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ALPINISMO

Bivacco a 6900 metri per Barmasse e compagni: "Unico pensiero la sopravvivenza"

L'alpinista valdostano e i suoi compagni d'avventura Berg e Bielicki costretti ad una notte a venticinque gradi sottozero 

di Stefano Gatti
22 Ott 2025 - 18:03
 © Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

L’alpinista valdostano Hervé Barmasse, insieme al tedesco Felix Berg e al polacco Adam Bielecki, ha realizzato la prima salita assoluta della parete sud del Numbur Peak (un quasi settemila) in stile alpino per una via nuova nella valle di Rolwaling (Nepal). La cordata ha affrontando difficoltà valutate in ED - (Estremamente Difficile meno) o VI, WI5 (ghiaccio verticale) e M4 (misto roccia/ghiaccio). L’ascensione, impegnativa e ricca di imprevisti, ha richiesto un drammatico bivacco in vista della vetta a 6900 metri, senza tenda né sacco a pelo, a -25 gradi centigradi e con raffiche di vento fino a sessanta chilometri all'ora. Da quell’esperienza estrema nasce il nome della nuova via: “Nepali Ice SPA”. La cordata da "tripla B" Barmasse-Berg-Bielicki ha raggiunto la vetta del Numbur (metri 6958) nella giornata di domenica 19 ottobre.

Quello che segue è il racconto - a tratti drammatico - di Barmasse.

“È stata una salita a dir poco rocambolesca.  Arrivati all’attacco della parete Adam non stava bene: debolezza, nausea e mancanza di forze. Ci guarda e ci invita a proseguire senza di lui. Felix gli risponde: 'Siamo una squadra, proviamoci assieme, se le cose non funzionano possiamo sempre tornare indietro e provare nei prossimi giorni'. 'Grazie ragazzi'. La voce di Adam taglia l’aria, decisa.

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

Nella prima parte della parete seguiamo la linea più logica, quella già tentata da un team catalano nel 2016. La scalata è fantastica, si snoda lungo una sequenza di cascate di ghiaccio spettacolari. Presto però l’incanto lascia spazio all’inquietudine: scariche di ghiaccio e pietre iniziano a piovere dall’alto, mettendo seriamente in dubbio la nostra incolumità. Decidiamo di abbandonare la linea tentata dai catalani per un percorso più diretto ma anche più difficile e più incerto. È allora che una pietra, per mia grande fortuna, sceglie di colpire la mia spalla invece della mia testa. Il dolore è forte ma tornare indietro - sotto quelle scariche - sarebbe ancora più rischioso. Andiamo avanti.

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

Da lì in poi, metro dopo metro, la via diventa sempre più interessante, estetica e imprevedibile. Le difficoltà della scalata ci entusiasmano sino a quando - negli ultimi duecento metri - salire significa letteralmente nuotare nella neve inconsistente, senza possibilità di proteggersi. Rallentiamo, rischiamo, consapevoli che un passo falso significherebbe precipitare fino alla base della parete in pochi secondi.

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

Raggiungiamo i 6900 metri (solo una sessantina all'uscita in vetta, ndr). Da lì, è impossibile ignorare la voce della cima che ci chiama, ma è tardi. Ci spostiamo sotto una cornice di neve e decidiamo di bivaccare: senza tenda, senza sacco a pelo, senza viveri. Adam però ha con sé un telo d’emergenza sotto il quale ci ripariamo, seduti, coprendoci volto e piedi. All’inizio scherziamo, ridiamo fiduciosi. Poi il vento si alza, le raffiche toccano i sessanta chilometri orari, la temperatura scende rapidamente a meno 25 gradi centigradi.

Cala il silenzio. Restiamo concentrati su un unico pensiero: sopravvivere, resistere al freddo, evitare congelamenti. Insomma superare la notte: per quanto mi riguarda senza dubbio la più difficile da quando scalo. Le ore sembrano infinite. Ci abbracciamo per scaldarci. Adam resiste. Io e Felix, di tanto in tanto, abbozziamo una battuta: la felicità, dicono, scalda il cuore.

 All’alba ci guardiamo: siamo vivi. Nessun congelamento. Stiamo bene.

Ora dobbiamo decidere: trasformare tutto questo in un 'bel tentativo' oppure portare a termine la prima salita in stile alpino della parete sud del Numbur.

L’alpinismo ci insegna: testa, sempre testa. La vetta ci accoglie. Siamo felici.

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

È stata un’ascensione 'thriller', tecnicamente splendida, umanamente profonda. Un’esperienza in cui, per ore, abbiamo messo alla prova la nostra resilienza e la nostra resistenza al dolore, al gelo. Tecnicamente, si può anche essere pronti per salire qualsiasi cosa, ma per un’avventura così, non lo si è mai abbastanza.

Alla fine, quello che resta è ciò che senti dentro: la passione per la vita e la consapevolezza che le scalate più difficili trasformano la vetta in un dettaglio, mentre sopravvivere agli elementi è la vera impresa”. 

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

© Hervé Barmasse Ufficio Stampa

Hervé Barmasse

È alpinista e comunicatore attivo nella divulgazione della cultura della montagna. Autore dei libri "La montagna dentro" e "Cervino la montagna leggendaria", regista e interprete di documentari sull'alpinismo, rappresenta la quarta generazione di guide alpine della sua famiglia. Il suo nome è legato a importanti ascensioni realizzate in tutto il mondo, come la via nuova aperta in solitaria sul Cervino; la salita in stile alpino della Parete Sud dello Shisha Pangma (metri 8027) in Himalaya in appena tredici ore; la prima ascensione della liscia lavagna granitica del Cerro Piergiorgio e la nuova via sul Cerro San Lorenzo in Patagonia; la prima salita del Beka Brakay Chhok in Pakistan e altre ancora. Sulla sua montagna di casa, il Cervino, Hervé ha lasciato in modo incisivo la sua traccia fino a diventare l’alpinista che, tra vie nuove, prime invernali e prime solitarie, ha compiuto più exploit. 

Per le sue ascensioni ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali il Premio accademico Paolo Consiglio ricevuto per quattro volte, il Premio internazionale Sport e Civiltà, il Premio Panathlon International, il Premio Sat, il Premio Best Athlete, il Premio Monzino, Grolla d’oro ed altri ancora.   

Il suo primo libro "La montagna dentro", edito da Laterza (2015), è un besteller da oltre sessantamila copie vendute e viene tradotto in spagnolo, francese e tedesco. Nel 2021 Hervé pubblica "Cervino - La montagna leggendaria", edito da Mondadori Electa, bestseller di categoria.

Per la sua attività letteraria Hervé ha ricevuto il Premio Leggimontagna e il Travel Stories Award con "La montagna dentro"; il Prix Terres d'ailleurs della giuria e del pubblico di Tolosa (Francia) per "La montagne en moi" - edizione francese di "La montagna dentro"; il Premio Itas con il libro "Cervino - La montagna leggendaria".

Attento alle tematiche legate all’alpinismo, alla montagna e all’ambiente in generale, Hervé è attivo sui social e presente in tv, in radio e sulla carta stampata. Dal 2016 è uno dei volti della trasmissione Kilimangiaro in onda ogni domenica su Rai Tre. Dal 2021 è ospite della trasmissione radiofonica Deejay Training Center di Linus in onda ogni domenica su Radio DJ.