ALPINISMO

Spedizione Miyar Valley 2023: due, “maledette” e subito per Ratti&compagni   

“Wind of Silence” e “Super Thuraya”: Ratti, Baù, D’Addario e Perruquet aprono due nuove vie nello “Yosemite dell’India”

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Due nuove vie tracciate su altrettante montagne dell’Himalaya indiano. Questo il bottino con il quale si è conclusa l’avventura nella Miyar Valley del team composto dalle guide alpine Francesco Ratti, Alessandro Baù, Lorenzo D’Addario e Jerome Perruquet. La spedizione era partita ai primi di settembre con il chiaro desiderio di aprire una nuova via e al contempo l’incertezza dell’obiettivo sul quale concentrare le attenzioni: Neverseen Tower o Mahindra Peak?

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“Sceglieremo la montagna e la parete che sarà il nostro obiettivo primario in base alle condizioni che troveremo al nostro arrivo”, avevano annunciato ad una sola voce le quattro guide in rappresentanza… dell’intero arco alpino alla vigilia della partenza dall’Italia. Cosa abbiano trovato una volta giunti a destinazione è rimasto un mistero per un lungo mese di silenzio. Rientrati in Italia, è tempo di scoprire com’è andata questa avventura a metà a cavalo tra estate e autunno, vissuta in un angolo remoto dell’Himalaya. Ecco come ce la raccontano i suoi protagonisti, ad iniziare dal lombardo di origini ma trapiantato in Trentino Lorenzo D’Addario:

“La spedizione nella Miyar Valley è per chi la percorre, un viaggio onirico di ricerca. Anche se la condizione umana per eccellenza è quella di essere perennemente in ricerca, il Miyar porta a scoprire un mondo interiore che non sempre altri luoghi riescono a farti comprendere con tale chiarezza. Miyar Valley è adesso anche "Wind of Silence" e "Super Thuraya", un granito incredibile, due linee stupende, nate da questo viaggio, su torri che rievocano il mondo magico di Peter Pan: Neverseen Tower & The Invisibile Tower. La Miyar se saprai entrarvi con lo spirito giusto, ti porterà ai confini di un mondo che abitualmente raggiungiamo solo con la fantasia”.

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THE WINNER IS… NEVERSEEN TOWER!

Dopo un trekking durato una manciata di giorni attraverso la Miyar Valley, il team ha raggiunto il campo base (circa 4000 metri di quota) nel bel mezzo di una finestra di alta pressione. Occasione da non perdere a scopo acclimatamento. Con in testa l’idea di sondare le condizioni della inviolata parete sud-est della Neverseen Tower, i nostri hanno risalito il ghiacciaio Takdung, raggiungendo la base della parete dopo otto ore di cammino. Con gli zaini in spalla carichi di materiale, pronti a installarvi il campo base avanzato. Le condizioni sono apparse buone ed ha preso forma una possibile linea di salita. Prima di trasformare il sogno in realtà si è però resa necessaria una salita di acclimatamento su una vetta meno impegnativa dell’obiettivo principale.

La scelta è caduta sul vicino “Enzo Peak”, con arrivo in cima attraverso la cresta sud-est, definita facile e divertente ma ancora inviolata dal capospedizione Francesco Ratti, Guida Alpina del Cervino di origini lecchesi. Dopo essersi goduti il sole in vetta, i quattro alpinisti sono tornati al campo base avanzato per trascorrervi la notte e rientrare all’indomani al CB pronti a ricaricare le pile in attesa di una nuova finestra di bel tempo. Lasciamo la parola ad Alessandro Baù, Guida Alpina di Rubano, in provincia di Padova:

“La salita alla Neverseen lungo la parete sud-est è stato un bel rebus. Forse la cosa più complicata è stato decidere dove salirla. Durante il primo giro di acclimatamento l’abbiamo scrutata con attenzione alla ricerca delle fessure che ci portassero in cima. Nel pomeriggio, dopo aver salito il Grandfather Enzo Peak, la luce era diversa e - a causa dello zero termico alto - lungo la parete si erano formate delle colate importanti data la presenza dei nevai sommitali. Così la linea più logica che saliva un evidente diedro sul lato destro della parete è stata accantonata e abbiamo rivolto l’attenzione ai sistemi di fessure in centro parete e verso il colle che separa il Lotus Peak. Queste linee sembravano più impegnative ma asciutte e quindi anche più sicure per la caduta di pietre dall’alto. Ma come sempre la montagna stravolge tutti i ragionamenti”

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LA FINESTRA PERFETTA

La giusta finestra di bel tempo per realizzare un tentativo serio si è fatta attendere per oltre una settimana, caratterizzata da meteo instabile. Alla fine della seconda decade di settembre le previsioni annunciano finalmente qualche giorno di maggiore stabilità e i quattro tornano al campo base avanzato, dove il benvenuto si rivela meno piacevole delle attese. Tocca ancora a Baù entrare nel dettaglio:

“Quando siamo ritornati sul ghiacciaio della Taktung Valley per salire la Neverseen, lo zero termico era crollato di mille metri e il plateau di ghiaccio era ricoperto da una dcina di centimetri di neve fresca, caduta durante le recenti precipitazioni. La parete era incrostata di ghiaccio”.

