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Serie A, il regno del 3-5-2: perché in Italia domina ancora la difesa a tre

Il 3-5-2 è il nuovo "4-4-2": in media 13 squadre su 20 in Serie A hanno scelto questo modulo come assetto base

di Max Cristina
24 Nov 2025 - 13:58

C'era una volta il 4-4-2, uno dei moduli iconici della storia del calcio e per molti l'emblema del pallone italiano. A quel "codice" calcistico sono stati intitolati giornali, locali, forum ma ormai nel calcio moderno è un elemento praticamente in disuso salvo rare eccezioni e quasi sempre d'emergenza. In questa stagione, ricalcando un solco già formato in quelle passati, in media ogni giornata 13 squadre su 20 in Serie A hanno scelto il 3-5-2 (o comunque una difesa a tre) come assetto base. Una tendenza che non trova riscontro nelle principali leghe europee, dove moduli come 4-3-3 e 4-2-3-1 continuano a dettare legge. Ma perché, in Italia, questo sistema ha attecchito così profondamente? E quali sono punti di forza e debolezze di un modulo che sembra essere diventato identitario?

Le radici della scelta: tradizione, praticità e… Conte

La Serie A è sempre stata un laboratorio tattico basato su organizzazione, equilibrio e lavoro senza palla. La difesa a tre si inserisce perfettamente in questa mentalità. Il grande rilancio moderno si deve ad Antonio Conte, che nel 2011–12, alla Juventus, rispolverò il 3-5-2 costruendo la leggendaria “BBC” (Barzagli–Bonucci–Chiellini) andando a contendere al Milan di Allegri, e poi a vincere, lo scudetto. Da lì, il sistema è tornato di moda: solido, leggibile, ma tremendamente efficace se interpretato con disciplina e fisicità. In tempi più recenti, Simone Inzaghi – prima alla Lazio e poi all’Inter – ha preso l’eredità contiana e l’ha evoluta: un 3-5-2 meno rigido, più fluido, capace di trasformarsi durante la partita senza perdere equilibrio. Il successo dei due tecnici ha creato un effetto domino: allenatori, direttori sportivi e perfino scuole calcio hanno iniziato a vedere nella difesa a tre un riferimento stabile. Senza dimenticare Gasperini e i suoi successi a vari livelli prima con il Genoa, poi con l'Atalanta e ora con la Roma.

© Getty Images

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Perché il 3-5-2 funziona (soprattutto in Italia)

In un campionato come la Serie A in cui la tattica e la fisicità, che piaccia o meno, vengono ancora prima dell'estro e della tecnica, il 3-5-2 o le sue varianti trovano l'habitat perfetto. Tra solidità difensiva, parità numerica a centrocampo e versatilità sono diversi i motivi che spingono gli allenatori italiani a puntare su questa soluzione.

Tre centrali garantiscono coperture costanti, riducono i corridoi centrali e permettono scalate più sicure quando gli esterni vengono superati. Con cinque uomini nella zona nevralgica, le squadre italiane riescono a spezzare le trame avversarie e a controllare i ritmi della partita. Infinte questo è un modulo che si può facilmente trasformare diventando un 5-3-2 compatto in fase difensiva e o un 3-3-4 in fase offensiva con esterni altissimi, permettendo alle squadre di restare con distanze corte in campo ma pericolose.

Un altro discorso può essere paradossalmente di carattere economico. Molti club di Serie A non dispongono di esterni offensivi da 40 milioni o trequartisti di livello europeo. Il 3-5-2, invece, permette di valorizzare esterni di gamba, mezzali dinamiche e punte complementari, spendendo meno ma restando competitivi.

I limiti di questo sistema

Partendo dal presupposto "non è il modulo a fare la differenza, ma l'interpretazione delle situazioni" recitato nelle varie dichiarazioni dagli allenatori, ma che può valere sia in positivo che in negativo, non è oro tutto ciò che è solido. Come ogni sistema anche il 3-5-2 ha i suoi limiti. Innanzitutto la dipendenza dagli esterni, veri e propri registi laterali della squadra che, se in giornata negativa, rischiano di inceppare il gioco. Con meno qualità negli attaccanti poi lo sviluppo della manovra rischia di diventare prevedibile, specialmente con esterni di gamba con meno capacità nel dribbling uno contro uno. Infine, il rischio di subire contropiedi in caso di pallone perso con esterni alti è molto elevato in un sistema che più di ogni altro si fonda non solo su posizioni ma anche su sincronismi che devono essere praticamente perfetti: centrali capaci di uscire e ricomporre la linea, mezzali intelligenti, esterni instancabili: se manca anche un solo tassello, la struttura si sbriciola.

© Getty Images

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Perché all'estero si usa poco il 3-5-2?

La fotografia della Serie A è chiara: la difesa a tre è tornata e non sembra voler andare via. Merito di tecnici come Gasperini, Conte e Inzaghi, ma anche di una cultura calcistica che privilegia equilibrio, organizzazione e capacità di adattamento. Il futuro? Probabile una continua evoluzione: più fluidità, più soluzioni ibride, più varianti in base agli avversari. Ma una cosa è certa: il 3-5-2, oggi, è molto più di un modulo. È una filosofia italiana, un modo di pensare il calcio che continua a resistere anche mentre il resto d’Europa corre altrove.

In Premier League, Bundesliga e Liga il calcio è più verticale e veloce, ma in un contesto completamente diverso. Lì servono esterni puramente offensivi, si predilige un pressing offensivo con linee di difesa a quattro e la possibilità di investimenti ingenti premiano la qualità per ali e trequartisti di talento puro capaci di inventarsi la giocata e superare l'uomo facendo saltare ogni schema. In Italia, invece, c’è più attenzione al controllo, al dettaglio tattico, alla fase di non possesso: terreno fertile per il 3-5-2, come vediamo ogni settimana.

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© Getty Images  | 1 - Rickie Lambert (51 rigori segnati su 54, 94%)
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