BUON COMPLEANNO

Buon compleanno Clint Eastwood! Il regista che ha raccontato la boxe e il rugby

Il mito di Hollywood compie oggi 90 anni: tra i tanti capolavori che ha interpretato e diretto, c'è stato anche lo sport, con “Million Dollar Baby” e “Invictus”

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Tanti auguri a Clint Eastwood. Il grande attore e regista californiano spegne oggi 90 candeline. Diventato famoso in tutto il mondo grazie ai capolavori western di Sergio Leone, Eastwood ha interpretato molti personaggi e diretto numerosi film, aggiudicandosi per cinque volte l’Oscar. Tra le sue pellicole, indimenticabili sono quelle di ambientazione sportiva: “Million Dollar Baby” sul mondo della boxe e “Invictus” sulla storica Coppa del Mondo di rugby 1995.

Getty Images

Di lui, Sergio Leone diceva: “Ha soltanto due espressioni, con il cappello e senza”. Erano gli anni in cui Clint Eastwood, che oggi compie 90 anni, recitava e diventava famoso con la trilogia del dollaro, composta da “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto, il cattivo”. Acquisita fama mondiale per trent’anni con il personaggio del duro, sia nel western (dalle pellicole ‘leoniane’ di metà anni ’60 a “Gli spietati” del 1992, con la svolta del duro antieroe) sia nel poliziesco (i film dedicati al terribile ispettore Callaghan), Eastwood rifonderà successivamente il proprio personaggio. Nato a San Francisco il 31 maggio 1930, i ruoli interpretati dal cinque volte premio Oscar si trasformeranno negli anni Duemila nella paziente lentezza filosofica di un personaggio della terza età, chiamato dalla sua coscienza a soffermarsi sul senso della vita: basti pensare ad esempio a “Gran Torino” oppure a “The Mule”. Ed è proprio in questo filone di inizio terzo millennio che Eastwood decide di trattare anche la tematica sportiva, la quale viene analizzata in particolare con “Million Dollar Baby” e “Invictus”. In questi due capolavori, il regista californiano è riuscito a unire, in maniera pressoché perfetta, il lato sportivo a quello sociale.

In “Million Dollar Baby”, uscito nel 2004, Eastwood tratta il mondo della boxe. La storia infatti parla di una giovane, Maggie Fitzgerald (Hilary Swank) che è costretta a vivere facendo la cameriera per tirare avanti. Un giorno, però, la ragazza si iscrive alla palestra di pugilato in cui insegna Frankie Dunn (interpretato da Eastwood), per diventare una vera pugile professionista, a 32 anni di età. All’inizio l’allenatore non accetta l’idea che una ragazza cerchi di entrare tenacemente in un ambito sportivo in cui sono gli uomini a farla da padrone e non la prende nemmeno in considerazione. Quando però anche il suo ultimo pugile lo abbandona, Frankie decide di prendere Maggie come propria atleta e di allenarla personalmente. Si viene a creare così un vero e proprio rapporto padre-figlia tra i due che, allo stesso tempo, porterà anche ottimi risultati sul ring. La giovane riesce a trovare quella strada di riscatto sociale da lei sempre agognato. Per il suo allenatore, invece, si tratta di una vera rivincita da un punto di vista professionale, perché per la prima volta non verrà più considerato un coach di passaggio, in procinto di fare il grande salto professionale, ma un vero e proprio guru, di cui seguire ogni consiglio e suggerimento.

In “Invictus” del 2009, invece, Clint Eastwood si ricollega alla storia del Sudafrica e la fine dell’apartheid. Siamo infatti nel 1995 e un certo Nelson Mandela ha appena vinto le elezioni: dopo decenni di segregazione razziale e per la prima volta da quando è lo Stato diventato indipendente, un nero riesce ad andare alla guida del Paese come presidente della Repubblica. In quell’anno il destino ha voluto che si tenesse, proprio in Sudafrica, la fase finale della Coppa del Mondo di rugby. Gli Springbocks (soprannome con cui è conosciuta la nazionale di casa) sono una delle squadre più accreditate per la vittoria finale. Sul team, però, aleggia ancora l’ombra del razzismo, che si palesa anche nelle situazioni più banali. A cercare di trovare una soluzione e di fare capire le reali potenzialità dei giocatori in campo ci pensa un rugbista in particolare: il capitano François Pienaar (Matt Damon) che, nonostante le difficoltà, riesce a unire due mondi: quello dei bianchi e quello dei neri, che sono stati divisi per troppo tempo in Sudafrica. Grazie anche all’aiuto di Mandela (Morgan Freeman), Pienaar riuscirà a tenere calme le acque, dovendo affrontare anche momenti di vera grande tensione, e contemporaneamente, trascinerà gli Springbocks al successo finale nella competizione iridata dopo aver battuto, in una finale a cardiopalma, i super favoriti All Blacks neozelandesi. Per molti quella vittoria sportiva rilanciò, sotto numerosi punti di vista, l’immagine del Sudafrica a livello mondiale.

Discorso diverso, invece, per “Di nuovo in gioco”, del 2012. Clint Eastwood torna a recitare in un film non da lui diretto per la prima volta dal 1993, impersonando uno di quegli scouts che, a dispetto dei diagrammi dei computer, è in grado di sentire, anche solo dal suono della palla che incontra il guanto, la presenza di un potenziale campione di baseball. Il grande Eastwood, che cede la regia del film al suo assistente di lungo corso Robert Lorenz, interpreta Gus Lobel che, ormai anziano e con problemi di vista, sta per essere emarginato dalla sua squadra. L’aiuto di Mickey, la figlia trentenne (Amy Adams), e del capo degli osservatori della squadra (John Goodman) gli permetteranno però di dimostrare l’importanza del ‘attore umano.

Insomma, il mondo dello sport deve non poco a questo straordinario protagonista del grande schermo per la visibilità che gli ha dato in più occasioni. Buon compleanno, maestro!

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