IL RITRATTO

Black Mamba, un guerriero con il sorriso italiano

La forza mentale e la voglia ossessiva di essere il numero 1

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È uno dei tre, quattro della storia. Forza, talento e ostinazione allo stato puro. Un prescelto prima del Prescelto. Uno dei tre, quattro - anche qui - dei quali non ti capaciti. Non può essere. È una stramaledetta fake. Di pessimo gusto tra l'altro. Su di lui non si scherza. Nato con MJ come esempio, come modello di vita, è diventato un MJ lui stesso. Felino, poetico, dannatamente concreto.

Lui e la "zone", la fase di trance agonistica (molto jordaniana, tra gli altri) nella quale niente era impossibile. Nessuno con la sua dedizione. Maniacale. Gli allenamenti personalizzati all'alba, i video della partita da vedere e rivedere in piena notte in aereo, mentre i compagni dormivano. Uno dei massimi studiosi del gioco. La voglia ossessiva di essere il numero 1, alimentata dalla necessità di sgombrare ogni dubbio sull'etichetta di figlio di papà, con papà Joe giocatore NBA a sua volta. E tutte le difficoltà con i suoi genitori. Maschio alfa, personalità devastante, il sorriso stampato (fuori dal campo) tutta l'Italia e l'italianità che aveva addosso.

E poi il rapporto mistico con Phil Jackson, quello pessimo con Shaq, i successi, il threepeat, gli infortuni, i 60 punti dell'ultimo ballo e il discorso dell'addio al basket che ci ha fatto piangere tutti. Kobe non dimenticava niente, era l'impersonificazione dell'ego declinato in competizione pura. Tutto per migliorate. Tutto per vincere. Ossessivo. La forza mentale, Mamba mentality, un guerriero, che come tutti i grandi ci ha sempre dato la sensazione di aver vissuto mille vite nella vita che ha vissuto. Tutto al massimo, lontano anni luce dalla normalità. Tutto subito, aggressività costante, mai fermarsi. Egoriferito, con annessi pro e contro. Più degli altri, prima degli altri, tutto sempre in una fiammata. Come la morte.

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