LA PRIMA VOLTA

Accadde oggi: lo squillo da big dell'Italrugby, Irlanda ko per la prima volta nella storia

Il 6 maggio 1995 gli Azzurri posero le fondamenta del loro ingresso nell'élite europea con la prima di una serie di inattese vittorie

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Perché l’Italia è nel Sei Nazioni?’. Anche a chi guarda distrattamente il rugby è sicuramente capitato, negli ultimi anni, di aver sentito tifosi, opinionisti o addetti ai lavori porre questa domanda. I recenti insuccessi degli Azzurri nel torneo più importante d’Europa (l’ultima partita vinta risale al 2015) hanno acceso da tempo il dibattito sulla legittimità o meno della presenza dell’Italia nel ‘Championship’. Eppure, quel posto tra le sei più grandi nazionali di rugby europee l’Italia se l’è guadagnato con pieno merito, lavorando duramente negli anni e raccogliendo risultati clamorosi in tempi non sospetti, durante l’epoca di transizione della palla ovale da disciplina per soli amatori a sport professionistico. È proprio durante questo periodo che arrivò la prima, grandissima vittoria contro una nazionale dell’allora Five Nations, un risultato di cui, il 6 maggio, si festeggia il venticinquesimo anniversario: stiamo parlando dell’impresa degli uomini allenati da Georges Coste contro l’Irlanda, un 22-12 che pose le fondamenta per l’ingresso azzurro nell’èlite europea.

La storia parte nella prima metà degli anni '90. Fino a quel momento gli Azzurri, seppure forti di un movimento in costante crescita, non sono considerati ‘degni’ di sedere al tavolo delle grandi, un tavolo riservato alle Home Nations (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda), alla Francia e alle tre grandi dell’Emisfero Sud (Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica). Alla vigilia del passaggio al professionismo della palla ovale, però, le cose iniziano a cambiare: alla guida tecnica della squadra arriva, nel 1993, Georges Coste e nel frattempo emergono i talenti di alcuni giocatori che faranno la storia del rugby azzurro, su tutti un ‘piccolo’ genio venuto dall’Argentina per difendere i colori del Paese dei suoi avi, Diego Dominguez.

Quella Nazionale così scarsamente considerata, sotto la guida di Coste, parte subito col botto, nel novembre 1993, battendo per 16-9 la Francia A1 (una selezione di ‘riserve’ con dovute virgolette, visto che diversi componenti della squadra vantavano una discreta esperienza a livello internazionale) a Treviso. Poco più di un mese dopo, gli azzurri battono anche la Scozia A (anche qui una selezione ‘mascherata’, con diversi elementi già parte della prima squadra) per 18-15 a Rovigo. È il segnale che qualcosa sta cambiando: l’anno successivo l’Italia dà filo da torcere addurittura alla grande Australia di David Campese e Michael Lynagh, campione del mondo in carica, perdendo 20-23 a Brisbane e 7-20 a Melbourne nel mese di giugno. A ottobre sfiora l’impresa a Cardiff contro il Galles (quello vero, senza sigle, campione in carica del Five Nations), uscendo dall’Arms Park con dieci punti di distacco (19-29) ma lo stesso numero di mete, una ciascuno.

Nell’ambiente si inizia a sentire aria d’impresa, alla vigilia tra l’altro di un torneo chiave per la storia della palla ovale, la Coppa del Mondo in Sudafrica. Proprio nella fase di preparazione alla rassegna iridata, è in programma un test match fra Italia e Irlanda a Treviso, il 6 maggio 1995. Questa la formazione mandata in campo da Coste: piloni Massimo Cuttitta (capitano) e Franco Properzi, tallonatore Carlo Orlandi, seconde linee Roberto Favaro e Mark Giacheri, terze linee ali Orazio Arancio e Julian Gardner, terza centro lo sfortunato Pierpaolo Pedroni (scomparso nel 2009), mediano di mischia Alessandro Troncon, mediano d'apertura Diego Dominguez, ali Marcello Cuttitta e Massimo Ravazzolo, centri Massimo Bonomi e un altro giocatore andato via troppo presto (nel 1999), Ivan Francescato. A chiudere la formazione è Paolo Vaccari, schierato estremo. A disposizione, Massimiliano Capuzzoni, Stefano Bordon, Luigi Troiani, Francesco Mazzariol, Mauro Dal Sie e Moreno Trevisiol. Dall’altra parte il coach dei verdi, Gerry Murphy, non fa troppi esperimenti e manda in campo la miglior formazione possibile, capitanata dal tallonatore Terry Kingston. Una nota curiosa arriva dall’elenco delle riserve, di cui fa parte Alain Rolland, che da lì a pochi anni diventerà uno degli arbitri internazionali più apprezzati al mondo. L’unico precedente ufficiale risale al 1988, una comoda vittoria irlandese per 31-15.

Agli ordini del leggendario arbitro inglese Tony Spreadbury le due squadre iniziano una battaglia di trincea, con Paul Burke e Diego Dominguez che si sfidano dalla piazzola. Il primo tempo finisce sul 12-9 per gli ospiti, con quattro piazzati di Burke da una parte e due di Dominguez, che aggiunge a tabellino un drop, dall’altra. Dopo l’intervallo, però, l’Italia ha il fuoco negli occhi: prima pareggia i conti con un’altra punizione del talento nato a Cordoba e poi mette le mani sul match sfruttando l’agilità di Vaccari, che al 55’ firma l’unica meta dell’incontro, trasformata dal numero 10 azzurro. L’Irlanda è spiazzata e non riesce a reagire, l’Italia controlla con grande sapienza tattica fino all’80’: al fischio finale è apoteosi azzurra. Si tratta della prima vittoria contro una big, è come se il movimento dicesse in coro: “Ci siamo anche noi”. Il mondiale sudafricano non darà purtroppo seguito alle aspettative, ma il treno dell’Italrugby ha iniziato a muoversi.

L’anno decisivo è il 1997: l’Italia batte ancora l’Irlanda il 4 gennaio, stavolta in trasferta (37-29, protagonisti ancora Dominguez e Vaccari) e pochi mesi dopo festeggia la storica impresa di Grenoble contro la Francia (40-32 con le mete di Croci, Francescato, Gardner e Vaccari). A dicembre arriverà il tris contro i verdi, all’Arcoveggio di Bologna (37-22, mete di Dominguez, Pilat e Stoica). I tempi ormai sono maturi: il 16 gennaio 1998, in una storica riunione del comitato del Cinque Nazioni svoltasi a Parigi, l’Italia viene ammessa al Torneo, che a partire dal 2000 diventa quindi Sei Nazioni. Una decisione il cui punto di partenza è proprio la vittoria che oggi compie 25 anni e che, in qualche modo, dimostra che a presenza degli Azzurri al Sei Nazioni non è nata in modo casuale.
 

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