SPORT OUTDOOR E AVVENTURA

”Gli sportivi hanno fame di motivazioni: io provo a dargliele, ma c'è voglia di socialità", la sfida di Baldini 

Il vincitore della maratona dei Giochi Olimpici di Atene 2004 analizza per noi il difficile momento dello sport: tra difficoltà ed opportunità.

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Campione olimpico nella maratona delle Olimpiadi di Atene 2004, Stefano Baldini ha negli ultimi quindici anni continuato a percorrere… molta strada nello sport, passando dal ruolo di atleta azzurro a quello di coach degli atleti che stanno provando a raccoglierne l’impegnativa eredità. Insomma, una tra le persone più indicate per fare il punto sullo sport – quello ad altissimo livello e quello amatoriale – nei difficili tempi… che corrono. Con uno sguardo da "insider" sull'auspicio che i molti ostacoli di questo periodo appunto possano trasformarsi - ad ogni livello - in altrettante opportunità.  

Stefano, gli sportivi hanno negli occhi la tua medaglia d’oro nella maratona di Atene 2004 ed i successi che hanno preceduto (e poi seguito a livello mondiale ed europeo) quell’importante traguardo Forse però il grande pubblico non conosce nei dettagli La tua evoluzione professionale negli anni più recenti. Prima di venire al presente – con tutte le sue complicate implicazioni - ci fai un breve riassunto della tua attività, diciamo da Atene ad oggi?

Dopo l’ultima gara corsa nel 2010 mi sono rimesso a studiare, tra master di marketing e comunicazione, oltre a fare tutto il percorso di formazione tecnica per diventare allenatore di atletica. Sono stato subito coinvolto nel settore tecnico della nazionale e fino al 2018 sono stato CT delle nazionali giovanili. Adesso faccio l’allenatore personale di venti atleti (molti di loro sono azzurri) oltre al decennale impegno come commentatore televisivo e radiofonico. Gli sportivi hanno bisogno di motivazioni: io provo a dargliele.

Lo sport in generale nell’ultimo anno ha conosciuto sia a livello professionistico che di attività di base un processo di evoluzione-involuzione tutto da indagare. Il lockdown ha colpito duramente lo sport privando l’attività professionistica del suo contesto di pubblico e di appassionati e quella di base della possibilità – per gli amatori – di confrontarsi “competitivamente”. Per non parlare dell’aspetto legato alla socialità, pesantemente penalizzato, a tutti i livelli. Al tempo stesso le deroghe alle restrizioni concesse a chi pratica attività sportiva hanno allargato la base dei praticanti: una fenomeno secondo te legato solo a questa fase storica oppure una svolta vera e propria, destinata a consolidarsi? 

I professionisti hanno capacità di adattamento e ripartenza che sono tipiche del loro lavoro e della loro passione. L’assenza di pubblico o un calendario agonistico incerto sono problematiche alle quali un atleta si abitua velocemente. Diverso il discorso per lo sport di base, che uscirà male da questa pandemia. Molti ragazzi giovani stanno abbandonando l’agonismo, proprio perché non ci sono gare, partite e pochissimo allenamento sul campo. Con le palestre chiuse, in tanti hanno sostituito le attività indoor con la corsa, altri ancora erano sedentari e si sono messi a correre scoprendo quanto il movimento sia importante e salutare: una buona notizia per l’Italia che in Europa non brilla per fitness e attività motoria.

Il primo lockdown (quello di un anno fa) ha visto un fiorire di attività forzatamente indoor e di gare o sfide “virtuali” rispetto alle quali i giudizi si sono divisi: qual è la tua posizione? Si è trattato di un buon modo per mantenere alte le motivazioni? Si può fare di più, di meglio?

Il virtuale ha avuto grande successo e “sfamato” le motivazioni degli sportivi nella prima fase, facendoci conoscere un modo diverso di fare attività, trasformando gli angoli delle nostre case in piccole palestre e le piattaforme online in campi di allenamento e gara. Poi ho la sensazione che abbia un pò stancato, per via della voglia di socialità dei praticanti. Resta una grande opportunità da sfruttare nei mesi freddi e per chi fa sport in orari più scomodi.

Già nei due periodi di lockdown del 2020 (in primavera e poi in autunno), diversi professionisti hanno mantenuto “alte” le loro motivazioni inventandosi (in senso buono) sfide personali di vario genere. Trail e skyrunners ad esempio con vario progetti nel campo del cosiddetto “everesting” o negli exploits individuali lungo gli itinerari di gare classiche però cancellate dalla pandemia e dalle relative restrizioni. Hanno fatto scuola, perché questo tipo di progetti è stato poi intrapreso anche dagli amatori. Il progetto Enervit Endurance Dream ad esempio sembra innestarsi in questo contesto in un certo senso virtuoso. Tu come lo giudichi e – nel tuo ruolo di ambassador – quale sarà il tuo contributo?