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È Ratti a continuare il racconto:

“Abbiamo deciso lo stesso di salire per cercare di capire se la linea che avevamo sognato fosse fattibile. Saliamo lungo il canale fino al colle dove troviamo le vecchie corde fisse di un team di spagnoli saliti dal versante Chhudong, abbandonando poi il tentativo dopo aver salito solo un tiro della via. Da qui la decisione di attaccare la parete in una zona più bassa rispetto al tentativo degli spagnoli, in modo da non interferire con quest’ultimo. Una porzione di roccia tra l’altro con una esposizione tale da garantire la fusione della neve caduta in poco tempo. Il primo giorno saliamo diversi tiri di corda e decidiamo di lasciare le nostre corde fissate nel punto più alto da noi raggiunto e di ridiscendere a dormire nelle nostre tende per poi risalire il giorno dopo lungo le corde e ripartire da dove avevamo lasciato la via. Il 21 settembre il cielo è sereno. Risalite nel minor tempo possibile le corde, abbiamo ripreso la salita, affrontando un granito davvero bello. Una salita sempre divertente e mai troppo difficile. Nel pomeriggio il vento inizia ad alzarsi e il freddo diventa pungente, ma trovandoci ormai sulla cengia sotto la cima, dove avevamo individuato un buon posto per bivaccare, abbiamo deciso di continuare. Restavano ormai solo due tiri per raggiungere la cresta sommitale. Il primo, dopo la cengia, presentava fessure intasate dal ghiaccio ma con un po’ di pazienza sono riuscito a farmi strada attraverso di esse e a fare sosta proprio sotto la cresta che ci avrebbe condotti in cima!”

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La parola torna a Baù per la parte culminante della via:

“… Così alle due del pomeriggio del secondo giorno abbiamo raggiunto la cresta nevosa sommitale. Ci siamo goduti la vista sulle valli adiacenti e abbiamo iniziato le doppie, attrezzandole mediante spuntoni, chiodi e dadi incastrati. Siamo tornati poco prima del buio alle tende, infreddoliti ma felici di aver compiuto la quarta salita della montagna e risolto elegantemente il rebus dell’inviolata parete sud-est”.

La via aperta sulla Neverseen Tower viene ribattezzata “Wind of Silence”, per via del vento e del silenzio di questa valle remota, che hanno accompagnato i quattro lungo tutta la salita, come chiosa Ratti. Una via aperta in stile alpino senza fare uso di spit ma solo di chiodi e protezioni veloci.

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SECONDO ROUND: DESTINAZIONE MONT MAUDIT

Il secondo obiettivo della spedizione si è rivelato un fuori programma: il pilastro sud-ovest del Mont Maudit. Una vetta posizionata un po’ più in basso della Neverseen Tower, già salita in passato dal versante Chhudong. Mai salito invece il suo maestoso pilastro di 5400 metri che si erge sul versante Takdung e che fin dalla prima ricognizione nella valle aveva attirato l’attenzione del team italiano, come progetto alternativo o complementare a quello sulla Neverseen Tower.

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La seconda avventura ha inizio il 25 settembre e ce la racconta il giovanissimo Jerome Perruquet di Valtournenche (la Valle del Cervino), uno dei protagonisti della fortunata spedizione 2022 delle Guide Alpine valdostane sugli Ottomila del Pakistan:

“Dopo un primo giorno in cui abbiamo scalato sotto un leggero nevischio e un vento freddo, il secondo giorno è andato meglio. Siamo partiti dalle tende alla base della parete sotto un bel cielo stellato. Abbiamo salito poi tutta la via, in totale otto tiri, trovando una roccia eccezionale. Al calare del sole sono in cima. Tempo di abbracciarsi e il vento gelido segnala che è il momento di scendere, battendo non poco i denti fino all’arrivo alle tende. Nel corso della discesa vengono attrezzate le soste con uno spit, per rendere le operazioni più veloci e sicure, anche per eventuali futuri ripetitori. Un’ultima notte trascorsa sul ghiacciaio ed è tempo di scendere al Campo Base e prepararsi al ritorno alla civiltà. Ci siamo veramente divertiti. Anche su questo itinerario non sono mancati gli intoppi, ma fa parte del gioco. Salire anche una seconda via nuova è stata proprio una gran soddisfazione. Ne è uscita una bellissima via, su una cima inviolata”.

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La seconda via della spedizione viene ribattezzata “Super Thuraya”: da “super” per la qualità della roccia e “Thuraya”… in onore della compagnia di telefonia satellitare il cui uso è vietato in India, che ha creato al team non pochi problemi al rientro (ma questa è un’altra storia).

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Per il supporto offerto a Miyar Expedition 2023, il team italiano ringrazia: Camp, Chillaz, Climbing Technology, Dynastar, EATfreedom, Grivel, HDry, La Sportiva, Maxim Ropes, Millet, Montura, Panorama Diffusion, Reload, Salice occhiali, Samaya, Scarpa, The North Face, Vaude.

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