Il suo calcio è differente: coerenza e rettitudine in un mondo dove la parola data non conta
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In pochi potevano avere dubbi sui princìpi di Claudio Ranieri. Sulla sua rettitudine e coerenza in un mondo, quello del calcio, dove la normalità ha standard diversi dalla nostra vita di tutti i giorni. Dove è consuetudine impegnarsi in contratti salvo poi non rispettarli o abituarsi a quasi 200 fallimenti di società negli ultimi 25 anni per gente che, appunto, gli impegni non li rispetta.
Il calcio di Ranieri è uno sport differente e l’ha dimostrato ancora una volta rinunciando a una chiamata alle armi azzurre, l’occasione di una vita, probabilmente sognata sin da quando ha preso il patentino. Avrebbe dovuto rimangiarsi i propositi di abbandono della panchina, pure quella più amata della Roma.
Avrebbe dovuto convincere tutti che lui, no, non si sarebbe fatto condizionare dal doppio ruolo (CT e consulente dei Friedkin) davanti situazioni delicate, come le convocazioni e l’utilizzo di giocatori giallorossi. O di possibili avversari dei romanisti come ha ben evidenziato il collega Matteo Pinci su “Repubblica” scrivendo: “Ma immaginate se a ottobre, quando la Nazionale giocherà due partite ravvicinate con Estonia e Israele, il ct decidesse di affidarsi per tutti i 180 minuti a un nutrito gruppo di interisti, giusto quattro giorni prima di Roma-Inter: siamo sicuri di avere gli anticorpi per resistere alla tentazione di pensare male?”. No, non siamo vaccinati per questi anticorpi nella repubblica della dietrologia.
Bene ha fatto dunque Ranieri, sia per rispettare il passo indietro alla Roma, sia per non finire la sua retta avventura nel calcio inseguito dai sospetti degli avvoltoi. Un gesto simile a quello di Lippi che rinunciò al ruolo di Direttore Tecnico nel 2016 una volta avvertite le pressioni sul possibile conflitto d’interessi con il figlio Davide, procuratore.
Viva, ancora una volta, la gente come Ranieri. Capace di scrivere favole in campo come quella del Leicester o dell’ultima avventura giallorossa, ma anche Uomo con la u maiuscola. A testa alta in una nazione dove, a testa bassa, ci prepariamo al terzo Mondiale vissuto dal divano.