Voci, sondaggi, ammiccamenti ma per ora Allegri studia solo l'inglese

L'ex tecnico della Juve non vuole entrare in corsa in un progetto non suo

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Il suo campo d’allenamento, anche oggi, ha quattro bandierine. Un po’ più lontane rispetto a quelle che delimitavano i prati della Juventus. Da quando ha finito le vacanze, Allegri si divide tra Brescia, Livorno, Milano e Torino. Ovvero tra Ambra, babbo Agostino, la figlia grande Valentina e il figlio piccino Giorgio. Quattro bandierine unite dagli affetti ma separate dalle corsie di autostrade che percorre senza farsi mancare pit-stop legati a calcio e amicizie di vecchia data. Allo stadio è apparso per Milan-Brescia, seduto al fianco di Galliani, per non dimenticare chi ha vinto il più recente scudetto rossonero o più semplicemente ha lasciato il Milan per l’ultima volta in Champions League. Poco distante, in tribuna d’onore a San Siro, c’era Cellino, il presidente che lo volle a Cagliari da giocatore prima e da allenatore poi. Dopo la prima volta in omaggio a due ex dirigenti, c’è stata la domenica scorsa regalata a due ex squadre: Spal-Sassuolo. Un tempo e via: si giocava a mezzogiorno, all’una e mezza era già all’antipasto in un ristorante lì vicino.

Delle ex squadre, non gli resta che visitare la Juventus. Ma non lo farà. La tv gli basta (e l’audio avanza, quando c’è qualche commentatore). Dei bianconeri osserva i risultati e il gioco. Si tiene per sé le considerazioni. Guarda distrattamente le statistiche sulle prime cinque giornate in cui – a spanne – la Juve di Sarri viaggia con metà tiri in porta effettuati e il doppio dei tiri in porta subiti. Non esattamente numeri che fanno il paio con lo spettacolo tanto pubblicizzato.

“Ma alla fine contano i risultati”. Ah, già: questa frase non è nuova, anche se risuona un po’ stonata nelle orecchie dell’allenatore liquidato dopo cinque scudetti e quattro Coppe Italia, eccetera, eccetera. Risuonerà, nei prossimi giorni, pure qualche frase in inglese. Quella sui risultati oggi la pronuncia più o meno così: “Result is all”. In Inghilterra, nelle prime due settimane di ottobre, forse gli insegneranno anche un’altra espressione. Meno italianizzata e quindi più corretta. E’ lì, a Londra e dintorni, che Allegri ha intenzione di migliorare il proprio inglese, anche se non sa nulla – giura - del Tottenham che mette in bilico Pochettino.

Qualche giorno fa c’erano state invece le indiscrezioni sul Real Madrid, ma poi Zidane ha vinto a Siviglia. E se anche dalle parti di Parigi c’è Tuchel che non se la passa tanto bene, figuriamoci se a qualcuno non verrà in mente di accostarlo al Milan se Giampaolo dovesse scivolare sempre più giù. In verità Allegri non vuole entrare in corsa. Spera di continuare quest’anno sabbatico nel quale perimetro in cui muoversi non gli manca ed è anche più ampio delle quattro bandierine di un campo d’allenamento: da Brescia con Ambra a Livorno con il babbo, da Milano con Valentina a Torino con Giorgino. C’è da far viaggiare la macchina. Perfino più che il pallone.

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