L'EDITORIALE DI BRUNO LONGHI

L'Inter di oggi ha un male oscuro, la Roma è vittima del caos di Mourinho

Intanto si consolida la leadership di Milan e Napoli: ma i rossoneri hanno un qualcosa in più

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Dalla logica dei numeri, impossibile prescindere. E quindi dalla classifica di serie A si evince quanto la leadership di Milan e Napoli sia giustamente condivisa nel pieno rispetto di quanto hanno saputo fare in queste 12 giornate. Giusto chiedersi, in previsione della Coppa d’Africa, in che misura potranno incidere le future assenze di Koulibaly, Osimhen e Anguissa da una parte, di Kessie e Bennacer dall’altra. Ma la storia ci ha insegnato che quando una squadra gira, quando il gruppo è coeso, e quando la convinzione è più forte di qualsiasi ostacolo, le assenze pesano meno e finiscono per responsabilizzare i sostituti moltiplicandone le energie. Le loro e quelle degli altri chiamati a dimostrare di essere in grado di andare avanti con le loro gambe senza rallentamenti.

MILAN: A PIOLI IL COMPITO DI TROVARE LA GIUSTA FORMULA OFFENSIVA
Il Milan sta confermando la bontà di un lavoro - quello di Pioli e dei dirigenti - che dura ormai da circa 24 mesi. Ha inserito in questa stagione elementi che ne hanno fatto lievitare complessivamente il tasso tecnico, e sta provando pure nuove strategie tattiche che talvolta fanno pensare alle rotazioni della pallavolo. Ma deve convivere con i dubbi sul futuro di Kessie e sulla dipendenza a corrente alternata del fattore-Ibrahimovic. Lo svedese ha 40 anni e non può avere l’elettricità e la continuità del ventiduenne Osimhen. E quindi tocca a Pioli il compito di trovare - partita per partita - la giusta formula offensiva, non avendo il cosiddetto attaccante imprescindibile. Come sono stati Ronaldo (per la Juve ) o Lukaku (per l’Inter) nella passata stagione.

NAPOLI: LA DIFESA E' LA FORZA DI SPALLETTI
Il Napoli è leggermente al di sotto dei rossoneri in quanto a qualità di gioco, ma ha una struttura ben delineata. Segna più o meno quanto il Milan ma la sua difesa è la migliore del campionato. Le due sorelle viaggiano alla stessa velocità. Ma la squadra di Pioli ha avuto due soli pit-stop con Juve e Inter (che potevano anche essere messi in preventivo), mentre quella di Spalletti si è fermata di fronte ad ostacoli teoricamente superabili come Roma e Verona.

LA CRONICA INCAPACITA' DELL'INTER DI SIGILLARE IL RISULTATO
Il campionato ha ancora molto da dire e molto ci ha già detto. Sulle due, ma anche sulla apparente cronica di incapacità dell’Inter di sigillare col risultato le partite che potrebbero essere vinte. E quasi sempre contro le squadre di alta classifica. C’è chi fa di conto ricordando i rigori sbagliati con Atalanta e Milan , o chi tira in ballo anche quello un po’ così accordato nel finale alla Juventus. Ma ci aggiungerei pure le partite col Real o con la Lazio, dominate per un’ora e poi amaramente perdute nel finale. Ma quando ci si aggrappa ai “se”, a ciò che non sarebbe dovuto accadere e che invece è accaduto, significa che c’è un male oscuro che va curato e che, di fronte alla ripetitività degli eventi, si insinua nella testa dei giocatori. Un male che è riapparso nel derby, ma che ha pure sentenziato quanto sul campo siano apparsi illogici i 7 punti di differenza. Ma ci sono. Ed è pure fuorviante innescare il dibattito sul “risultatismo” dell’Inter di Conte, e sul “giochismo” di quella di oggi.

ROMA VITTIMA DEL CAOS INNESCATO DA MOURINHO
Intanto il campionato sta rilanciando l’Atalanta, ritornata tra le prime 4 e quindi nel pieno della zona Champions che le compete. E la Lazio che grazie ai gol del solito Immobile e all’avvenuto processo di trasformazione di Luis Alberto - da rifinitore a centrocampista di fantasia- sta finalmente mettendo in pratica i dogmi del “sarrismo”. Le due hanno scavalcato la Roma, vittima del caos, verbale ma anche tattico, innescato in questi ultimi tempi da Mourinho. Se la prende con tutti, con la rosa non all’altezza, con i giocatori che sbagliano i gol, e ovviamente con gli arbitri. Ma finora ha saputo mostrare ben poco dal punto di vista innovativo. Mettere 4 o 5 attaccanti quando si deve recuperare il risultato può funzionare una volta (contro il Sassuolo), ma non deve essere la regola. A Venezia ha perso in contropiede quando, sul 2-2 , ha voluto vincere sbilanciando in toto la squadra. E chi è “speciale” di questi errori elementari non dovrebbe proprio commetterne.

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