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"I rigorini non ci devono stare nelle competizioni. Non è possibile che la finale di un mondiale sia decisa da un rigorino. Nel calcio si è sempre chiamata alla massima punizione per un rigore dove l'episodio era chiaro, evidente e volontario, ovvero una cosa che non si poteva modificare alla base delle regole". Così l'ex arbitro Paolo Casarin, intervistato a Crc, radio partner del Napoli. "A partire dal 1950 fino al 1990 gli arbitri concedevano lo stesso numero di rigori in un campionato con lo stesso grado e tipo, ovvero con la percentuale di 0,25. Eravamo tutti uguali, concedevamo un rigore ogni quattro partite. Io voglio bene agli arbitri anche adesso, ma ogni tanto li prenderei a calci nel c…. Siamo passati da 120 a 187 rigori concessi in una stagione in pochi anni. Ci sono dei rigorini che fanno ridere. Sono dei regali", ha aggiunto. "Gli arbitri credono di aver raggiunto il top della loro capacità in poco tempo, ma arbitrare è difficile. La velocità del gioco è salita oggi rispetto a qualche anno fa quindi bisogna ancora impegnarsi. L'arbitro non raggiunge facilmente il top della sua qualità se non lavora continuamente senza entrare in collisione con gli altri e senza essere diverso".
"Il Var ha il compito di correggere e non di cancellare l'arbitro. A volte ho l'impressione che ci sia la voglia da parte del Var di prevaricare sull'arbitro di campo. L'arbitro sul terreno di gioco vede più di ogni televisione per quello che è in grado di vedere - ha aggiunto Casarin -. La televisione non è la regina di tutte le decisioni. L'arbitro di campo può cogliere l'intensità dell'intervento e la velocità con cui esso avviene. Di fronte ad un errore clamoroso che avviene in area di rigore, una volta che è accertato, deve essere corretto. Non vedo che in tutta Europa si interviene così tanto tra Var e arbitro, non si arbitra in maniera uniforme in tutta Europa. Ci deve essere uniformità tra gli stati europei. È inutile cambiare le regole, il calcio ha bisogno di correttivi ma non si deve stravolgere tutto"