ARRAMPICATA E AVVENTURA

Matteo Della Bordella: "In kayak per quattrocento chilometri, poi scaleremo una parete di milleduecento metri in Groenlandia”  

L’ex presidente dei Ragni di Lecco in partenza con i suoi due compagni di viaggio. Li attende un mese "avventuroso" tra kayak e arrampicata libera. 

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È un’avventura “by fair means" (pulita e leggera) quella che Matteo Della Bordella si appresta a vivere con  Silvan Schüpbach e Symon Welfringer in mezzo ai ghiacci ma soprattutto tra le acque e sulla roccia del Groenlandia. Scaduto il suo mandato triennale come presidente dei Ragni di Lecco (gli è succeduto il collega e compagno di scalate Luca Schiera),  il 37enne alpinista ed esploratore varesino è appunto in partenza per una sfida che ci ha raccontato con dovizia di particolari nell’intervista che ci ha concesso in esclusiva  a margine del Vibram Climbing Talk di Milano.

Matteo, prima di tutto grazie per il tempo che ci concedi in queste frenetiche ore di vigilia. Non è la prima volta tra l’altro che parti per la Groenlandia…

Eh sì, sono già stato in Groenlandia nel 2014 ed anche quella volta per una spedizione con il kayak di duecento chilometri, per poi scalare una parete di roccia chiamata Shark’s Tooth (Dente dello squalo, ndr), che resta sempre sulla costa est della Groenlandia, però un po’ più a nord rispetto alla nostra nuova destinazione. Impegno alpinistico a parte, la vera novità di questa spedizione sta nella maggiore difficoltà dell’avvicinamento in kayak: più lungo - quattrocento chilometri, circa il doppio - ed anche più complicato perché stavolta saremo più direttamente esposti sull’Oceano Atlantico settentrionale. La parete stessa poi non è mai stata salita in precedenza. Ne abbiamo solo una foto! Non ha neanche un nome. Un team americano ha provato a scalarla qualche anno fa ma il loro tentativo non ha avuto successo. Mah, dopo hanno detto che era troppo lunga per il tempo a loro disposizione. Dovrebbe essere alta sui milleduecento metri. Insomma, una spedizione all’insegna dell’avventura e dell’esplorazione totale!

Ti incontriamo qui al Vibram Connection Lab di Milano in occasione di un talk sul climbing del passato e del presente, passando per l'evoluzione dell'indoor e dell'outdoor sotto gli occhi di chi lo pratica da sempre e delle nuove leve come la giovanissima Beatrice Colli. Però sei già completamente focalizzato sulla partenza per la tua nuova avventura nordica. Qual è il vostro piano di volo?

Praticamente già dalla partenza sarà tutto piuttosto complicato, anche a causa delle problematiche legate agli spostamenti in questi tempi di emergenza sanitaria. Voleremo dall’Italia all’Islanda e poi a Nuuk che è la capitale della Groenlandia e da qui nuovo volo per un villaggio sulla costa orientale che si chiama Tasiilaq. Questa sarà un po’ la nostra base logistica e qui a farci da punto di riferimento sarà Robert Peroni, un esploratore altoatesino che ci vive da diverso tempo. Da Tasiilaq ci sposteremo ancora verso un altro villaggio più piccolo (Isortoq), che si trova un po’ più a sud e dove avrà inizio la sezione in kayak del nostro viaggio. Quindi direi un avvicinamento… impegnativo, ma è tutta la logistica della spedizione ad essere complicata. Per dirti, a livello di attrezzatura, il kayak ovviamente non ce lo possiamo portare in aereo. Li abbiamo spediti mesi fa via nave dalla Danimarca (la Groenlandia è tecnicamente una “nazione costitutiva del Regno di Danimarca) e si trovano già a Tasiilaq, dove li recupereremo.

A quel punto - la cosiddetta civiltà ormai alle spalle - la vostra avventura entrerà nel vivo...

Dal momento della partenza dall’ultimo villaggio e per i successivi quattrocento chilometri da coprire in kayak, non c’è più nulla: la Groenlandia come sappiamo è pochissimo abitata e sulla costa est i villaggi sono rarissimi. Ci sono in pratica un migliaio di chilometri privi di insediamenti umani e la “nostra” parete si trova quasi al centro di questi mille chilometri, appunto a quattrocento dal villaggio più a nord. Quindi il senso della spedizione è questo: fare tutto in autonomia, senza possibilità di appoggio esterno ed essere indipendenti, in tutto e per tutto. Fortunatamente, terminato il tratto in kayak l’avvicinamento via terra alla parete (che non si innalza direttamente dal mare) è molto breve: circa cinque chilometri. Quindi questa parte non dovrebbe essere problematica e non dovrebbe riservare particolari sorprese a me ed ai miei due compagni d’avventura che sono Silvan Schüpbach e Symon Welfringer.

Con il primo - che è svizzero, di Berna - mi sono già legato in cordata un sacco di volte, anche in spedizione, ed è quindi uno dei miei migliori compagni, oltre che un amico. Il secondo invece è un ragazzo francese di Metz con il quale ho scalato un paio di volte qui sulle Alpi ma non in spedizione: non con me almeno, però con Silvan sì. Quindi vediamo un po’… È il più giovane del gruppo ma ha appunto già al suo attivo alcune belle esperienze, anche extraeuropee. Speriamo che vada tutto bene!

