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CICLISMO

Accadde oggi: la prima Milano-Sanremo tra imbrogli e botte

Il 14 aprile 1907 si corse l'edizione iniziale della “Classicissima di Primavera”: vinse Petit-Breton con l'aiuto di Gerbi, che favorì il francese per 2.175 lire

14 Apr 2020 - 08:31

Un viaggio in automobile, una bottiglia di champagne e una proposta indecente: nacque così la Milano-Sanremo, una delle classiche monumento del ciclismo. Quasi trecento chilometri di fatica e sudore nel solco tracciato dalle leggende del passato, per iscriversi nell'albo d'oro di una delle corse più prestigiose del mondo. Una storia ultracentenaria, interrotta solo dalle guerre mondiali e dalla pandemia del coronavirus.

La prima edizione della Milano-Sanremo fu disputata esattamente 113 anni fa, il 14 aprile 1907. In realtà questa distanza era coperta da una corsa automobilistica, ma gli organizzatori rimasero delusi dalla riuscita. Arrivati a Sanremo, stapparono comunque una bottiglia di champagne. Tra un bicchiere e un altro, un'idea che sembrava frutto dell'alcool: «Ma perché non la facciamo in bici?». Qualche risata, finché Eugenio Costamagna, allora direttore de «La Gazzetta dello Sport», rispose: «Come no!». Era nata una storia leggendaria, ma nessuno poteva immaginarlo.

L'esordio di quella che sarebbe diventata la “Classicissima di Primavera” impaurì non poco gli organizzatori. Anche a causa del diluvio e del freddo, solo 33 corridori su 62 si presentarono all'Osteria della Conca Fallata, punto di ritrovo per la partenza. E poi c'erano le difficoltà nel maneggiare il mezzo. I più giovani dimentichino le attrezzature leggere e moderne: in comune con quelle del 1907 avevano le due ruote e poco altro. Le bici da corsa di inizio Novecento avevano parafango, campanello, fanalino, mentre erano composte da tubi d'acciaio, cerchi di ferro e gomme di almeno mezzo chilo. Pesavano oltre 14 chili: per portarle avanti in salita occorrevano gambe speciali, non a caso erano i tempi del ciclismo eroico. Anche le modalità della corsa erano totalmente differenti: ogni corridore aveva con sé pinze, viti, cacciaviti, fil di ferro per riparare eventuali guasti e bottiglie di vino, grappa e un cappotto per resistere al freddo. Altro che ammiraglie, altri tempi.

L'italiano più atteso era Giovanni Gerbi, un astigiano chiamato “Diavolo Rosso”. Perché si vestiva di questo colore ma anche perché aveva un carattere rissoso e si ingegnava a trovare sotterfugi per uscire dalle difficoltà della vita. Che nel 1907 imponeva la miseria. Gerbi sapeva che la Bianchi avrebbe dato al compagno di squadra Lucien Petit-Breton un premio di 15 lire al chilometro in caso di vittoria, quasi sette volte di più rispetto a quanto gli era stato promesso se invece fosse stato lui a tagliare per primo il traguardo. Popolano furbo, propose al francese un accordo: “Ti do una mano a vincere, ma ci spartiamo il premio-vittoria”. Petit-Breton accettò. Per Gerbi era un affare da 2.175 lire, arrivate dopo aver messo le mani al collo a Gustave Garrigou, che aveva avuto - pensate un po' - la malsana utopia di vincere

Le edizioni immediatamente successive non furono meno epiche. Nel 1910, ad esempio, arrivarono solo in quattro su 70: trionfò Eugene Cristophe tra pioggia, neve e gelo, rifugiandosi in un casolare contadino, dove lo riscaldarono con un ferro da stiro e gli diedero della biancheria asciutta. Più tardi sarebbero arrivati Costantino Girardengo (11 podi e sei successi alla Milano-Sanremo), le due guerre mondiali ed Eddy Merckx: il Cannibale ha trionfato nella città dei fiori per ben sette volte, più di ogni altro nella storia, tra il 1966 e il 1976. 
La corsa non ha mai cambiato le sembianze, se non nel tratto finale (nel 1960 fu introdotto il Poggio, nel 1982 la Cipressa), è diventata meno romanzesca ma non per questo meno difficile ed emozionante. Quella inizialmente prevista per il 21 marzo è la 111esima edizione: la pandemia e il lockdown hanno costretto gli organizzatori al rinvio di questo e di altri grandi appuntamenti.

Hanno subìto lo stesso destino anche Giro d'Italia (di cui si è già prospettata una versione autunnale), Tirreno-Adriatico, Parigi-Roubaix, Freccia Vallone, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro delle Fiandre, Amstel Gold Race e Strade Bianche. Il Tour de France non si è ancora arreso ma è difficile che parta il 27 giugno, mentre si farà di tutto per salvare i Mondiali svizzeri di Aigle-Martigny (al momento confermati per la settimana dal 20 al 27 settembre). Insomma, il calendario internazionale è stato sconvolto: il 2020 delle due ruote non è ancora cominciato e almeno fino al primo giugno non partirà. Le uniche manifestazioni di rilievo disputate sono state l'UAE Tour e la Parigi-Nizza (peraltro con le tappe finali cancellate). Ora c'è da affrontare la salita più dura: raggiunto questo Gran Premio della Montagna, tuffarsi nella Milano-Sanremo sarà ancora più dolce.

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