RALLY-RAID

Quando eravamo re: Hubert Auriol e i suoi trionfi alla Dakar in moto ed in auto 

Scompare a sessantotto anni Hubert Auriol, tre volte vincitore della "Dakar" prima con le moto e poi con le auto. Era ricoverato in terapia intensiva.

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Nei giorni in cui è in corso la 43esima edizione della "Dakar" ci lascia Hubert Auriol, primo pilota capace di vincere la maratona africana sia in auto che in moto e più tardi suo Direttore di Gara. Francese ma nato ad Addis Abeba, Hubert aveva l'Africa nel sangue. Avrebbe compiuto sessantanove anni il prossimo sette giugno ed era ricoverato in terapia intensiva dopo  essere risultato positivo al Covid.

Già da tempo in cattive condizioni di salute, Auriol non è sopravvissuto all'attacco del coronavirus, che ha appunto fatto precipitare un quadro clinico già da tempo difficile. Ci restano le sue imprese in terra d'Africa. Sì perchè Hubert è stato un "re" della "Dakar" negli anni in cui la corsa si avvicinava al suo apice di popolarità e pericolosità, lo raggiungeva ed in diverse e tragiche occasioni lo superava. Anni Ottanta e Novanta: un gigante, Hubert. Dakariano della prima ora e poi campione di razza. Non a caso "l'Africain". Questo il suo nome... di battaglia. Prima vennero i successi in moto: 1981 e 1983, terza e quinta edizione, in entrambi i casi in sella alla BMW ufficiale. Divenne popolare anche in Italia subito dopo, a metà decennio, con il passaggio allo squadrone Cagiva e - come spesso succede - più per un dramma che per un successo. Era infatti lanciatissimo verso la vittoria della Parigi-Algeri-Dakar del 1987, avendo ormai volto a suo favore il duello con l'hondista Cyril Neveu quando - al penultimo giorno di gara! - si fratturò entrambe le caviglie centrando alcune radici sporgenti dal terreno. Riuscì tra le lacrime a rimontare in sella ed a portare a termine la prova speciale in preda a dolori lancinanti ma fu costretto ad abbandonare quella che sarebbe rimasta la sua ultima apparizione in sella ad una moto.

Poi il passaggio alle auto. Dal buggy monoposto (per non dimenticare la condizione - splendida e solitaria - del pilota motociclistico) ai ranghi del team ufficiale Mitsubishi Ralliart, al volante della Pajero Evolution con la quale Hubert vinse una delle edizioni più particolari della corsa: quella del che nel 1992 - partita da Parigi - una volta sbarcata a Sirte attraversava per intero il continente africano: da nord a sud, dalla Libia fino a Città del Capo. Un "unicum" nella storia della Dakar, prova della quale Auriol è stato il primo vincitore sia in auto che in moto, exploit poi imitato dal connazionale Stephane Peterhansel e dallo spagnolo Juan "Nani" Roma, entrambi ancora oggi protagonisti del rally, che ha dall'anno scorso per teatro i deserti dell'Arabia Saudita.

Chiusa la carriera di pilota, Hubert l'Africain è stato scelto come Direttore di Gara dall'organizzatore ASO per un intero decennio (dal 1995 al 2004), in un certo senso traghettando dall'alto della sua esperienza la corsa nel nuovo Millennio, per poi uscire di scena quasi alla vigilia del suo trasferimento in Sudamerica. La sete di avventura lo ha in seguito portato al vertice dell'Africa Race, alternativa "romantica" alla "Dakar" vera e propria, della quale riscopriva l'antico terreno di elezione. Nel corso della sua esistenza "full throttle" - e proprio nella fase di passaggio tra la carriera motociclistica e quella automobilistica - Hubert trovò pure tempo e modo per... staccarsi da terra, inseguendo (e coronando) il sogno di battere il record del giro del mondo con un aereo ad elica insieme a tre compagni d'avventura, tra i quali Henri Pescarolo, plurivincitore della 24 Ore di Le Mans e lui pure dakariano di lungo corso. 

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