FUORICLASSE

Buon compleanno Dan Peterson! 85 anni della leggenda del basket e della tv

Statunitense di nascita, ma italiano di piena adozione e con l'Olimpia nel cuore. È diventato un vero e proprio mito della pallacanestro

  • A
  • A
  • A

Icona leggendaria del basket e della televisione, inventore di storici tormentoni, dotato di un’irrefrenabile simpatia e amato trasversalmente. Dan Peterson festeggia 85 anni, di cui quasi 50 vissuti in Italia. Molti i successi da allenatore; indimenticabile il decennio d’oro sulla panchina di Milano. Poi, tantissime telecronache: “fe-no-me-na-li” racconti di partite che hanno contribuito a fare crescere la popolarità della pallacanestro in Italia.

Sarà stata solo una semplice coincidenza, ma essere nato nello stesso anno della sua Olimpia doveva fare parte di un ‘piano’ che lo avrebbe inevitabilmente legato a questo club. Perché Daniel Lowell Peterson, nato a Evanston (Illinois) il 9 gennaio di 85 anni fa, ha trovato a Milano il coronamento della sua carriera, i successi che lo hanno reso intramontabile: in sostanza, la casa in cui restare per tutta la vita. Ma, come sosteneva lo statistico David John Hand, “il caso non esiste”. E di certo i successi ottenuti nella sua pluridecennale carriera sono lì a dimostrarlo.

Da coach nelle giovanili locali passa poi alle Università: Michigan State, USNA e Delaware, dove rimane come capo allenatore per cinque anni. Una decisione quasi inaspettata lo indirizza alla guida della Nazionale del Cile. Siamo nel 1971 e quella squadra avrebbe conquistato, con lui in panchina, il sesto posto ai Campionati del Sud America. A questo punto per il mitico Dan giunge il momento del grande balzo in Europa: il ’73 è l’anno dell’approdo a Bologna.

Con la Virtus conquista la Coppa Italia (’74) e lo Scudetto (’76). Quei trionfi sono soltanto il preludio della lunga stagione milanese: un decennio che entrerà di diritto nella leggenda della pallacanestro italiana. Dal 1978 al 1987 l’Olimpia inserirà nella propria bacheca 4 Scudetti (1982, 1985, 1986 e 1987), due Coppe Italia (1986 e 1987), una Coppa Korac (1985) e soprattutto la Coppa dei Campioni del 1987. Dopo questo sensazionale ‘triplete’, Peterson si ritira, lasciando il comando della corazzata meneghina al suo vice, Franco Casalini. Tuttavia l’Olimpia gli resterà nel cuore. E trascorreranno ben 24 anni prima di accettare di tornare su quella affascinante (ma allo stesso tempo incandescente) panchina, per guidare la difficilissima transizione della stagione 2010-2011, subentrando all’esonerato Piero Bucchi. Il nome di Dan Peterson è più che sufficiente per placare gli animi e completare l’annata.

Anche perché nel frattempo, già a partire dagli anni ’80, è diventato popolarissimo con le sue telecronache. Racconti delle partite di basket che oggi definiremmo “virali”. Perché è grazie anche a quell’inflessione della lingua italiana (che nei decenni passati nel nostro Paese non è cambiata di una virgola) che lo abbiamo amato. Per non parlare del vastissimo campionario delle sue frasi più belle: alcune estemporanee, altre diventate una sorta di tormentone e suo marchio di fabbrica, perché contornate da quella naturale simpatia che lo ha sempre contraddistinto.

Dal suo accoglierci con “Amici sportivi, e non sportivi…” a “Mamma, butta la pasta!”, per specificare che una partita è ormai finita, passando per “Fe-no-me-na-le”, per indicare una giocata di altissimo livello. Da lui sappiamo che non bisogna “mai sanguinare davanti agli squali” e che “non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente”. Sempre grazie a lui siamo stati a conoscenza del fatto che Kareem Abdul-Jabbar soffrisse spesso di “micraina”. Per non parlare della geografia degli Stati Uniti: per esempio Illinois si pronuncia “Ilinoi”, Chicago si dice “Scicago” e Denver è soprannominata “Mile High City”. O meglio, come traduce Dan, “la città un miglio alta”. Dopo le telecronache del basket, toccherà anche al wrestling.

Oggi spegne 85 candeline. E, a vederlo adesso, una delle prime cose che vengono subito in mente è che non è possibile. Non può: perché ne dimostra almeno venti di meno. Non può: perché solo l’altro giorno attraversava i campi da gioco con passo veloce. Non può: perché non può. E basta. Ci sia consentito allora di prendere a prestito e parafrasare un suo celebre payoff pronunciato nel passato: caro Dan, per noi (sei e resterai sempre)… “Numero 1”.

Durante il lockdown, l'appuntamento della "Rubrica del Coach" era diventata quotidiana: Peterson ci ha raccontato aneddoti, curiosità e ricordi della sua carriera: rivedi tutte le clip!

Commenta Disclaimer

I vostri messaggi 0 comments