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Le Sdottorate - I derby di Cairo, ma non solo: anatomia... di un fallimento

L'analisi della ottava giornata di Serie A: fatti, numeri, curiosità

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Le Sdottorate - I derby di Cairo, ma non solo: anatomia... di un fallimento - foto 1
© Getty Images

E’ stato il weekend dello scatto del Milan (e delle legittime proteste del Genoa…), della frenata dell’Inter, del colpaccio della Fiorentina e dell’inchiodata di un fischiatissimo Napoli che non sta onorando lo scudetto che porta sul petto e che con 7 punti di distacco dalla vetta in appena 8 giornate dice verosimilmente addio alle possibilità di bis tricolore. E' stata anche la domenica dello storico tris laziale con le contemporanee vittorie di Frosinone, Roma e Lazio in rigoroso ordine di classifica e del brutto infortunio che costringerà ai box Paulo Dybala per parecchie settimane. E’ stato anche e soprattutto il weekend di una Juventus che si riscopre ambiziosa nella sua mediocrità vincendo l’ennesimo derby (il 13esimo personale di Massimiliano Allegri) e che dopo la sosta sfiderà a San Siro il Diavolo capolista privo degli squalificati Maignan e Theo Hernandez. E’ stato poi il weekend delle ennesime lacrime granata: quel derby che il Toro anche nei bui anni Sessanta vinceva spesso e volentieri e che adesso (anzi, da un bel po’) si è trasformato in un tabù.  

FALLIMENTO – Anche questa volta infatti il Torino, di derby, vincerà… il prossimo (forse). Diventa sempre più frustrante per un tifoso granata guardare lo “storico” della stracittadina della Mole. Il Toro, di derby, ne ha vinto solo uno degli ultimi 37 disputati (35 in campionato e 2 in Coppa Italia). Era il 26 aprile 2015, il giorno dopo i festeggiamenti per i 70 anni della Liberazione. Una Juventus già con lo scudetto in tasca (con 15 punti di vantaggio sulla coppia Lazio-Roma a 7 giornate dalla fine) perde 2-1 al Comunale-Olimpico (non ancora Grande Torino): Darmian e Quagliarella rimontano l’iniziale gol di Pirlo. Giampiero Ventura siede sulla panchina granata e Massimiliano Allegri su quella bianconera. Il bilancio dell’era Cairo, poi, è in proporzione il peggiore dell’intera storia granata: 29 derby, 23 sconfitte, 5 pareggi e la miseria della vittoria di cui sopra. Senza scomodare le illuminate gestioni targate Orfeo Pianelli (il presidente dello scudetto 1976 e di tante sfide vinte con i bianconeri pur con formazioni di gran lunga inferiori sulla carta) e Sergio Rossi (da ricordare il mitico successo 3-2 della primavera 1983 maturato grazie a tre gol in rimonta segnati nel giro di soli 3 minuti e 40 secondi e quello dell'autunno 1984 con incornata vincente allo scadere di Serena su corner-gioiello di Junior), è impietoso il confronto di Cairo con i suoi sei predecessori (quasi tutti pesantemente contestati dai tifosi granata, che peraltro costrinsero alla resa anche i succitati Pianelli e Rossi…). Nessuno dei sei vanta uno score positivo ma nessuno presenta numeri così vergognosi. Il Torino di Cimminelli e Romero ne giocò quattro con due pareggi e due sconfitte. Un pari e un ko anche per il Toro “genovese” di Vidulich. L’era Calleri produsse due vittorie e due sconfitte. Con il notaio Goveani (il presidente che nel ’93 conquistò l’ultimo trofeo, la Coppa Italia) arrivarono 3 pari e 2 sconfitte. Borsano (di cui si ricorda la finale Uefa persa ad Amsterdam con l’Ajax nel ’92) chiuse la sua esperienza nella stracittadina in perfetta parità: 2 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte. La gestione Gerbi-De Finis partorì un successo, due pari (con sconfitta ai rigori nello spareggio-Uefa dell’87) e tre ko.

Il presidente Urbano Cairo, che ha da poco festeggiato i 18 anni alla guida del Torino, ama sbandierare la sua passione granata (anche se in gioventù a Milano non aveva propriamente il Toro nel cuore…) e divulgare un sondaggio (?!?) secondo il quale il 75 per cento dei tifosi lo “appoggia con convinzione” (ipse dixit). Noi, più umilmente, preferiamo ragionare sui numeri. Quelli del derby ma non solo…

Mai nella gestione Cairo, per esempio, il Torino si è classificato “sul campo” per le coppe europee. Quando vi ha preso parte (Europa League 2014-15 e preliminari di EL 2019-20) è stato sempre e solo grazie alle penalizzazioni Uefa rispettivamente di Parma e Milan. Mai il Toro cairota in campionato è andato oltre al settimo posto (raggiunto nel 2013-14 e nel 2018-19). Mai ha superato i quarti di finale di Coppa Italia. Trofeo vinto in passato 5 volte con l’appendice di 8 finali (per la precisione 7 “secche” più il secondo posto nel girone finale dietro al Bologna nel 1970). Il tutto mentre – tornando all’Europa ed escludendo le 5 grandi metropolitane e il Napoli – Atalanta, Fiorentina e Udinese hanno preso parte - in questi 18 anni di presidenza Cairo - rispettivamente a tre, due e una edizione di Champions League con sempre l’Udinese (due volte), la Sampdoria e il Chievo impegnate almeno nei preliminari Champions (in realtà i veronesi vi parteciparono nell’estate 2006 dopo le sentenze su Calciopoli). Insomma, il Torino di Cairo continua a vivacchiare. Non propriamente il massimo per un imprenditore illuminato abituato a mietere successi in altri campi. Che non siano quelli verdi d’erba di, all’incirca, 110 metri per 70…

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