ALPINISMO

Moro: “Nel 2022 scalerò con Nirmal. Rispetto per i nepalesi, ma ora devono diventare draghi!”  

L’alpinista bergamasco punta al suo quinto "ottomila" invernale. Esordio nella stagione fredda invece per Barmasse in Karakorum.

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Con il solstizio d’inverno prende ufficialmente il via la stagione delle salite nella stagione fredda sulle montagne più alte del pianeta. Simone Moro ha scelto l’Himalaya e punta sul Manaslu (in Nepal), l’ottava vetta della Terra. La nona è invece l’obiettivo di Hervé Barmasse che si trova nel Karakorum (Pakistan) per tentare il temibile Nanga Parbat.

Mentre il bergamasco Moro punta alla sua quinta “invernale” alle quote più alte, il valdostano Barmasse (che proprio nel giorno del solstizio d'inverno festeggia il proprio compleanno) si è lasciato alle spalle - ed a migliaia di chilometri di distanza - l’amato Cervino per il suo primo tentativo di scalata invernale sugli Ottomila. Hervé si metterà alla prova lungo la parete Rupal (sud-est), considerata - con i suoi 4500 metri di sviluppo… verticale - la più alta al mondo. Con lui ci saranno il tedesco David Goettler, l’americano Mike Arnold e l’alpinista "local" Kudrat Ali. Un team dalla limitata esperienza invernale sui giganti asiatici ma dal talento e dalle potenzialità assolutamente all'altezza del compito e commisurate all'impegno richiesto dalle condizioni estreme.

Gli 8126 metri della vetta della Montagna Nuda sono stati raggiunti solo due volte in inverno, mai però dalla parete Rupal: nel 2016 in prima invernale assoluta lungo la parete Diamir proprio da Moro con Alex Txikon - ora al Manaslu insieme a Simone - e con Ali Sadpara, scomparso lo scorso inverno sul K2) , tre anni fa da Elisabeth Revol e da Tomasz Mackiewicz. Quest'ultimo perse poi la vita lungo la discesa.

A proposito di Moro, il Manaslu (8163 metri) ha finora respinto i suoi tentativi di raggiungerne la vetta nella stagione invernale ma - con il solstizio d’inverno - Simone dà ufficialmente il via alla sua spedizione invernale alla “montagna dello spirito” dopo una ventina di giorni di acclimatamento che lo hanno visto salire in compagnia di Pasang Rinzee Sherpa due vette oltre i seimila metri: il Lobuche e lo spettacolare Ama Dablam.  

Con quattro Ottomila saliti tra il 2005 ed il 2016 (nell’ordine Shisha Pangma, Maklu, Gasherbrum II e Nanga Parbat), Simone Moro detiene il record di "prime" assolute in inverno. Il Manaslu lo ha però rimandato a casa a mani vuote per ben tre volte: nel 2015, nel 2018 e nel 2019. Fedele alla sua etica ed alla sua idea di “stagione invernale”, il nostro ha scelto di raggiungere il capo base della montagna proprio il 21 dicembre, approfittando però delle prime tre settimane di dicembre (o quasi, a causa di un inconveniente di viaggio) per perfezionare la preparazione e l’acclimatamento alle alte quote himlayane. Prima con il nepalese Abiral Rai e poi (quando quest’ultimo si è ritirato), con il suo connazionale Pasang Rinzee Sherpa. Con il quale Simone ha raggiunto mercoledì 15 dicembre i 6119 metri della vetta del Lobuche, per poi alzare il titolo (leggi: salire di quota) lunedì 20 toccando il punto culminante dell’Ama Dablam, il “Cervino dell’Himalaya”, a quota 6812 metri: una piramide di roccia e ghiaccio che lo stesso Simone non esista a definire la montagna più bella della Terra. Al campo base del Manaslu Simone e Pasang hanno trovato i loro compagni d’avventura, guidati da Alex Txikon, l’alpinista basco che con Moro ha tentato l’ottava vetta del pianeta anche l’anno scorso.