Come vi si siete preparati in questi mesi e qual è la durata prevista del viaggio?

Facendo tutto in autonomia, il tempo a nostra disposizione non è illimitato. Non c’è molto spazio sul kayak, che è lungo cinque metri e venti ed è largo sessanta centimetri. Nei gavoni ci sta un po’ di roba ma non una quantità infinita, quindi fondamentalmente abbiamo calcolato dai trentatré ai trentasei giorni di autonomia totale, tra andata e ritorno. L’ideale sarebbe completare in una decina di giorni l’avvicinamento, in modo da avere poi tredici-quattordici giorni per scalare la parete ed altri dieci giorni circa per rientrare in kayak. Però è tutto un gioco di incastri. Insomma, una sfida sportiva ed avventurosa ma anche una sfida logistica. In pratica sono due spedizioni in una: la prima consiste nell’avvicinamento in kayak. Se quella va a buon fine nei tempi prestabiliti - come ci auguriamo - poi inizia la spedizione alpinistica vera e propria, quella a noi più familiare. Tanto è vero che - a livello di allenamento – negli ultimi due mesi per riequilibrare la preparazione ho più pagaiato che scalato! Con il kayak ci siamo allenati ognuno per proprio conto. Io al Lago di Viverone perché abito sopra Ivrea. Poi ci siamo trovati un paio di volte: una ad Interlaken ed un’altra in Bretagna, in mare aperto, per prepararci ad affrontare le onde, le varie manovre e le eventuali situazioni di difficoltà con mare mosso e onde alte.

Esaurito, diciamo così, l’avvicinamento alla vostra meta alpinistica, inizierà il viaggio verticale. E se siete giustamente pronti a reagire agli imprevisti di un’avventura così complessa, mi pare però che tu, Silvan e Symon abbiate le idee molto chiare sul tipo di approccio alla parete ed alle sue difficoltà.

Lo stile con il quale vado in montagna è comunque sempre uno stile molto leggero e minimale. Sia che mi muova sulle Alpi oppure in Patagonia o in Himalaya, non è che mi porti chilometri di corde oppure attrezzature strane. A me piace scalare in stile alpino: prendi, parti dalla base, cerchi di arrivare in cima con quella poca attrezzatura che hai a disposizione, scalando con le tue forze e tra l’altro – per quanto mi riguarda – in arrampicata libera, perché è l’approccio che preferisco. In buona sostanza, porteremo un paio di corde, friends e nuts: insomma il materiale tecnico che serve per scalare e poi contiamo di riuscire ad innalzarci sulla parete in arrampicata libera, contando sulla nostra preparazione. Poi però, quando sei lì, devi essere pronto a tutto quello che ti può capitare.

Vi muoverete per un mese intero in un contesto di grande isolamento. Che tipo di condizioni meteo vi preparate ad affrontare ed avrete modo di aggiornare famiglie, media, comunità alpinistica e sostenitori dalla Groenlandia?

Non avremo connessione internet ma ci portiamo un telefono satellitare in caso di emergenza ed un altro apparato che invia sms e che useremo per tenere i contatti con il mio addetto stampa Gianluca Gasca, che a sua volta provvederà ad aggiornare i miei social e quelli di Karpos (che insieme a Vibram è il mio sponsor principale e lo è anche della spedizione) sull’andamento della nostra avventura. Lo faremo però con foto di repertorio perché da là non potremo mandarne di nuove: servirebbe un’attrezzatura troppo voluminosa e complicata. Le foto che scatteremo in Groenlandia e le immgini video che relizzeremo saranno disponibili solo al nostro ritorno.

Per quanto riguarda il tempo invece… eh, in Groenlandia sono già stato due volte (nel 2009, oltre che  - come detto all'inizio - nel 2014, ndr) e so che le condizioni meteo non mutano in modo poi così repentino. Nel senso che si alternano periodi di alta e di bassa pressione: può capitare un po’ di tutto. Speriamo solo di non incappare in condizioni estreme a livello di fenomeni e di temperature. Queste ultime non dovrebbero mai scendere sotto lo zero ed oscillare tra i cinque ed i dieci gradi centigradi. Quindi freddo ma gestibile. Robert Peroni ci darà una mano anche da questo punto di vista, ma potrà fornirci solo indicazioni di massima perché tra dove vive lui e dove saremo noi c’è per capirci più o meno la distanza che separa Milano da Firenze!

Ti ho chiesto tutto quello che ritenevo fosse interessante chiederti e ti ringrazio ancora per essere stato così disponibile ed esauriente. C’è qualcosa che vuoi aggiungere ed affidare a noi ed ai nostri lettori prima di partire?

Penso di averti raccontato tanto…! Ecco, per concludere la nostra chiacchierata, a me piace sottolineare il fatto che anche nel 2021, quando tutto  è apparentemente vicino, a portata di mano ed in definitiva “già fatto”, esistono al contrario angoli di mondo nei quali si torna indietro anche di alcuni decenni e dove si può vivere l’avventura con la A maiuscola, dove l’incertezza la fa da padrona e ti metti in gioco con tutte le tue forze. Questo è lo spirito del viaggio, oltre a divertirsi facendolo. Rientreremo alla fine di agosto e di cose da raccontare ne avremo sicuramente tante: poi vediamo quali!

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