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Juve, l'ora di Perin e il rimpianto Haaland

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Che partita e che emozioni ci ha regalato Roma-Sassuolo. Un inno al calcio, quello bello. Mourinho cala così il pokerissimo di vittorie (5 su 5) nella serata della sua panchina numero 1000. E così la Roma si aggrappa alla testa della classifica facendo da terzo incomodo a Milan e Napoli. Che già pregustavano un testa a testa come ai bei tempi targati Gullit-Van Basten vs Maradona-Careca. La terza giornata (che vede staccarsi dalla vetta Inter e Lazio) regala anche le imprese di un Torino finalmente convincente contro la Salernitana e di un Genoa vittorioso in… remuntada a Cagliari. E soprattutto certifica la crisi di una Juventus in zona rossa con 1 punto e a -8 dal terzetto delle fuggitive.

Getty Images

L’ORA DI PERIN – La Champions incombe, con la trasferta svedese di Malmoe che non può e non deve far paura alla Juventus, anche a questa Juve da zona retrocessione. Ma le cappelle in serie di Wojciech Szczesny, Tek per compagni di squadra e amici, devono indurre lo staff tecnico bianconero a una riflessione profonda. Anche perché in panchina c’è un Mattia Perin reduce da una rigenerante stagione nel “suo” Genoa dopo anni di infortuni, ricadute e sfighe varie e assortite. Mattia, classe ’92, ha l’età e l’esperienza giuste (220 partite in A) per difendere la porta della Juve. E’ vero, non ha una importante storia internazionale (tanti anni nel giro azzurro ma solo 3 presenze; zero partite nelle coppe europee). Ma la Juve – e i tifosi un po’ più attempati lo ricorderanno bene - ha già vissuto una stagione con turnover tra i pali: successe con Trapattoni in panchina nell’annata 1984-85 (quella che si chiuse con la tragica vittoria della Coppa dei Campioni all’Heysel) quando gli alti e bassi (dentro e fuori dal campo) fecero perdere il posto a Stefano Tacconi a favore di Luciano Bodini. Che giocò 18 partite di campionato su 30 (dalla decima alla 27esima giornata), 4 di Coppa Campioni (quarti contro Sparta Praga e semifinali contro Bordeaux) e la finale di Supercoppa europea a Torino contro il Liverpool.

IL RIMPIANTO – Certe volte l’attualità è impietosa… Proprio mentre Kulusevski giocava (e perdeva) a Napoli contro la Juventus, Haaland aveva appena finito di giocare e segnare una doppietta decisiva nella vittoria per 4-3 del suo Borussia Dortmund in casa del Bayer Leverkusen. Entrambi “nordici” (svedese lo juventino, norvegese Haaland), entrambi classe 2000, entrambi attaccanti (vero e proprio centravanti il 9 del Borussia, centrocampista offensivo Kulusevski). Il destino ha voluto che a fine 2019 la Juve avesse la possibilità di tesserare la giovane stella (allora) del Red Bull Salisburgo. Considerata eccessiva la richiesta dell’operazione (22 milioni al club più 15 di commissione al suo procuratore Mino Raiola: totale 37), i dirigenti bianconeri a gennaio 2020 chiusero l’acquisto (dall’Atalanta) di Kulusevski lasciandolo fino a fine stagione al Parma. Al costo di 35 milioni più 9 di bonus: totale 44. Adesso, considerato che dal suo arrivo Haaland ha uno score di 47 partite e 45 gol e in Champions di 10 gare a 12 reti e che Kulusevski risponde con 37 presenze e 4 centri in A mentre è ancora a secco in Europa, il domandone è: chi ha fatto l’affare? Nota bene: nella Juventus - da poco più di un anno da quando si chiusero le due trattative di mercato – non c’era più Beppe Marotta…

SOTTO ACCUSA – In casa Inter va di moda il “dagli ad Handanovic”. Per carità, più che legittimo che la società pensi al futuro e più che normale che stampa e tifosi diano votacci al portiere sloveno per i suoi errori. Ma per la vittoria sfumata di Marassi la maglia-Inter più sotto accusa dovrebbe forse essere più che la numero 1 la numero 10 di Calhanoglu: clamoroso il gol che si mangia nella ripresa, sul 2-2, con quel comodo tiro a centro area spedito a lato. Un errore da matita blu costato probabilmente due punti all’Inter.

COERENZA – Alla vigilia del campionato praticamente tutti i gruppi ultrà avevano deciso di non tornare a frequentare gli stadi finché non si fossero riaperti al cento per cento senza restrizioni e regole (mascherine, distanziamento, eccetera…) obiettivamente poco praticabili sugli spalti. Ebbene, quasi tutte le tifoserie hanno evidentemente cambiato idea in corso d’opera. Con qualche rara eccezione come quella degli Ultras Tito Cucchiaroni della Sampdoria. A cui va, se non altro, il premio… coerenza.

NERVI TESI – Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere… Lo cantavano negli anni Sessanta i Rokes. Che evidentemente non sono il gruppo preferito da Maurizio Sarri e Gian Piero Gasperini. Bravi allenatori ma pessimi… perditori. A San Siro il tecnico della Lazio ha cominciato sbraitando e protestando dalla sua area tecnica (e ben oltre…) per finire battibeccando con i calciatori rossoneri e guadagnandosi un cartellino rosso. Sabato sera Gasperini ha spiegato la sconfitta contro la Fiorentina parlando di “risultato determinato da decisioni poco limpide”. Riassumendo: era giustamente da annullare il gol in fuorigioco di Djimsiti così come erano netti i due rigori assegnati ai viola. Un detto dice: un bel tacere non fu mai scritto…

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