I progetti dell'alpinista bergamasco non si fermano però qui. Lo stesso Simone ce ne aveva parlato all'inizio di dicembre, in occasione del lancio milanese della sua ultima fatica letteraria ("A ogni passo) presso Rizzoli Galleria. Quando avevamo approfittato dell'occasione che ci era stata offerta da The North Face per fargli un paio di domande sul suo rapporto di lunga data (e non sempre sereno, come vedremo più avanti) con il Nepal, con i suoi colleghi originari di quel Paese ed in particolare con Nirmal Purja, indiscussa superstar dell'alpinismo attuale.

SM: Guarda, io personalmente (parlo per me, non me la sento di parlare per altri) sono felice che i nepalesi abbiano partecipato alla scrittura dell’ultima pagina di storia delle salite in prima assoluta sugli Ottomila, quella che tutti chiamano la conquista degli Ottomila in inverno. Perché in effetti era una pagina… mancante. Il Pakistan era già presente con Ali Sadpara. Pakistani e nepalesi hanno aiutato per decenni le spedizioni occidentali e questi ultimi erano presenti in prima persona con Tenzing Norgay alla prima assoluta sull’Everest con Edmund Hillary e poi anche su altri Ottomila. Però mancavano ancora nelle salite invernali: insomma, se lo meritavano. Diciamo che sono andati a colmare questa mancanza in casa dei pakistani ma… ci sta, perché stanno comunque diventando protagonisti delle spedizioni commerciali. Legandosi anche ai pakistani, coinvolgendoli. Sono felice che ce l’abbiano fatta, che siano entrati nella storia. Nove hanno fatto uso dell’ossigeno, uno ha fatto senza (Nirmal Purja, ndr). Hanno dimostrato di saperci fare. Certo, si è trattato di un assal…, di una scalata pesante. C’erano diverse spedizioni al campo base. Da questo punto di vista c’è ancora spazio per la prima invernale in stile alpino e leggero. E non solo sul K2, la cui prima invernale di un anno fa peraltro non ha indispettito nessuno. La considerazione generale dei nepalesi è cresciuta moltissimo e così il rispetto. Ora tocca a loro entrare nella storia anche con una tecnica leggera. Non voglio dire “di livello” (perché lo è già), ma abbandonando l’unico modo che per il momento padroneggiano: quello di attrezzare la via, mettere le corde fisse e salire in vetta. Hanno già le individualità per fare anche un alpinismo tecnico, che non è solo resistenza fisica: bisogna essere anche dei draghi!

SM: Con Nirmal sono in contatto attraverso i social media. Probabilmente nel 2022 faremo qualcosa insieme: una via non particolarmente difficile, dalla quale però potrebbe nascere qualcos’altro… Va detto però che al momento Nirmal è strategicamente e imprenditorialmente (corsivo) concentrato sulla… capitalizzazione a breve di ciò che ha fatto e di ciò che lui stesso è e rappresenta. Si è dotato di un nutrito staff che gli cura i social e l’immagine. Sta diventando (anzi, è già) una macchina da soldi e… se lo merita. Diciamo che quando sei in questa fase, quando il mondo ti idolatra per quello che hai conseguito, devi uscire proprio tanto dal… seminato per andare a cacciarti nei guai! Credo però, dai discorsi che abbiamo fatto anche recentemente (abbiano passato un’intera giornata insieme al Festival dello Sport), che qualche idea comune ci sia venuta… Io sarei molto interessato! Il fatto che al Manaslu mi accompagni a dei nepalesi (come detto, prima Abiral Rai, poi Pasang Rinzee Sherpa) è la prova provata che non devo per forza legarmi in cordata con altri alpinisti occidentali. Al contrario! Figurati che sono quasi sempre stato in spedizione con russi e kazaki. Con i nepalesi vado d’accordo, nonostante le incomprensioni del 2013 con gli sherpa (otto anni fa Simone ed i suoi compagni di spedizione furono vittima di un'aggressione da parte degli sherpa sull'Everest, ndr). Quello però è stato un episodio isolato. Sono in buonissimi rapporti con i nepalesi in generale ed a maggior ragione con gli attuali dell’alpinismo himalayano.

 

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