Autismo, la storia di Carlos: "Lo sport mi rende felice"

Special Olympics ha realizzato il documentario "Con gli occhi di Carlos": "Tutti siamo diversi, aprirsi all'altro significa seguire il proprio cuore"

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"Lo sport mi aiuta a sentirmi più sicuro. E mi rende felice". Carlos oggi ha 25 anni ed è autistico. Non solo: ne è perfettamente consapevole. Il 2 aprile è la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo. E consapevolezza è proprio la parola-chiave in questa storia. Quella di un ragazzo speciale ma anche della sua mamma, altrettanto speciale e dotata di una forza invidiabile che, sorridendo, racconta: "Ogni giorno metto gli occhiali con cui Carlos guarda il mondo e lo affrontiamo insieme. Lui è perfettamente conscio di essere un ragazzo autistico, la mia speranza è che anche la società raggiunga una maggiore consapevolezza che tutti siamo diversi e che aprirsi all'altro significa seguire il proprio cuore".

A raccontare questa storia ci ha pensato Special Olympics Italia, un programma internazionale, riconosciuto dal CONI, dal CIP e dal Comitato Olimpico, di allenamenti e competizioni atletiche per persone con e senza disabilità intellettiva presente, a livello globale, in 172 Paesi e capace di coinvolgere 5.657.652 atleti. Perché lo sport in questo caso è considerato un'opportunità per dimostrare coraggio e capacità. Ma anche riscatto rispetto a emarginazione e difficoltà sociali. E di coraggio Carlos e Alexandra ne hanno eccome: basta guardare il documentario "Con gli occhi di Carlos". Una storia di coraggio, appunto. Ma anche e soprattutto di vita. E felicità. Vista da una prospettiva diversa, autentica, pura ed essenziale. Quella di un bambino che alla nascita pesava poco più di due chili e non ne voleva sapere di mangiare, che a tre anni e mezzo pronunciava pochissime parole e a 7 si è ritrovato a trascorrere tanti mesi in ospedale per le cure e i controlli.

Poi, dopo aver scoperto il piacere del cibo durante un viaggio, si sono aperte nuove possibilità come si aprono squarci di cielo azzurro dopo tante nubi spazzate via da un vento rigenerante: Carlos ha iniziato a nuotare poi a cavalcare. "Lo sport gli ha aperto una finestra sul mondo" spiega la mamma. "Gli ha permesso di inserirsi in un gruppo e sviluppare relazioni sociali, si è sentito incluso, si è sentito parte di una squadra e di una famiglia. In generale lo sport lo fa sentire sicuro e quando parte per i giochi organizzati da Special Olympics si sente felice e libero di esprimersi in un atto sportivo senza l'agonismo e l'obbligo di ottenere un risultato". Libero di provare a fare qualcosa, di mettersi alla prova, di sentirsi apprezzato e riconosciuto.

E pensare che la prima volta in cui ci ha provato, Carlos aveva paura di salire a cavallo. Così guardarlo oggi, in un maneggio della provincia di Varese, cavalcare sopra un leggero strato di neve, ti mette davanti alle sue sicurezze e ai suoi successi. La neve, in fondo, ha quella delicatezza tutta sua e quella capacità unica di modificare, senza stravolgere, l'aspetto delle cose, di renderle magiche, silenziose. Ma anche dirompenti. E forse quella delicatezza e quella magia sono le stesse con cui Carlos vede, attraverso i suoi occhi, il mondo. "I momenti migliori della sua vita li trascorre proprio a cavallo" racconta Alexandra. Il nuoto e l'andare a cavallo: ma c'è anche la fotografia tra le passioni che permettono a Carlos di partecipare a gare e concorsi esprimendo la sua sensibilità, le sua capacità. "Lo sport gli ha insegnato cosa significhi l'aggregazione, lo stare con gli altri. Si sente autonomo e responsabilizzato". 

Carlos è anche e soprattutto "consapevole": l'autismo è una condizione dalla quale non è possibile uscire ma che è possibile affrontare andando oltre le difficoltà ed i pregiudizi. Nel corso di una telefonata chiedo ad Alexandra cosa significhi per Carlos essere consapevole della sua situazione: "Significa saper chiedere aiuto ma anche saper superare i suoi limiti". E questa consapevolezza pensi lo faccia soffrire? Lo chiedo con tono incerto ma determinato a capire. Provando ad avere quella delicatezza che sa avere la neve. E nella risposta che mi regala, sicura e immediata, c'è la soluzione o, meglio, la lezione: "No, Carlos è un ragazzo ironico, non triste. E felice. Carlos è felice". Perché a volte sono le cose apparentemente più fragili e delicate, come la neve, a saperci far vedere il mondo con occhi più belli.

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Per vedere il documentario "Con gli occhi di Carlos" completo clicca qui

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