Per l’Italia, De Zerbi è stato un tesoro

Il tecnico del Sassuolo ha portato al rovesciamento di un paradigma, scommettendo sull’idea che Davide non solo avrebbe potuto sconfiggere Golia, ma che avrebbe potuto dominarlo. Ogni domenica

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Un’aura di franchezza e autenticità di provincia circonda la figura di Roberto De Zerbi.  Pullover o maglia nera, pizzetto curato, capelli corti tenuti dritti dal gel e ordinati da un taglio un po’ retro. Anche il modo, spiccio e sempre uguale con cui si presenta, alimenta la sensazione di avere a che fare con un tipo schietto. Con qualcuno che non ha intenzione di venderti qualcosa, di passare per qualcun altro, e che ambisce alla coerenza. Mettici dentro la sua ammirazione per un uomo trasversalmente descritto con il tratto del purismo come Marcelo Bielsa, e viene davvero semplice – o comodo – credere a ciò che mostra e dice. Per tutta la stagione, De Zerbi ha detto che senza la volontà, o la possibilità di porre nuove basi per il futuro del Sassuolo, sarebbe stato costretto a salutare. Lo muove l’ambizione di crescere e migliorare i risultati, mire impossibili per una squadra che senza un ricco rimpasto – opinione sua – non può andare oltre l’ottavo o il settimo posto con cui domenica chiuderà il campionato. Infatti ha già salutato: «È una scelta soffertissima, ma non penso di poter dare di più a questa squadra».

In tre anni di lavoro, De Zerbi ha portato il Sassuolo a consolidarsi come squadra a un passo dalle grandi. È passato dalle nove vittorie della prima stagione alle 16 – con una gara ancora da giocare – di questa. Da 43 a 59 punti. Un traguardo raggiunto seguendo una strada che dalle nostre parti era stata battuta poche volte e da club di ben altre dimensioni. Quella di un calcio che prevede il dominio del gioco, il controllo della partita attraverso la gestione del pallone, sempre, contro chiunque. Ha portato al rovesciamento di un paradigma, scommettendo che Davide non solo avrebbe potuto sconfiggere Golia, ma che avrebbe potuto dominarlo. Ogni domenica. Magari finendo per perire, ma non prima di aver tentato di soggiogarlo privandolo dello strumento del pallone.

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