo, insomma, qualcosa vale. Di certo c'è che Allegri non smette di stupire. Che fosse uno dei migliori nella gestione del gruppo, nel leggere la partita in corso e nell'organizzazione difensiva, già lo si sapeva. Così come era chiaro che, nel solco dei grandi del calcio italiano, da Trapattoni in giù, abbia sempre avuto la capacità di mettere insieme i pezzi di una squadra in modo da creare associazioni spontanee tra i giocatori. A questo si è aggiunta, ultimamente, una novità che riesce a limitare una sua lacuna storica, quella della mancanza di fluidità nella manovra. E' vero che l'idea è sempre quella di lasciare l'iniziativa agli avversari e di colpirli con ripartenze fulminee (vedi il gol che ha sbloccato Milan-Roma), ma è anche vero che si vede qualcosa di più strutturato in fase di possesso. Per esempio Gabbia che si alza per dare un'opzione in più a centrocampo e costringere gli avversari, specie quelli che pressano uomo su uomo, a fare una scelta. O il modo di attrarre verso il basso per liberare spazio alle spalle. Resta sempre la difficoltà di creare contro squadre chiuse, come dimostrano le partite interne con Pisa e Fiorentina, ma con il recupero di Pulisic e la forma ritrovata di Leao, è possibile che si possa ovviare all'inconveniente puntando sulla capacità di saltare l'uomo creando superiorità numerica anche contro i blocchi bassi, magari sovraccaricando una fascia per poi procedere al cambio di gioco.

Chivu, invece, sta cambiando un luogo comune del calcio. La logica della divisione tra allenatori costruttori e allenatori gestori può essere arricchita con una voce nuova: gli allenatori intelligenti. Ereditando una squadra con una connotazione tattica molto marcata, non ha fatto altro che mantenere certi principi di gioco apportando solo qualche modifica. La costruzione è meno basata su rotazioni costanti ma mantiene alcune caratteristiche "inzaghiane". L'Inter costruisce a tre o a quattro, quando scendono Calha o Barella e si allargano i braccetti, crea superiorità sugli esterni con lo sganciamento di difensori portati all'inserimento, vedi Bastoni, e sa svuotare il centrocampo per permettere l'appoggio diretto verso la punta che premia chi arriva da dietro o chi aspetta sull'esterno. Di diverso c'è un ricorso più sistematico al pressing e alla riaggressione, oltre che una minore pazienza nella costruzione con la ricerca più immediata della profondità, anche sfruttando l'inserimento del cosiddetto "terzo uomo". Poi c'è l'ossessione per i calci da fermo, diventata mediatica dopo la rete straordinaria di Zielinski a Verona. Una soluzione che rende l'Inter la squadra italiana più simile all'Arsenal di Atreta, che fa delle palle inattive il suo punto di forza.

Allegri e Chivu, insomma, hanno dei grandi meriti nel momento d'oro di Milan e Inter. Aspettando un confronto diretto che si preannuncia come uno dei più interessanti degli ultimi anni