MOUNTAIN BIKE

Uno-due mondiale di Leonardo Paez, il maratoneta... della mountain bike  

Leonardo Paez si conferma campione del mondo mountain bike – specialità Marathon, la più dura - con una prestazione irresistibile a Sakarya, in Turchia.

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Corre per i colori della sua Colombia ma vive e si allena da ormai quindici anni in Italia. Leonardo Paez pochi giorni fa ha conquistato il suo secondo titolo iridato consecutivo nella mountain bike nella categoria marathon. L’anno scorso aveva trionfato in Svizzera, quest’anno in Turchia. Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio la sua storia, i segreti della sua bicicletta ed i contorni della sua passione.

La prova che ha permesso a Leo di confermarsi campione del mondo è andata in scena su un tracciato che prevedeva tre giri per un totale di 110 chilometri, con 3500 metri di dislivello ma poche salite ripide nella parte centrale. Un percorso a detta degli stessi atleti poco impegnativo dal punto di vista tecnico e che - secondo gli esperti - avrebbe penalizzato gli scalatori favorendo invece i passisti. Paez ha mandato all’aria pronostici e previsioni, arrivando in perfetta solitudine al traguardo nel velodromo di Sakarya e conquistando il secondo oro mondiale consecutivo, che fa il paio con quello di Graechen 2019.

Dopo un primo giro interlocutorio, i big hanno fatto selezione nel secondo passaggio e la corsa al titolo è diventata affare ristretto ad un piccolo gruppo di pretendenti. Nel terzo ed ultimo giro il colombiano del team Giant Polimedical di Missaglia (LC) ha sferrato l’attacco: solo Tiago Ferreira e Martin Stosek hanno provato a seguirlo ma Paez ha tenuto duro, chiudendo la prova al comando con il tempo di quattro ore, 19 minuti e 50 secondi, con un vantaggio di due minuti e 20 secondi sul portoghese e di due e 35 sul ceco. Ha sfiorato il podio Juri Ragnoli, il migliore degli italiani. Quarta posizione finale con distacco appena inferiore ai cinque minuti per il bresciano del Team Scott, protagonista la scorsa estate di “Mountain X”, tentativo di doppio “everesting” sul Monte Guglielmo. Nella top twenty tre altri azzurri: Fabian Rabensteiner (16esimo), Jacopo Billi (18esimo) e Riccardo Chiarini (19esimo). Molto buona la dodicesima posizione finale dell’altro portacolori del team Polimedical Diego Arias Cuervo, colombiano come Leo Paez. Abbiamo lasciato al 38enne neocampione qualche giorno di tempo per metabolizzare il suo iride-bis, poi gli abbiamo chiesto di raccontarcelo e soprattutto di raccontarsi. 

Leo, quali sono state le differenze tra il titolo che hai appena conquistato e quello del 2019?

L’anno scorso la mia preparazione era stata più completa e più tranquilla. Quest’anno è stato tutto più difficile poiché - per via della pandemia e del lockdown della scorsa primavera – buona parte della preparazione è avvenuta sui rulli e fino all’ultimo c’era incertezza sullo svolgimento delle gare e del Mondiale stesso. Per quanto riguarda la vittoria non possono esserci differenze: non ci si abitua mai a vincere un mondiale, è una sensazione che non può essere spiegata con le semplici parole. 

Quali sono stati quest’anno i tuoi principali avversari?

Ovviamente in un mondiale tutti gli atleti che partecipano sono avversari, ma diciamo che quelli con i quali ho “combattuto” un po’ di più sono stati Tiago Ferreira e Martin Stosek. 

Quando hai scelto di dedicarti alla mountain bike? Hai praticato altri sport in precedenza e ne pratichi ancora? 

Ho iniziato ad andare in bici per necessità, per andare a scuola… Quindi con i soldi guadagnati con il lavoro in campagna ho comprato la mia prima mountain bike. Poi mi sono appassionato e nel 1999 ho iniziato a fare qualche gara di paese. In questo momento mi dedico solo alla mountain bike, ma in precedenza ho praticato la corsa a piedi.

Da quanto tempo vivi in Italia?

Vivo in Italia dal 2005. Quando non sono in gara mi alleno in Brianza e a Cerveteri. 

In cosa ti senti più colombiano e cosa invece apprezzi di più dell’Italia?

La musica colombiana è la cosa che più mi appartiene. Dell’Italia apprezzo quasi tutto, visto che ormai è la mia seconda casa. 

Ci descrivi per i più “tecnici” tra i nostri lettori le caratteristiche della tua bicicletta?

Quest’anno ho vinto il mondiale con una Giant Xtc Front in carbonio. Abbiamo lavorato molto sulla scorrevolezza e sui particolari.Ho scelto di utilizzare copertoni Aspen 2.1 Maxxis, ruote Space Carbon molto leggere e rigide. La mia forcella è un prototipo con sistema intelligente simil brain ideato da Gallomoto, perciò non avevo manettino al manubrio e la sospensione lavorava molto bene in autonomia, ovviamente con paraolio SKF ad alta scorrevolezza. Per quanto riguarda il pacco pignoni ho utilizzato il General Lee di Leonardi 9.50 con corona da 36. Reggisella e manubrio anch’essi Leonardi, pedali Campa Bros in titanio e sella Selle Italia. Non poteva mancare il mio misuratore di potenza Srm insieme all'indispensabile Pc8. Tutta la bulloneria è in titanio per guadagnare sul peso. Una bici veramente spaziale, per la quale ringrazio veramente tanto il mio team.

Quale specialità della mountain bike preferisci?

Ovviamente Marathon perché è la mia specialità, però adoro anche divertirmi sui circuiti di cross-country.

Quali sono i tuoi obiettivi sportivi a breve scadenza? L’anno prossimo ci sono le Olimpiadi…

Il mio obiettivo principale in questo momento è quello di onorare la maglia da Campione del Mondo, visto che quest’anno non sono riuscito a indossarla in molte gare per via del Covid-19. Ovviamente poi punto a difenderla al Mondiale 2021. Certo, le Olimpiadi sono la più alta aspirazione per un atleta. Ho già preso parte sia a Pechino 2008 sia a Londra 2012. Mi piacerebbe completare il trio con Tokyo. Sarebbe molto bello riuscire ad esserci ma prima di tutto bisogna fare punti poiché tutt’ora la Colombia non ha un posto nel ranking delle nazioni. Ovviamente cercherò di fare più punti possibile nelle prossime gare.

 

 

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