Abbiamo raggiunto l’obiettivo di ispirare tante persone al movimento, e cosa c’è di meglio che ideare una sfida con se stessi per motivarsi? Enervit Endurance Dream serve proprio a stimolare l’idea di una sfida che diventa un viaggio, una storia da raccontare. Il mio contributo sarà di supporto nell'individuare le migliori proposte, dare qualche consiglio tecnico grazie alle esperienze fatte negli anni.

Il progetto al quale Stefano fa riferimento è quello che Enervit ha lanciato tra gli appassionati degli sport outdoor (e dell’avventura tout court) , invitandoli a presentare le candidature a www.enervitendurancedream.com entro il 30 aprile 2021. Per realizzare il proprio sogno, i selezionati potrannoanche  contare anche sui i consigli di esperti, atleti professionisti, testimonial e ambassador. Tra i quali lo stesso Baldini. La giuria selezionerà, fra tutte le candidature pervenute, un progetto per ciascuna disciplina.

Determination Cycling: la bicicletta, in tutte le sue sfumature, qui è protagonista. Un viaggio, una salita, un sogno a due ruote. Nulla è più bello che pedalare e arrivare a fine giornata soddisfatti alla nostra meta, quale che sia.

Power-Women: un progetto dedicato a tutte le donne che hanno voglia di mettersi alla prova, magari sfidando sé stesse e superando i propri limiti. Testa, cuore, preparazione fisica per una performance tutta al femminile.

Tenacity-Run: correre o camminare in mezzo alla natura è quanto di più bello ci sia. Se poi si aggiunge un obiettivo personale, tutto diventa ancora più interessante. Endurance e natura, binomio forte ed affascinante, per chi ha voglia di vivere la fatica. 

Stefano, torniamo a te. Se per ipotesi tu potessi avanzare una tua… candidatura per EED, su cosa punteresti? Un sogno che non hai avuto la possibilità di realizzare oppure una sfida esterna al tuo background? Cosa può essere più motivazionale, più “challenging”? Spingersi al limite nella propria disciplina o… reinventarsi, abbandonare – anche solo una tantum – la propria comfort zone?

La mia candidatura sarebbe legata al running su tutte le superfici utilizzabili, una sorta di rally automobilistico (ma a piedi) a tappe con altri quattro amici tra asfalto, terra, rocce, sabbia sfruttando le opportunità che il nostro territorio dell’Emilia-Romagna mette a disposizione. Ogni pomeriggio un terreno diverso sul quale sfidarsi dopo una normale giornata di lavoro. Quasi quasi mi iscrivo subito!

Quali sono invece i tuoi programmi concreti nell’immediato e casomai per il futuro?

In questo momento di transizione sono focalizzato sul mettere nelle migliori condizioni tecniche i ragazzi che alleno. Vederli progredire è una bella soddisfazione. Per questo devo rimanere aggiornato e sperimentare qualche metodologia nuova in modo da essere pronti alla spero imminente normalità. Poi non nascondo che mi piacerebbe tornare a lavorare in un ambiente più internazionale, nell’ambiente azzurro o seguendo anche atleti stranieri, che sono uno stimolo in più. 

Agli atleti che segui e prepari, come hai insegnato ad affrontare le “strettoie” di questo periodo e di questa situazione?

Cerco di creare stimoli diversi in allenamento. L’obiettivo è sempre quello di migliorare un certo aspetto tecnico, ma con mezzi sempre diversi, a volte nuovi. Ci stiamo concentrando sui particolari che - in un periodo normale - non avremmo tempo di migliorare perché troppo concentrati sul calendario gare. 

Visto che - non senza qualche incertezza - ci stiamo avvicinando all’appuntamento con le Olimpiadi di Tokyo (ormai sotto la fatidica soglia dei cento giorni) ci puoi dare i tuoi favoriti per la maratona dei Giochi giapponesi e le possibilità degli atleti italiani?

Sia al maschile che al femminile i favoriti sono sempre più gli africani di Kenya e Etiopia. Rispetto al passato sono migliorati nella gestione delle gare “da medaglia”, con la tattica e con il caldo. Il primatista italiano Eyob Faniel deve puntare alla top ten ed anche qualcosa in più. A ventinove anni è maturo ed è il momento di concretizzare.

Quali sono invece – guardando avanti, oltre Tokyo – le speranze azzurre più a lungo termine?

Oggi formidabili nel cross e su pista, le nostre carte per il futuro in maratona sono Yeman Crippa e Nadia Battocletti (figlia dell’ex maratoneta e mezzofondista azzurro Giuliano). Diamo loro tempo e faranno bene.

 

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