L'IMPRESA

Le mille anime di Gasp: cambiano gli uomini ma non il gioco e i risultati 

L'allenatore dei bergamaschi ha dato una continuità e un'identità ai suoi che hanno portato l'Atalanta a livelli mai visti prima

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La semifinale di Champions scippata nel recupero dal Psg nel 2020, dopo aver passato un girone che sembrava totalmente compromesso, e aver eliminato il Valencia agli ottavi, l'atto conclusivo della Coppa Italia nel 2019, 2020 e 2024, aver piazzato stabilmente l'Atalanta nell'elite del calcio continentale, la finale di Europa League appena conquistata, le due vittorie ad Anfield sul Liverpool di Klopp. Otto anni con Gasperini alla guida hanno portato i bergamaschi sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori e gli appassionati di calcio d'Europa. 

Nel terrapiattismo trionfante del calcio attuale, però, quello delle opinioni sul web in cui qualunque post diventa legge, ecco che anche per Gasp riecheggia l'immortale nenia degli ignoranti: "Cosa ha vinto?". Come se ottenere tutto quello che ha ottenuto alla guida dell'Atalanta (ribadiamo Atalanta, non Juventus, Milan e Juve) sia comunque una cosa dovuta. E si è arrivati al clamoroso paradosso per cui i bianconeri torinesi possono permettersi di fare stagioni in cui lo scudetto lo vedono con il binocolo, ma l'annata diventa positiva perché si conquista un posto in Champions, e l'allenatore dei nerazzurri bergamaschi, invece, verrebbe criticato se per caso non dovesse vincere nessuna delle due finali raggiunte con qualcosa che assomiglia molto a un'impresa.

Ma qui entrano in gioco altri fattori, quelli della stampa a favore che si trascina dietro tutta la melma social. Non è nemmeno una questione di gioco. Perché se si valutasse quello, a Gasperini dovrebbero fare una statua equestre. All'estero se ne sono accorti, tanto che dopo Anfield ci sono stati elogi sperticati per la qualità della manovra atalantina da parte di autorevoli giornali inglesi e spagnoli. Da noi si sa che non si può. "Cosa ha vinto?", il mantra che diventa la base di qualsiasi discussione e non al bar, lì sarebbe anche normale. Gasp è sbottato sull'argomento qualche tempo fa, chiedendo a un giornalista se per caso il fatto di non essere diventato direttore faccia di lui un fallito.

L'esempio era anche calzante ma chissà se qualcuno lo ha capito. Gasperini ha ottenuto, in otto stagioni a Bergamo, risultati clamorosi e notevoli sprazzi di calcio di alto livello passando da Ilicic, Gomez, Pessina, Zapata, Muriel, Højlund a De Katelaere, Scamacca, Koopmeiners, Lookman in un continuo tourbillon di nomi che passano, vengono valorizzati, venduti (qualcuno anche a caro prezzo), comprati e rivenduti sempre mantenendo la squadra ad alto livello e con una precisa identità. Magari vengono rimodellati alcuni concetti (il pressing può essere più moderato o l'aggressione meno orientata sull'uomo, la manovra più diretta o con una costruzione meditata), il sistema può essere aggiustato (3-4-3, 3-4-2-1, 3-4-1-2 ma anche 4-2-3-1), ma i principi di base restano quelli.

Ed è proprio il motivo per cui l'Atalanta continua a restare a questi livelli: un allenatore che ha un'idea e la porta avanti, giocatori che sanno cosa fare. E' così complicato? Sì perché ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che ottiene risultati perché ha giocatori più forti di altre squadre. Quindi, visto che ha cambiato tantissimo, sono otto anni che ha i singoli migliori della serie A. Tanto vale tutto. Ovvio che ci voglia una società che sappia assecondare il tecnico e che sappia trovare giocatori sconosciuti con una base valida su cui lavorare per permettere all'allenatore di valorizzarli. Poi ci vuole tempo. Quello che, per esempio, non gli ha dato Moratti nel mese passato all'Inter. Lui voleva giocare con una difesa a tre con Zanetti centrale di destra pronto a inserirsi in avanti come adesso fanno, ad esempio, Pavard o Darmian e Bastoni. Gasperini, 13 anni e mezzo fa, era uno da cacciare. Adesso lo fa Inzaghi tra il tripudio di cori e bandiere. 

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