Nel calcio la lista dei precedenti è lunga: ci sono anche Luis Suarez e Cech nella storia più recente
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Il triangolo Lookman-Inter-Atalanta ha gli spigoli avvelenati. La storia più intrigante del mercato estivo 2025, con un futuro tutto da scrivere, non è l’ultima in cui sono protagoniste le promesse. In questo caso, a dire di Lookman, quelle non mantenute dalla società bergamasca. Il nigeriano contava di essere libero e corteggiabile senza confini. L’Atalanta dava per scontato che il patto, non scritto, valesse solo per l’estero.
L’unica certezza è che nel mondo del calcio, i trasferimenti e le trattative sono costellati di promesse verbali e accordi non ufficiali. Spesso, la fiducia riposta dai giocatori nei dirigenti si spezza, generando tensioni, atteggiamenti conflittuali e in alcuni casi vere e proprie crisi contrattuali. I precedenti, più o meno assimilabili al caso Lookman, sono diversi.
VIERI: DA SIMBOLO DELL'INTER ALLA FUGA AL MILAN
Vieri arrivava da sei stagioni all’Inter, con oltre 100 gol segnati e lo status di uomo immagine del club. Nei mesi precedenti, secondo quanto filtrava dai suoi entourage, il presidente Massimo Moratti e lo staff tecnico gli avevano garantito centralità nel progetto, malgrado l’arrivo di Adriano e la possibilità di nuovi attaccanti. Vieri si aspettava di restare titolare e di avere un ruolo di guida nello spogliatoio, anche perché aveva rifiutato offerte dall’estero confidando nelle rassicurazioni ricevute. Con l’avvio della stagione 2004/05, l’assetto tattico si spostò sempre più verso Adriano, con Mancini che spesso lasciava Vieri in panchina nelle partite decisive. Al termine della stagione, l’Inter non avviò mai una vera trattativa di rinnovo, segnale che la “promessa” di continuità si stava sgretolando.
L’episodio clou fu l’accordo lampo per la rescissione consensuale, firmata nel luglio 2005. Nel giro di 48 ore, Vieri passò clamorosamente al Milan, scelta che fu percepita come un tradimento dal tifo nerazzurro, ma che lui stesso giustificò dicendo di sentirsi “messo da parte” nonostante le parole rassicuranti ricevute in precedenza.
CASSANO E IL RINNOVO CON LA ROMA CHE NON ARRIVO' MAI
Cassano era il talento più cristallino della Roma, arrivato a 23 anni a essere vicecapitano e uomo chiave del progetto. Con il contratto in scadenza nel 2006, la società gli aveva garantito o il rinnovo con adeguamento importante o, in alternativa, una cessione in estate per non perderlo a zero.
Secondo Cassano, il presidente Franco Sensi e il ds Pradè gli avevano assicurato un prolungamento entro l’inizio del ritiro, così da lavorare serenamente. L’accordo economico non arrivò mai. La Roma temporeggiava, anche a causa di difficoltà finanziarie, mentre Cassano percepiva il rinvio come un segnale di sfiducia. Il rapporto con Spalletti, appena arrivato, si deteriorò rapidamente, complice l’atteggiamento sempre più polemico del giocatore.
A gennaio 2006 la situazione era diventata ingestibile. Cassano venne ceduto al Real Madrid per una cifra minima (circa 5 milioni), ben lontana dal valore di mercato di un talento che un anno prima valeva tre volte tanto. Cassano accusò pubblicamente la Roma di aver “tirato troppo la corda” e di aver disatteso le intese iniziali.
LUIS SUAREZ E IL PATTO (PER FORTUNA) NON ONORATO
Nell’estate 2012, dopo un’ottima stagione individuale ma con il Liverpool fuori dalla Champions League, Suárez ricevette offerte concrete da top club europei. Tra queste, si parlò con insistenza di Juventus e Paris Saint-Germain.
Il Liverpool, consapevole dell’importanza del suo bomber, lo convinse a restare con una sorta di gentleman’s agreement: se nella stagione successiva il club non si fosse qualificato per la Champions League, lo avrebbero lasciato partire senza ostacoli. Stagione 2012/13: Suárez segna 30 gol in tutte le competizioni, ma il Liverpool chiude 7° in Premier League, lontanissimo dalla Champions. L’Arsenal presenta un’offerta da 40 milioni + 1 sterlina: mossa ironica per superare la presunta clausola (la cifra minima per “obbligare” il club a negoziare). Il Liverpool respinge l’offerta e Suárez accusa il club di aver mentito: “Avevo un accordo per andarmene. Voglio giocare la Champions.” Rodgers lo esclude temporaneamente dagli allenamenti. Dopo settimane di scontro, Suárez rientra, accetta di restare e firma un rinnovo a cifre molto più alte. Risultato: stagione 2013/14 clamorosa con 31 gol in Premier, titolo sfiorato e PFA Player of the Year. L’anno dopo, con il Liverpool fuori ancora dalla Champions, il club lo vende al Barcellona per oltre 80 milioni.
CECH E IL TRADIMENTO DEL CHELSEA
Petr Čech era arrivato al Chelsea nel 2004 e in undici stagioni era diventato uno dei portieri più vincenti e amati della storia del club, con 494 presenze e 4 Premier League vinte. L’arrivo di Thibaut Courtois, rientrato dal prestito all’Atlético Madrid, aveva però cambiato gli equilibri già sotto José Mourinho, che nella stagione 2014/15 iniziò a preferire il belga come titolare.
In un primo momento il club aveva rassicurato Čech che avrebbe avuto pari opportunità con Courtois e che non sarebbe stato retrocesso a secondo portiere “a prescindere”. L’idea trasmessa al giocatore era di una competizione aperta per la maglia da titolare.
La realtà fu diversa: fin dalla prima giornata di Premier League 2014/15, Courtois venne scelto come portiere titolare, con Čech relegato a ruolo di riserva per tutta la stagione, fatta eccezione per qualche apparizione nelle coppe. Čech percepì questo come un tradimento delle rassicurazioni ricevute e come la fine della sua centralità nel progetto.
Antonio Conte arrivò a Stamford Bridge nell’estate 2016, ma già prima del suo insediamento la situazione di Čech si era definita: il portiere ceco, dopo un incontro con la dirigenza e con l’assenso dello stesso Roman Abramovich, ottenne la possibilità di trasferirsi a un club rivale pur di giocare da titolare. Il fatto clamoroso fu la destinazione: l’Arsenal, storica rivale cittadina. Conte ereditò dunque una squadra già senza Čech, ma più volte, nelle sue dichiarazioni, aveva sottolineato come un campione del genere non avrebbe dovuto essere perso, lasciando intendere che forse il club non aveva gestito al meglio la situazione.