L'OPINIONE

I "margini" di Allegri e la "smentita" di Inzaghi: misure anti-crisi di Juve e Inter

I bianconeri possono tornare "risultatisti", i nerazzurri hanno bisogno di una vecchia identità

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Sicuramente le gare di Udine e Monza hanno sancito in modo netto la crisi probabilmente irreversibile di Inter e Juventus. Hanno rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma sono state le ultime rappresentazioni di una serie raccapricciante di uscite deprimenti. Sia per i nerazzurri che per i bianconeri. La squadra di Inzaghi, finora, non ha sofferto in campionato solo contro lo Spezia, e ha vinto in scioltezza soltanto contro il Viktoria Plzen, squadra dai ritmi da torneo amatoriale. Quindi il male oscuro - ma nemmeno tanto oscuro - prescinde dai cambi di Udine. E' una costante già emersa nelle gare amichevoli precampionato. La Juventus è stata messa sotto, sul piano del gioco e in maniera talvolta umiliante, da quasi tutte le avversarie finora affrontate. Solo nel primo tempo contro la Roma era stata all’altezza del suo blasone. Ma a quei suoi 45 minuti di gloria aveva sicuramente contribuito anche l’atteggiamento eccessivamente prudente della squadra di Mourinho. Ricordate il secondo tempo di Firenze con i bianconeri incapaci di uscire dalla loro tre quarti? Uno scempio. Una vergogna. E quel che peggio, non un fatto isolato.

LA JUVE HA MARGINI DI MIGLIORAMENTO
Inter e Juventus
perdono il filo, le distanze tra reparto e reparto, quando trovano avversari organizzati e aggressivi. Rappresentano l’altra faccia del gioco del Milan che, al contrario, corre, lotta, fa pressing in maniera coordinata, il tutto su ritmi per ora ancora sconosciuti a bianconeri e nerazzurri. La Juventus, nonostante la pochezza finora mostrata, può avere sicuri margini di miglioramento. Molto banalmente perché Allegri non inventa calcio ma sa gestire (o almeno dovrebbe) le risorse che la società gli mette a disposizione. E parlando di risorse non si possono ignorare i tanti giocatori “pesanti” fermi ai box, pilastri di cui ha dovuto fare a meno. E alludo principalmente all’ondivago Di Maria, a Pogba e a Chiesa. Sia chiaro, la Juve di questi ultimi tempi ha niente a che vedere con lo squadrone del recente passato. Ma migliorando la qualità della rosa e con essa la condizione atletica, Max potrebbe ritornare a essere “risultatista”. Anche se il condizionale è per lo meno doveroso.

L'INTER HA PERSO IDENTITA'
L’Inter si è attorcigliata su sé stessa. Non è più la squadra di Conte, tanto meno quella di Inzaghi della passata stagione. E' un ibrido con poca qualità complessiva (non ci voleva un genio per capire quanto Perisic sarebbe mancato) e con un’ipotesi di gioco che anziché esaltare i pregi e le caratteristiche dei singoli, ne evidenzia i difetti. Gioca un calcio che pretende di fare la partita, ma che quasi sempre la subisce. Gli attaccanti avversari ne pressano i difensori e la costruzione dal basso - concessa ai piedi ruvidi di Skriniar o Dumfries - diviene inattuabile. L’alternativa diviene la palla lunga. Che inevitabilmente “allunga” il campo e di conseguenza lo spazio che i centrocampisti debbono presidiare. Con ciò che ne consegue (ammonizioni, falli o amnesie) se la condizione è quella che è. Non c’è dubbio che Simone Inzaghi sia andato nel pallone. Ma ciò accade quando ti accorgi che ciò che prima c’era (un anno fa) ora non c’è più. E ogni tentativo di rimettere le cose a posto diviene un fallimento. E il riferimento ai cambi di Udine non è per niente casuale. Manca Lukaku, è vero, e non è cosa da poco. Ma la sua imprescindibilità diverrebbe tale se l’Inter ritornasse al calcio di Conte che ne esaltava le peculiarità. Ovvero: abbassare il baricentro e creare praterie nella metà campo avversaria. Per Inzaghi vorrebbe dire smentire il recente passato. Ma se la società ingaggia Lukaku, anziché Dybala, non può essere che così.

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