Logo SportMediaset
In evidenza

Seguici anche su

LA RICORRENZA

Il Maracanazo compie 75 anni: è la più grande tragedia sportiva di un intero Paese

Il 16 luglio del 1950 il Brasile perde con l'Uruguay a Rio de Janeiro e dice addio alla Coppa del mondo 

di Andrea Cocchi
16 Lug 2025 - 12:50
 © Getty Images

© Getty Images

E' entrata nella storia del calcio con il nome di Maracanazo. Una parola che, anche a distanza di 75 anni, è sinonimo di sconfitta inaspettata, tremenda, inaccettabile. Tanto da essere considerata la tragedia legata a un avvenimento sportivo più difficile da digerire in assoluto. Era il 16 luglio del 1950, il calcio si rialza, come tutto il resto del pianeta, dopo un dramma vero come la seconda guerra mondiale. Si riparte a organizzare un campionato del mondo dopo la pausa bellica di 12 anni. Lo ospita il Brasile che sogna di alzare al cielo quella che all'epoca era chiamata la Coppa Rimet. Per l'occasione viene costruito a Rio de Janeiro uno stadio che può ospitare centocinquantamila persone: il Maracanà. Anche se è di circa cinquantamila unità in più il numero di spettatori che assiste all'atto conclusivo di quell'edizione, che però non è una finale vera e propria ma solo l'ultima partita del gironcino che assegna la Coppa. Una Coppa che i padroni di casa non hanno mai vinto e che è diventata una vera e propria ossessione. L'occasione è ghiottissima, la Seleçao è una macchina da gol che ha sotterrato, nel girone finale, Svezia e Spagna con 7 e 6 gol rispettivamente. Per vincere il Mondiale basta un pari con l'Uruguay. In Brasile già si festeggia, sembra tutto già scritto. 

Invece, inaugurando in pratica l'eterna lotta tra la ricerca del gol e l'anima contropiedista, i padroni di casa passano in vantaggio all'inizio della ripresa. Al Maracanà, e in tutto il Paese attaccato alla radio, si inizia a fare festa. Dopo la rete di Friaça, Obdulio Varela, il capitano e regista dell'Uruguay, prende il pallone dal fondo della sua rete e torna camminando verso il centro del campo. Gli avversari e il pubblico iniziano a innervosirsi per l'inspiegabile lentezza dell'avversario nel far ricominciare il gioco. Sembra una cosa senza senso, visto che dovrebbe accelerare la ripresa della gara. Invece Varela, calciatore straordinario e uomo di profonda sensibilità e intelligenza, sa benissimo che il Brasile, eccitato dal vantaggio, non vede l'ora di ricominciare a lanciarsi in avanti sfruttando l'onda emotiva del gol. La sua flemma innervosisce la Seleçao che, come previsto, si butta ancora in avanti nonostante sappia che ormai il titolo è vicino. E, inevitabilmente, prima Schiaffino e poi Ghiggia, in contropiede a pochi minuti dalla fine, segnano le due reti che danno la Coppa all'Uruguay. A questo punto si scatena il panico. Il silenzio è assordante. Il presidente della Fifa Jules Rimet si aggira con il trofeo in mano e non sa che fare, incrocia Varela e glielo consegna senza troppe cerimonie. Sugli spalti decine di persone vengono colte da infarto e si contano almeno dieci morti all'interno dello stadio, con due spettatori suicidatisi gettandosi dalle tribune. A cui vanno aggiunti i decessi lontano dal Maracanà.

Obdulio Varela se ne andrà in giro per Rio in quella notte maledetta per i brasiliani e si unirà a loro, che non lo riconoscono, bevendo cachaça. Poi, vedendo quella disperazione e pensando che il grosso dei premi se lo sono presi i dirigenti della Selezione uruguaiana lasciando ai giocatori solo una medaglietta ricordo, dirà che avrebbe voluto regalare quella Coppa agli avversari. Ghiggia, che giocherà con Schiaffino in Italia, dichiarerà: "Soltanto tre persone sono state in grado di zittire il Maracanà. Giovanni Paolo II, Frank Sinatra e io". Dopo quella sconfitta un bambino di nome Edson Arantes do Nascimento, conosciuto da tutti con il soprannome di Pelé, vedendo suo padre disperato, cerca di risollevarlo dicendogli che ci penserà lui a regalargli la Coppa del mondo. Un'affermazione profetica visto che il Brasile, trascinato proprio da quel bambino, vincerà il titolo iridato 8 anni dopo. La Seleçao cambierà per sempre la sua maglia, all'epoca bianca, per passare a quella verdeoro e conquistando, con quei colori, cinque mondiali. 

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri