Conte, il Madrid è un "mondo" a parte: vincere non basta, Capello e Mou insegnano

Quello con il Real, per tutti i tecnici, è un matrimonio d'interesse. Coi pregi e i rischi che ne derivano

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Antonio Conte sarebbe stato l'allenatore giusto per riportare (meglio, mantenere) in alto il Real Madrid? Ma, soprattutto, l'uomo più indicato per interloquire con un presidente accentratore e autocrate come Florentino Perez e gestire uno spogliatoio popolato da giocatori tanto "pesanti" e tanto carismatici? Non è mai stato facile allenare il Real Madrid: e vincere non è mai stato (del tutto) sufficiente. E' la storia che lo dice.

L'ex ct ed ex tecnico del Chelsea avrebbe sicuramente tutte le caratteristiche e le qualità per farcela (intelligenza, preparazione, conoscenze, carisma, cultura del lavoro) ma il Real è un mondo a parte, un mondo che ha regole tutte sue. La legge del Bernabeu, tanto per intenderci, ha punito in passato gente come Capello e Mourinho, perché lì vincere non basta, perché il Madrid (il club, la sua storia, il suo presidente) viene prima di tutto e tutto sovrasta. Insomma, di troppo carisma e di troppa personalità alla Casa Blanca si può anche perire.

Ma detto questo, quello tra Antonio Conte e il Real sarebbe stato per molti versi un matrimonio logico. Un matrimonio di interesse: di certo per il  Real che non può permettersi di abdicare al suo ruolo di dominatore (in Spagna e in Europa) e per farlo cerca un vincente nato, ma anche per Conte che su quella panchina avrebbe potuto confermare la sua innata attitudine al successo, ritrovando fra l'altro subito anche la Champions tanto agognata (sfidando pure la sua - diciamo così - Juve).

Insomma, i presupposti c'erano. Perché Perez avrebbe bisogno di Conte e Conte avrebbe bisogno del Real. A patto però di trovare un'intesa. Che non c'è stata.

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