L'ANALISI

Guai a decisioni affrettate: il calcio fa ricco il Paese

In vista della Fase 2 guai a non considerare che il pallone è tra le prime dieci aziende italiane e dà lavoro a 250mila persone

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Sono ore decisive per il nostro calcio. Il governo deve decidere se con la fine del lockdown dare il via libera ad allenamenti e campionati. Si tratta di una scelta pesante. C’è di mezzo la salute dei calciatori ma anche il futuro di migliaia di lavoratori. Del resto il calcio è una delle prime dieci aziende del Paese. Lo dicono i numeri. Vediamoli.

Il pallone in Italia vale 4,5 miliardi di euro (bilancio FIGC)  ma ne “muove” oltre il doppio con l’indotto. Dà lavoro a 250mila persone e coinvolge 4,6 milioni di praticanti e oltre un milione e mezzo di tesserati (tra loro 35mila arbitri, 70mila tecnici e 130mila dirigenti, un milione e 100 mila calciatori) . Sono 470 le società professionistiche, 17mila le dilettantistiche e 55mila giovanili. Ogni anno si disputano circa 5000 partite professionistiche e mezzo milione dilettantistiche. Al calcio si dicono interessati circa 30 milioni di italiani che seguono le vicende delle rispettive squadre anche grazie a giornali, siti e televisioni dedicate. Numeri che dimostrano come il calcio valga molto di più di tutti gli altri sport.

Lo evidenzia il fatto che la pallavolo è la seconda disciplina sportiva più praticata ma non raggiunge i 400mila tesserati. Anche il confronto sul lato economico è impari. Il fatturato di una media società di Serie B si aggira sui 25 milioni. Valori paragonabile  a quello dell’Olimpia Milano di basket, la squadra sportiva più ricca al di fuori del calcio. Per non parlare dell’effetto tv. La Serie A mediamente in un anno “colleziona” 280 milioni di spettatori. Il basket, secondo sport più televisivo, non supera i 10 milioni.

Altri due dati confermano il ruolo egemone del calcio. Su 44 federazioni sportive affiliate al CONI, la Figc incide, da sola, per il 24% degli atleti tesserati. Ma il pallone ha anche un valore venale per lo Stato. Basta pensare che per ogni euro investito nel calcio, l’erario ottiene un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a 14,5 euro. Nel 2018 il pallone ha versato nelle casse statali oltre un miliardo.

Alcuni esponenti del governo in questi giorni hanno commentato sarcasticamente le richieste di far ripartire i campionati professionistici asserendo che questo è .. “l’ultimo dei problemi”. Questi numeri dimostrano che non è proprio così. Se si vuole far ripartire economicamente il Paese non si può trascurare il fattore calcio.

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