Al di là della stanchezza, il match con l'Urawa dimostra come le scelte di mercato influenzeranno la tattica. Luis Henrique deve ancora carburare
di Stefano FioreInter, buona la seconda. Dopo il pareggio contro il Monterrey, arriva la prima vittoria targata Cristian Chivu per i nerazzurri che, battendo in rimonta l'Urawa Red Diamonds, ha messo in discesa la qualificazione agli ottavi del Mondiale per Club. Tre punti che fanno morale ma non cancellano ciò che si era già visto all'esordio contro i messicani, la squadra è ancora spremuta mentalmente e fisicamente da un finale di stagione logorante, non solo per i risultati in campo ma per tutto ciò che ne è conseguito, ribaltone in panchina in primis. Cose che possono rallentare pure l'inserimento dei nuovi, come ha dimostrato ieri Luis Henrique, incolore soprattutto nella qualità che gli si chiede di più: il puntare l'uomo per dribblarlo.
Bene fa il tecnico rumeno a usare bastone e carota, da un lato premia i giocatori complimentandosi per la partita seria e ammettendo (prima del match) che "in questo momento non si può fare molto di più"; dall'altro continua a insistere su una (per ora) lieve variazione del ferreo 3-5-2 inzaghiano, più nei movimenti in campo che nelle pedine, per iniziare a far passare il messaggio che bisogna cambiare qualcosa rispetto al recente passato quando tra i giocatori si erano percepiti come segnali di abitudine, quasi noia, al termine di un ciclo di quattro anni fatto di bel calcio e di trofei, anche se magari non proprio tutti quelli attesi. In tal senso le parole di Sommer e Pavard sull'attenzione da ritrovare nei 20' finali dei match erano sembrati proprio dichiarazioni nell'ottica di un cambiamento richiesto dallo spogliatoio stesso.
Sin qui la teoria, o la tattica se preferite. Poi però viene la pratica, e il mercato. Sì perché se Chivu ha idea di "sfoltire" la mediana per mettere un uomo un po' più vicino alla punta - o alle punte - serve il giocatore giusto, serve qualità. Ieri sono stati schierati Zalewski, un adattato che pure qualcosa di buono aveva fatto vedere anche con Inzaghi da mezzala offensiva, e Sebastiano Esposito, destinato all'addio. E il palleggio continuo si è tramutato in un dominio sterile, che sarebbe servito a poco senza l'invenzione di Lautaro Martinez.
Chissà che Valentin Carboni non possa essere una sorpresa in tal senso, sarebbe il ruolo ritagliato su misura per lui. Non dimentichiamo che la parabola del talento classe 2005 si era interrotta bruscamente per l'infortunio al legamento crociato che gli aveva rovinato la chance Marsiglia, dove l'aveva voluto uno che di calcio ne capisce come De Zerbi. E il ct argentino Scaloni, campione del mondo in carica, è un altro estimatore di Carboni. Dopo un infortunio come quello patito otto mesi fa la strategia interista prevedeva di mandarlo in prestito per fargli ritrovare continuità: ma il nuovo corso tecnico e la propensione di Chivu a lavorare coi giovani potrebbero anche aprirgli strade impreviste, ancora colorate di nerazzurrro...