Vialli racconta la sua malattia: "Sto bene, ma non so come finirà"

L'ex attaccante e la sua battaglia contro il cancro sulle pagine del Corriere della Sera: "Ho scritto un libro per aiutare gli altri"

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Gianluca Vialli scuote il mondo del calcio. L'ex attaccante di Sampdoria e Juventus ed ex allenatore del Chelsea pubblicherà martedì il suo libro “Goals: 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili” e ora, in una lunga intervista con Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, racconta della sua lotta contro il cancro: "Ne avrei fatto volentieri a meno. Ma non è stato possibile. E allora l'ho considerata semplicemente una fase della mia vita che andava vissuta con coraggio e dalla quale imparare qualcosa".

"Ho iniziato a scrivere il libro per aiutare le persone a trovare la strada giusta - ha spiegato Vialli - Così ho raccolto alcune frasi motivazionali, alcuni mantra, intervallandoli con storie di grandi sportivi, che aiutano a capire. Perché le citazioni non funzionano, se non sei tu che funzioni". L'ex centravanti azzurro torna sulla propria esperienza: "Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre bambine Olivia e Sofia. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano. Poi ho deciso di raccontare la mia storia e metterla nel libro".

Libro che arriva dopo lunghi e difficili mesi di cure: "Ora sto bene, anzi molto bene. È passato un anno e sono tornato ad avere un fisico bestiale - scherza Vialli - Ma non ho ancora la certezza di come finirà la partita. Spero che la mia storia possa servire a ispirare le persone che si trovano all'incrocio determinante della vita. E spero che il mio sia un libro da tenere sul comodino, di cui leggere una o due storie prima di addormentarsi o al mattino appena svegli. Un'altra frase chiave, di quelle che durante la cura mi appuntavo sui post-it gialli appesi al muro, è questa: “Noi siamo il prodotto dei nostri pensieri”. L'importante non è vincere; è pensare in modo vincente. La vita è fatta per il 10 per cento di quel che ci succede, e per il 90 per cento di come lo affrontiamo. Spero che la mia storia possa aiutare altri ad affrontare nel modo giusto quel che accade. Vorrei che qualcuno mi guardasse e mi dicesse: 'È anche per merito tuo se non ho mollato'".

Spazio anche per il glorioso passato da calciatore nell'intervista del Corriere, a cui Vialli confida che il più grande giocatore contro cui abbia giocato è "Il Maradona di Messico ‘86" e racconta della Champions del 1996, l'ultima vinta dalla Juventus: "Finale all'Olimpico di Roma. Segna subito Ravanelli, pareggia Litmanen. Grande partita, finita ai rigori. La chiude Jugovic segnando il quarto". E il quinto sarebbe toccato a lui: "Il quinto o il sesto. Fu un sollievo infinito. All'Olimpico avevo sbagliato un rigore al Mondiale del '90 contro gli Stati Uniti, e mi ero rotto un piede tirandone un altro contro la Roma. Quella notte sapevo che era la mia ultima occasione per vincere la Champions. Pensi gli incubi, se no". Quella è stata anche la notte dell'ultimo trionfo bianconero in Europa, ma Vialli non crede si tratti di una maledizione: "No. È la pressione. Non è facile trovare l'equilibrio tra tensione e serenità, nella consapevolezza che puoi anche perdere. Se poi hai contro Messi e Cristiano Ronaldo...".

Tanta Juve, ma anche tanta Sampdoria nella sua carriera. Vialli vinse il primo e unico scudetto della storia del Doria a Genova, dove con Roberto Mancini formava una coppia formidabile, in campo e fuori: "Siamo più che amici, fratelli. Quando hai la stessa età e hai condiviso per tanti anni il campo di battaglia, puoi stare molto tempo senza sentirti, ma il rapporto rimane per sempre".

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